A tratti la voce le trema, si ferma, fa un respiro profondo e riprende a raccontare i suoi ricordi, i ricordi di una tragedia che non è mai finita. Qualche lacrima fa capolino dai suoi occhi stanchi, ma non riesce a rigarle il viso, viene ricacciata dentro e sconfitta dalla dignità che da sempre la contraddistingue.
“Vorrei riuscire a dargli qualche certezza e non so proprio come fare” il suo sguardo è triste e pieno di rabbia mentre parla di suo figlio, Enza oggi ha ricevuto quella chiamata di cui temeva l’arrivo da troppo tempo. “Signora buongiorno, come sta? Sa, mi è stato detto dal Comune che la devo sfrattare”.
Enza e Salvatore, suo figlio, il 1 ottobre 2009, hanno vissuto la tragedia di Giampilieri, la loro casa è stata quella che ha bloccato gran parte del fiume di fango arginando, in qualche modo, la corsa impetuosa dell’acqua. Una corsa che ha, però, continuato a distruggere tutto ciò che ha potuto, compreso il piano inferiore della casa di Enza, Salvatore e Santo. Marito e padre, Santo non era presente la sera dell’uno ottobre, poiché il lavoro lo teneva, e spesso lo tiene tutt’ora, fuori casa. Così Enza ha dovuto affrontare molti momenti in solitudine, superando le difficoltà non solo legate alla tragedia, ma anche alla crescita di un figlio appena adolescente.
La telefonata ricevuta stamattina è stato il colpo di grazia finale. “«Signora, se vuole, possiamo accordarci per firmare un contratto» ma io dove li prendo 700 euro al mese per pagargli l’affitto?”. In questi tre anni e mezzo il Comune si è infatti impegnato a offrire un alloggio a tutti coloro che sono rimasti senza una casa, ma non ha pensato a come spendere i soldi in maniera congrua. Dopo quella che alcuni hanno definito “vacanza” degli alluvionati al “Le dune”, la pubblica amministrazione ha offerto sì una casa a parte delle persone sfollate, ma senza considerare le necessità di ognuno. “Quando siamo arrivati in questa casa è stato l’ennesimo trauma: di un appartamento così grande, considerato che siamo solo in tre, non sapevamo proprio che farcene. Al “Le dune” eravamo abituati a stare in una stanzetta, condividevamo tutto, e anche a casa nostra, quella a Giampilieri, non avevamo certo tutto questo spazio. Ci siamo sentiti persi e spaesati. Adesso, a distanza di più di tre anni, ci siamo abituati, è un alloggio bellissimo, in pieno centro città, ma noi ci saremmo accontentati anche di molto meno”. Come sono spesi quindi questi soldi pubblici? Ci sarebbe da chiedere ai signori politici chi ha pensato a suddividere i fondi e in base a quale criterio.
Anche perché, come se non bastasse, la situazione di Enza è ancora più complicata. Lei e suo marito, infatti, erano e sono tutt’oggi proprietari di una casa, quella di Giampilieri, che verrà presto abbattuta poiché situata nella cosiddetta zona rossa, casa di cui però pagano ancora il mutuo. 850 euro ogni mese spesi per un appartamento che, praticamente, non esiste più. Subito dopo l’alluvione Enza e Santo avevano chiesto, infatti, la sospensione del pagamento del mutuo per un breve periodo, per avere il tempo di ricomprare le cose essenziali, sospensione che non è mai stata loro concessa .
“Come facciamo adesso a pagare un affitto e, allo stesso tempo, continuare a pagare il mutuo?”. È questo che l’amministrazione vorrebbe: sono finiti i fondi messi a disposizione dal Governo per l’emergenza di Giampilieri e quindi nessuno più, da Agosto 2012, si preoccupa di pagare l’affitto ai padroni di casa né tanto meno nessuno più si preoccupa di fornire il risarcimento di 150.000 euro che spetterebbero di diritto alla famiglia di Enza, Santo e Salvatore.
“Se almeno dessero il risarcimento che ci spetta potremmo cercare una casa modesta e continuare a pagare l’affitto e il mutuo, ma così come facciamo?”
Troppe ombre in questa storia, ombre che gravano sulle spalle di onesti cittadini piegati dalla tragedia dell’alluvione. Piegati ma non spezzati, perché la speranza è ancora viva in loro, probabilmente per trasmettere un sentimento positivo a un figlio sedicenne che ne ha già viste fin troppe per la sua età.