Ricorre quest’anno il venticinquesimo anniversario della fondazione dell’ACIO (Associazione Di Commercianti Ed Imprenditori Orlandini), prima associazione antiracket, sorta a Capo D’Orlando per iniziativa dell’ex commerciante Gaetano Grasso.
Gaetano (Tano) Grasso, presidente onorario della FAI (Fondo Antiracket Italiano) e professore a contratto presso l’Università di Catanzaro, è tuttora impegnato nella lotta alla criminalità organizzata: la sua evidente determinazione ed la sua indiscutibile audacia hanno portato al raggiungimento di una nuova consapevolezza in merito alla politica delle tangenti. La sua iniziativa ha infuso coraggio in chi, sconfitto dalla solitudine e dall’indifferenza, si è visto costretto a piegare il capo dinnanzi a estorsori e malavitosi.
Al progetto inizialmente hanno inizialmente aderito sette commercianti, le cui denunce hanno portato alla condanna di ben quattordici imputati, rei di associazione mafiosa e tentata estorsione. A seguito di un simile evento, inedito e affatto trascurabile, le coscienze si sono gradualmente risvegliate, le adesioni al movimento di Grasso sono cresciute esponenzialmente ed altre realtà locali hanno visto la nascita di associazioni con le medesime finalità. Fra le iniziative seguite a quella di Grasso campeggia la fondazione di Addiopizzo, ad opera di sei ragazzi palermitani. Il movimento, nato nel 2004, inizialmente contraddistinto dall’anonimato, ha concluso la sua clandestinità nel 2006, con la presentazione della campagna “Contro il pizzo, cambia i consumi”.
Coloro che, validamente coadiuvati dalle sempre più numerose associazioni antiracket, hanno trovato il coraggio di sottrarsi a questa ingiustificabile violenza, hanno dimostrato che una simile, deplorevole pratica può essere sconfitta, che il timore può essere vinto.
Dopo venticinque anni dalla nascita dell’ACIO, noi de ilcarrettinodelleidee.com abbiamo voluto incontrare Grasso, promotore di un processo di emancipazione e indipendenza, che proprio all’inizio della sua attività, seduti a un tavolo di bar, in piazza a Capo d’Orlando, ha raccontato di sé e dei suoi progetti a Dino Sturiale, editore del nostro settimanale.
Cosa resta dopo venticinque anni di attività antiracket? Cosa rimane dell’entusiasmo mostrato ai tempi della costituzione dell’ACIO, a Capo D’Orlando?
Rimane senza dubbio la forza di un prototipo che continua a riproporsi proprio per la sua indubbia validità: associazioni antiracket sono nate a Foggia e a Castelvetrano ed attualmente sono in corso manifestazioni ad Altamura. Siamo riusciti a trasformare un’idea, una convinzione, in un vero e proprio modello, quello associazionistico, che sta riscuotendo un successo senza precedenti.
Tano Grasso ha ancora un ruolo preminente nella lotta al racket delle estorsioni?
Sì, anche se vorrei
non fosse così: mi piacerebbe che la popolazione raggiungesse un grado di consapevolezza tale da ridimensionare significativamente il mio ruolo. Ad ogni modo spero di essere presto sostituito da nuovi e valenti dirigenti dell’antiracket, animati da buone intenzioni e sete di giustizia.
Grazie a te e a coloro che ti hanno affiancato in tanti hanno messo da parte ogni paura, denunciando apertamente estorsori e malviventi. Credi che il tuo operato sia riuscito minare le basi delle organizzazioni mafiose o queste hanno mantenuto
la loro forza?
Senza dubbio è venuta meno l’idea che fenomeni come quello mafioso siano impossibili da sconfiggere. Abbiamo offerto ai commercianti un’alternativa, abbiamo dimostrato loro che piegarsi alle minacce non è l’unica cosa da fare. Purtroppo però la criminalità organizzata è ancora molto forte,soprattutto in alcune zone del Meridione: per sconfiggerla occorrerà tempo, costanza e determinazione.
Cosa provi quando ti accorgi che persino chi si fa promotore della lotta alla criminalità organizzata mostra di avere atteggiamenti, se non convinzioni, di matrice delinquenziale?
Si tratta di una realtà di cui ero a conoscenza sin dal principio. Sin da subito ho messo in guardia i miei collaboratori: i nostri più insidiosi avversari sarebbero stati proprio i nostri colleghi. Li costringiamo spesso a guardare in faccia la realtà ed a riconoscersi quali uomini sottomessi alla mafia, schiavi della criminalità, mentre noi siamo liberi.
Hai dedicato l’intera vita val tuo impegno sociale e morale e questo ha delle innegabili conseguenze. Quanto puoi ritenerti libero di essere un uomo qualsiasi?
Nonostante la mia vita privata ne risulti indiscutibilmente compromessa, non ho mai avuto alcun ripensamento. Se non avessi percorso questo cammino non avrei mai assaporato la libertà, non avrei mai dato un senso alla mia vita.