Italiani, nuovi immigrati d’Europa. Mentre i migranti sbarcano sulle coste del nostro Paese alla ricerca di una possibilità di vita, le italiane e gli italiani che emigrano a loro volta alla ricerca di un posto migliore in cui vivere sono in aumento.
Centomila in più rispetto allo scorso anno, e più di quattro milioni i residenti all’estero, secondo i dati della “Fondazione Migrantes” della Conferenza episcopale italiana, contenuti nel rapporto “Italiani nel mondo 2011”.
Il dossier è stato presentato in questi giorni a Roma ed è dedicato ai 150 anni dell’Unità d’Italia durante i quali 30 milioni di italiani sono emigrati all’estero.
Anche se facciamo finta di averlo dimenticato è inciso nella nostra memoria il ricordo, neppure così lontano, di essere stati un popolo migrante in cerca di speranza, quando nel nostro Paese non si poteva vivere, quando si andava via con quel poco che si aveva verso il sogno, “verso l’America”.
Gli italiani che partono oggi non hanno una valigia di cartone, non devono stiparsi nella seconda classe di immense navi, non viaggiano da clandestini, non sono analfabeti…
E allora chi sono e perché vanno altrove?
Sono giovani, laureati, prendono l’aereo, hanno tra trenta e quarantaquattro anni, e la metà sono donne.
Il Sud Italia, con il 35,2%, è l’area d’origine principale di provenienza dei nostro emigrati iscritti all’Aire, l’anagrafe degli italiani residenti all’estero. La Sicilia si conferma prima regione di emigrazione (16,2%), seguita da Campania (10,4%), Lazio (8,9%), Calabria (8,7%), Lombardia (7,7%) e Puglia (7,7%).
Gli italiani all’estero scelgono in maggioranza i Paesi europei (56%), poi le Americhe (39,6%), e a seguire gli altri continenti. Tra gli Stati, figura in testa l’Argentina, poi la Germania, la Svizzera, e a seguire la Francia e il Brasile.
La giovane età della popolazione migrante e le mete sono ciò che distingue questa nuova migrazione italiana. Secondo i dati Eurispes 2011, citati dal Rapporto “ Migrantes 2011”, il 40% dei nostri giovani tra i 25 e i 34 anni non è soddisfatto della vita in Italia e ben il 40,6% degli intervistati (di tutte le fasce di età) si trasferirebbe volentieri all’estero.
La precarietà lavorativa è indicata al primo posto: lo sottolinea il 43,5% dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni e il 33,6% di coloro che vanno dai 25 ai 34 anni. Seguono, nell’ordine, la mancanza di senso civico (20,6%), l’eccessivo livello di corruzione (19,1%), la classe politica (15,2%), la condizione economica (8,6%), il tasso di criminalità (3,9%) e lo stato del welfare (1,3%).
Il precariato che sta paralizzando generazioni intere non lascia dunque spazio al futuro, se prima i giovani andavano via dopo la laurea a causa della disoccupazione e della precarietà, oggi molti vanno via anche prima sapendo già cosa li aspetta, abbassando così la media dell’età di chi emigra.
Sono infatti 42mila gli iscritti a facoltà straniere, e i paesi nei quali è maggiore il numero di universitari italiani non sono variati negli anni; conservano una tradizionale e forte immigrazione italiana Germania, Svizzera, Francia, Belgio ed Inghilterra. In Austria vanno studenti italiani appartenenti alla comunità di lingua tedesca dell’Alto Adige; gli Stati Uniti restano in ogni caso una meta privilegiata.
A variare nel tempo è il flusso di persone verso questi paesi: le presenze negli atenei tedeschi e belgi tendono a calare, mentre aumentano notevolmente gli spostamenti per studio verso la Francia e soprattutto verso la Spagna che vede una presenza di giovani italiani pari a quella negli USA.
Il rapporto registra un altro dato che rappresenta una novità: aumentano gli studenti italiani, tra i 16 e i 18 anni, che partono alla volta dell’estero anticipando il momento degli stages. Sono liceali che sperimentano i progetti Intercultura, Wep o Comenius, lasciando così la scuola italiana al quarto anno.
Un altro dato interessante riguarda l’emigrazione al femminile. La dottoressa Delfina Licata, curatrice del Rapporto, ha sottolineato nella sua relazione che “le donne che emigrano, anche se solitamente dimenticate, sono numerose quasi quanto gli uomini (45,5%)”.
Delfina Licata racconta come la metà di questa popolazione femminile (46,2%) sia iscritta all’Aire, l’anagrafe degli italiani residenti all’estero, da almeno 10 anni e poco più di un sesto (18,2%) negli ultimi tre anni. “Negli ultimi dodici mesi le iscrizioni hanno riguardato ben 85.000 donne e quasi altrettanti uomini, dimostrando quanto sia sbagliato inquadrare l’Aire come un archivio che registra solo i fatti del passato”.
“Le donne italiane emigrate operano a tutti i livelli di responsabilità. Le laureate che si recano all’estero vivono però una situazione peggiore rispetto agli uomini perché sono sottorappresentate a livello dirigenziale e percepiscono retribuzioni inferiori, anche se comunque più soddisfacenti rispetto agli standard italiani”.
Con il trascorrere del tempo l’ipotesi di un rientro diventa sempre meno probabile, sia per le donne che per gli uomini: a 5 anni dalla laurea sono 52 su 100 i laureati occupati all’estero che considerano “molto improbabile” il loro ritorno.
“Ritorna così il tema della “perdita dei cervelli”, dovuta al fatto che l’Italia non è in grado sul piano dell’occupazione di esercitare forti attrattive per il loro ritorno, né di utilizzare a un livello più elevato i laureati italiani e gli immigrati presenti sul suo territorio”.
“Folto il numero di italiani visibili per l’impegno professionale”, continua Licata, ” sono il vero nerbo della nostra presenza all’estero e hanno favorito la crescita collettiva, tanto economica quanto culturale. Per questo ogni anno le regioni italiane e le associazioni operanti all’estero premiano uomini e donne meritevoli per essersi segnalate nel campo della ricerca, della cultura, dell’impegno sociale ed artistico, dei rapporti con le realtà regionali”.
Licata ne segnala una, Fiammetta Jahreiss-Montagnani, che nel mese di maggio 2008 è stata eletta presidente del Consiglio comunale di Zurigo, divenendo così la prima immigrata non di madrelingua tedesca alla quale è stata conferita la carica cittadina più alta. “Ci piace ricordare, conclude, che il Consiglio comunale è competente per la definizione delle richieste di cittadinanza e proprio per tale motivo la Montagnani, con un gruppo di consiglieri, è venuta a Roma per studiare comparativamente la questione insieme ai redattori di Caritas/Migrantes”.
Serena Fiorletta