Se oggi la condizione della maggior parte delle donne occidentali è quella di essere libere, capaci di autodeterminarsi, in parte lo dobbiamo a Marx , filosofo tedesco che più di 150 anni fa si preoccupò, seppur all’interno di una filosofia più vasta, della condizione femminile . In particolar modo, la sua riflessione riguardò il ruolo che la donna occupava nella società , l’origine della sua oppressione e la relazione con un sistema di produzione basato sulla proprietà privata. All’interno di questo sistema, la donna è ridotta a semplice “riproduttrice privata”, proprietà dell’uomo che l’aveva sposata.
Marx proponeva di ridistribuire i compiti svolti sino a quel momento dalle donne (cura della casa, cura dei figli, degli anziani) , al fine di inserire la donna nell’industria pubblica, liberandola contemporaneamente dallo stato di assoggettamento e dipendenza totale dall’uomo . La “denuncia”di Marx ebbe seguito e portò al raggruppamento negli Stati Uniti, di donne provenienti da molteplici paesi del mondo, che diedero vita alla prima lotta femminista internazionale . il resto, credo che lo conosciamo un po’ tutti …
Le lotte femministe iniziate nel 1889 , col tempo sono riuscite ad abbattere molti pregiudizi di genere e ottenuto diverse conquiste. Una di queste storiche conquiste è l’istituzione del divorzio che si tradusse nella possibilità da parte della donna e dell’uomo, in parità di diritti, di interrompere l’unione matrimoniale che al tempo era considerata indissolubile.
Nonostante tutte queste lotte, oggi più di ieri, ci accorgiamo che molti uomini che commettono atti violenti, come ad esempio l’omicidio, non solo non accettano la fine di una relazione, ma continuano a confondere e ritenere che il corpo della donna, una proprietà. Quando questa unione viene meno, e realizzano che nella realtà sono stati “lasciati”, in taluni casi, l’orgoglio e il senso di possesso è come se li inducessero a distruggere e annullare fisicamente l’altro e secondariamente se stessi.
Questo senso di possesso, di proprietà del corpo della donna, è dunque talmente forte nell’uomo al punto di arrogarsi il diritto di decidere della vita e della morte
Una volta si parlava di delitto d’onore, adesso di delitti passionali, ma il risultato non cambia, c’è una donna uccisa, l’uccisione assume l’aspetto di azione dall’alto valore simbolico , che punisce e riscatta l’insubordinazione della donna nei confronti del potere maschile.
E’ una sconcertante realtà quella che viene fuori dalle statistiche annuali, che stimano che in Italia, la morte di una donna avviene ogni 2,5 giorni, sempre per mano di un uomo.
Se eliminassimo quel senso di anestetizzazione alle quasi quotidiane notizie di donne uccise, e successivamente ci concentrassimo sulle diverse modalità con cui queste donne vengono uccise, ci renderemo conto che gli uomini commettono degli orrori nei riguardi delle donne. Si pensi , ad esempio , alla donna bruciata viva al nono mese di gravidanza, alla ragazze fatta finire in quel pozzo di campagna lontano migliaia di kilometri da dove era scomparsa, e alle altre donne, tante altre che non verranno mai ritrovate .
Quando dell’omicida si conosce il nome e trapelano contemporaneamente notizie sulle motivazioni che lo hanno portato a commettere quell’atto , si parla in primis di raptus , come se ci fosse qualcosa di estraneo che in un attimo conduce l’individuo al di fuori della razionalità. La stessa razionalità però, viene immediatamente messa in atto dallo stesso per scappare, magari fuori dall’Italia, che li porta a crearsi un’alibi e a distruggere contemporaneamente le prove , a inscenare presunti allontanamenti, e chi più ne ha, più ne metta…
Eppure il raptus, così come riportato dai giornali, non esiste.
Il concetto di raptus serve ai più, per trovare una spiegazione ad un qualcosa di lontano da quei bravi ragazzi che uccidono. Le madri di questi che vengono intervistate, ripetono puntualmente la stessa cosa, “mio figlio è un bravo ragazzo, mio figlio non è un mostro”… s’è detto che queste mamme sono condannate al pari dei figli, e lo si legge nei loro volti, ma continuano a difenderli vita natural durante. Si pensi a titolo esemplificativo, all’intervista concessa dalla madre del Caporal Maggiore Salvatore Parolisi agli inviati della trasmissione televisiva “Chi l’ha Visto” , condannato con rito abbreviato, in primo grado a 30 anni di reclusione per aver ucciso la moglie Melania Rea.
Stesso comportamento protettivo nei confronti del figlio, è stata assunta dalla madre di Caruso Samuele.
Queste madri non ci vogliono affatto credere, finiscono per difendere i figli anche davanti a realtà indifendibili. Non saprei dire se si illudono o se ci credono veramente all’innocenza dei propri ragazzi. Invocare l’azione del raptus omicida, forse aiuta a fornire una spiegazione alla violenza omicida; ma è anche vero che l’invocazione del raptus, sa più di scelte tecniche dettate forse dagli avvocati di parte, visto che così inteso il raptus pare essere un vicino parente della malattia mentale. Solo la malattia mentale può spiegare il senso dell’agire violento , può anche giustificare un comportamento inaccettabile e a cui non c’è rimedio.
Ma le cose non stanno così, vanno guardate da un altro punto di vista che inquadra l’invocazione della malattia mentale come la via più breve e semplificatrice per rendere conto dell’estrema crudeltà e per tranquillizzare il mondo dei cd. “normali” sul fatto che solo un folle potrebbe comportarsi così. Gli attori violenti scelgono banalmente un’azione violenta come mezzo di risoluzione dei conflitti in atto.
“Sappiamo difatti, per esperienza e studi, che non vi è relazione diretta e lineare fra violenza efferata, gratuita, apparentemente incomprensibile e patologia mentale. Questa può apparire in alcuni delitti, ma non è la regola “.