La violenza è una di quelle epidemie che conosce pochi limiti o frontiere. Purtroppo, possiamo ritrovarcela in qualsiasi luogo del pianeta e ha tantissimi volti, tanto da parlare di diversi tipi di violenza. A cominciare dalle formule con le quali veniamo ripresi o rimproverati, fino alle guerre più violente che, ancora oggi, si portano dietro centinaia di vite in tantissimi paesi. Anche se non partecipiamo direttamente a queste ultime, ne siamo comunque testimoni e terminano per danneggiarci in misure diverse.
Parlare di femminicidio, di abusi compiuti sulle donne, sia fuori che dentro all’ambito familiare, sembra diventata una triste e insana abitudine della nostra società, perché tanti sono i casi di cronaca, gli episodi, le denunce, che impongono questa drammatica tematica all’attenzione dell’attualità, ancora di più, purtroppo, le realtà che restano sommerse, taciute, sepolte sotto chili di vergogna e di eccesso di pudore. Eppure esiste anche un’altra realtà: quella degli uomini che subiscono violenza dalle donne.
Di “maschicidio” si parla ancora troppo poco, ma la realtà è concreta, e parla di uomini vessati, psicologicamente e fisicamente, da donne violente che approfittano della loro paura di perdere i figli, di essere isolati o derisi dalla società. Perché il maltrattamento ha mille forme e volti, anche quello della donna che ami.
Una premessa….
E’ con il termine Battered Husband Syndrome che, nel 1978, la sociologa Suzanne Steinmetz indicava la casistica degli uomini oggetti di vessazioni di diversa natura, sia psicologiche, economiche o fisiche, da parte di una donna, solitamente la compagna. Nel caso della donna violenta, infatti, molte ricerche sulla vittimizzazione maschile riscontrano che la violenza psicologica ricorra più frequentemente rispetto alla fisica, e risulti più duratura. Fra queste sono segnalate anche le false denunce di abuso nei confronti dei figli, mirate ad averne la custodia esclusiva o prevalente in caso di separazioni particolarmente conflittuali, le false denunce di stalking fatte allo stesso scopo e la cosiddetta alienazione parentale, ovvero l’atteggiamento della madre teso a mettere in cattiva luce l’ex coniuge agli occhi del figlio che finisce per essere strumentalizzato al fine di ferire o punire il partner.
FORME DI VIOLENZA
Tra le molteplici espressioni di violenza , fisica psicologica economica sessuale religiosa sicuramente la violenza nella coppia e in famiglia rappresenta la forma di maltrattamento di impatto maggiore sulla vita di una persona. Il legame affettivo è profondo e per questo stesso motivo la situazione di abuso tende a durare per un lungo periodo di tempo. La cosa peggiore è che in molti casi la violenza è subdola e non viene ostacolata dal contesto sociale o culturale. In quel caso, non si riconosce nemmeno che esiste un problema che, dunque, si protrae nel tempo.
Essa si esprime attraverso specifici atteggiamenti quali : scherno e ridicolizzazione dei valori, del fisico o delle opinioni della persona, denigrazioni a causa della vita modesta consentita alla partner , paragoni irridenti con persone che hanno guadagni migliori , segnalazioni costanti degli errori e messaggi per indicare che fa tutto male o che ha sempre dei difetti, distruzione, danneggiamento di beni, minaccia , manipolazioni per far sentire la persona colpevole, attribuire il fatto di non rispondere alle aspettative punendo con il silenzio o con l’irritazione, negazione del maltrattamento. Se la vittima cerca di parlare del tema, l’aggressore rifiuta di dialogare o non riconosce che le sue azioni causano danno, isolamento, gelosia, critiche ad amici o parenti, rifiuto degli incontri sociali, etc
In tutti gli atteggiamenti il punto in comune è il desiderio di controllo sul partner.
Chiaramente ogni forma di violenza provoca conseguenze di varia natura :
psico-fisiche e psicosomatiche: vuoti di memoria, difficoltà di concen- trazione, insonnia, nervosismo e ansie e addirittura di attacchi di panico e depressione, sensi di colpa e impotenza, come anche stati di ansia e di depressione, scarsa autostima e nei casi più gravi suicidio
sociali: comprendono le limitazioni imposte alla vita sociale di una persona, quali il soggioga- mento, la segregazione, il divieto o il controllo severo dei contatti con la famiglia o con il mondo esterno che ha come conseguenza il totale isolamento della vittima .
PREVALENZA DEGLI ABUSI SUGLI UOMINI
Secondo l’indagine dell’Università di Siena, nel 2011 sarebbero stati oltre 5 milioni gli uomini vittime di violenza femminile configurata in: minaccia di esercitare violenza (63,1%); graffi, morsi, capelli strappati (60,05); lancio di oggetti (51,02); percosse con calci e pugni (58,1%). Molto inferiori (8,4%), a differenza della violenza esercitata sulle donne, gli atti che possono mettere a rischio l’incolumità personale e portare al decesso.
Nella voce «altre forme di violenza» dell’indagine (15,7%) compaiono tentativi di folgorazione con la corrente elettrica, investimenti con l’auto, mani schiacciate nelle porte, spinte dalle scale.
L’ALTRA FACCIA DELLA MEDAGLIA….OLTRE IL GENERE!
Dobbiamo prendere atto che il problema della così detta violenza di genere va affrontato da un nuovo punto di vista. Gli sportelli antiviolenza, per esempio, sono attualmente dedicati per lo più alle donne e, come afferma Luca Lo Presti, Presidente di Fondazione Pangea, non sono sempre in grado di gestire la richiesta di aiuto del sesso opposto. «Oggi siamo al paradosso – sostiene Lo Presti – che un uomo cosciente di avere un problema legato alla mancanza di controllo della violenza e che chiede aiuto perché ha paura di ferire a morte la compagna, si trova di fronte a muri altissimi. Quando si presenta in un centro antiviolenza ci sono casi in cui viene aggredito psicologicamente e criminalizzato come se dovesse pagare per tutti, in quanto ritenuto parte di una categoria di esseri umani sempre carnefici». Oppure capita che se un uomo è vittima di una forma di violenza e trova il coraggio di denunciare – nonostante il rischio di derisione perché dimostra una fragilità non consona allo stereotipo di virilità e forza -, allora non è creduto. Perché il cliché lo vuole capace di reagire al sopruso senza fare una piega. In un caso e nell’altro non c’è soluzione. Senza la capacità di ascolto e di sostenere gli uomini concretamente a gestire gli impulsi distruttivi o a risanare una ferita dovuta ad abusi subiti da una donna, non ci sarà mai la possibilità di risolvere un problema profondo e articolato come quello della violenza domestica.
Oltre il genere però. Perché il centro di tutto non siano i maschi o le femmine, ma la persona.
Dott.ssa Giulintano Nancy