Quarantenni liberi professionisti, trentenni impiegati in call-center, ventenni addetti alle consegne, collaboratrici domestiche provenienti dai nuovi paesi comunitari. Questi sono soltanto alcuni dei volti del lavoro nero in Italia, testimonianze proiettate nel corso del convegno “Non vivere nell’ombra! Creiamo un’altra strada contro il lavoro nero ed il precariato” organizzato da Cisl Messina e Felsea. Ed è un disegno a tinte fosche quello delineato dall’incontro tenutosi presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Ateneo messinese. Nero e grigio, come una importante fetta di occupazione alle nostre latitudini. Un fenomeno insidioso ed impalpabile, che viaggia nascosto sotto il velo dell’evasione e della sotto-occupazione e la cui dimensione non può essere colta con la chiarezza dei numeri, ma per il quale è possibile fare affidamento solo su proiezioni. Imprenditori, sindacalisti ed addetti ai lavori, come rare volte accade, sembrano concordare non solo sulla gravità della situazione, ma soprattutto sull’incidenza della crisi economica, dell’elevato costo del lavoro e dall’architettura barocca della legislazione in materia lavorativa. Ed in attesa del Job Acts, al centro dell’attuale agenda del governo Renzi, tanti sono stati gli interrogativi sul mercato locale del lavoro, sulle sue peculiarità e sui possibili effetti – o non-effetti – delle riforme nazionali.
Un particolare spaccato del lavoro sommerso, evidenziato dalla segretaria organizzativa della Cisl Messina, Mariella Crisafulli, riguarda i falsi lavoratori autonomi. «Sono lavoratori – ricorda la Crisafulli – che, alla stregua di un normale dipendente, seguono le indicazioni di un datore di lavoro e spesso rispettando anche un normale orario di lavoro senza, però, avere le tutele degli altri dipendenti (malattia, maternità, indennità di disoccupazione, formazione) e, quasi sempre, con retribuzioni e tutele decisamente inferiori».
Alcuni dei pochi numeri disponibili resi noti nel corso della giornata riguardano i controlli. L’attuale stato dell’arte dipinto da Giacinto Santoro, coordinatore degli ispettori provinciali dell’Inps, risulta preoccupante. «Nel 2013 – racconta Santoro – abbiamo effettuato 846 ispezioni riscontrando irregolarità, piccole o grandi, nell’89,72% dei casi. Ben 656 i lavoratori in nero per un’evasione contributiva di circa 5 milioni di euro. Nel corso delle 415 ispezioni svolte sino a maggio del 2014, si registra l’84% di posizioni irregolari, con 291 lavoratori in nero e contributi evasi per 2 milioni e 242 mila euro. Ma il dato più rilevante – ha sottolineano Santoro – è quello dei contratti dei lavoratori agricoli annullati: 1426 nel 2013, 1288 nei primi mesi del 2014. Contratti simulati da soggetti che mirano a benefici come disoccupazione, malattie, maternità con un danno rilevante per l’ente e per lo stato». Una realtà che non accenna ad arretrare di un millimetro ed anzi appare in continua evoluzione. Il grido d’allarme, però, riguarda anche le carenze organizzative e di organico in seno agli organismi di controllo e vigilanza: le ispezioni effettuate dai 17 ispettori provinciali dell’Inps nel 2013, infatti, hanno interessato soltanto l’1,25% delle oltre 67 mila aziende censite, mentre l’Inail può contare su un solo ispettore per l’intero territorio provinciale con sede a Milazzo.
Eppure il limbo invisibile in cui sono costretti a vivere giovani, donne e sempre più cinquantenni spinti fuori dal mercato del lavoro a causa della crisi, appare ancora più complesso se letto attraverso altri dati complementari elaborati dall’Istat. Il tasso di disoccupazione, snocciolato regolarmente negli studi di settore, non è più sufficiente a rendere l’idea di una realtà sempre più articolata, perché c’è chi il lavoro ha smesso persino di cercarlo. Ecco che, considerando anche questi, il tasso di mancata partecipazione – che considera i disoccupati involontari e gli “scoraggiati” – si attesta al 37,8% nella provincia di Messina, ben al di sopra di quel 21,9% di disoccupazione. Le percentuali salgono ulteriormente nelle fasce giovanili, dove la metà dei giovani adulti (25-34 anni) non partecipa al mercato del lavoro: un dato devastante, se si considera che questi ragazzi dovrebbero essere la base del turn-over occupazionale. Altro elemento che desta sempre più preoccupazione è la crescita esponenziale del numero dei ragazzi italiani che non studiano e non lavorano. Sono quelli che sentiamo chiamare Neet (Not in Education, Employment or Training) e che in Sicilia rappresentano il 39,67%: un fenomeno che non soffre di discriminazioni di genere, tanto che dal 2008 ad oggi la percentuale tra maschi e femmine si è praticamente uguagliata.
In questo variegato e difficile scenario, lo sguardo si posa anche sui lavoratori, sempre più precari e sempre meno retribuiti. «I rapporti di lavoro nella nostra provincia si sono “precarizzati” – sottolinea amaramente Tonino Genovese, segretario generale della Cisl Messina -. A dirlo sono i numeri che evidenziano come le nuove assunzioni vengano operate attraverso rapporti di lavoro precari, mentre le cessazioni (tra cui una quantità rilevante e sospetta di dimissioni volontarie) riguardano i rapporti di lavoro a tempo indeterminato. C’è bisogno di una presa di coscienza di tutto ciò, ma soprattutto non ci si può rassegnare al mantra del non c’è alternativa. Noi riteniamo che la gravità e vastità del fenomeno impongano un’azione di responsabilità di tutti i soggetti in campo, sociali e politici, e non ci si possa nascondere dietro gli opportunismi di una grave crisi economica che spesso viene presa come alibi per massimizzare i propri interessi». In attesa di trovare la bacchetta magica contro il lavoro nero, Silvia Degli Innocenti, segretaria nazionale della Felsa, la Federazione della Cisl che tutela i lavoratori atipici, propone di cominciare a costruire le basi attraverso l’informazione e la formazione: «La flessibilità “buona” esiste e non va confusa con il precariato. L’esistenza di un contratto nazionale in materia di somministrazione, consente di garantire diritti e doveri al lavoratore e questa è una buona prassi che va diffusa. Il mercato del lavoro è cambiato, inutile guardarlo con lenti vecchie. Noi abbiamo intuito il cambiamento anni fa e abbiamo deciso di governarlo, non di ignorarlo e farci travolgere».