Le pupaccine di halloween

 

 

È Halloween: è la notte dei film horror e dei fantasmi. La notte delle case stregate, dei cimiteri profanati e dei cieli senza luna. E fa paura, talvolta anche ai più grandi. Soprattutto ai più grandi.

 

Se nel mese di Ottobre giovani e meno giovani affollano i negozi di giocattoli, decisi ad acquistare cappelli a punta e zucche di cartapesta, c’è chi della notte delle streghe non vuole proprio saperne. Tradizionalisti stizziti, indignati da una Sicilia che sembra aver dimenticato un passato non troppo lontano, additano feste in maschera e macabri travestimenti come americanate dispendiose e prive di senso. C’è chi grida alla catastrofe, chi corre a rispolverare vecchie cianfrusaglie, chi trasforma balconi, case e giardini in improbabili macchine del tempo. Naturalmente nessuno di loro dimenticherà il selfie di rito, mentre addenta una tradizionalissima muffoletta cunzata. Tra le mani l’ennesimo smartphone di ultima generazione, rigorosamente made in USA, s’intende.

 

Improvvisamente, siamo tutti alla disperata ricerca di un passato che solo qualche anno fa sembravamo tanto ansiosi di buttarci alle spalle. O almeno, lo siamo quando troviamo il tempo per ricordarcene.  

 

Ignazio Buttitta, antropologo e professore universitario, ci svela quanto ostacolare le neo-culture sia inutile, se non controproducente. Si tratterebbe di una svilente lotta contro i mulini a vento, una lotta di cui si può facilmente intuire gli esiti. Opporre resistenza non servirebbe a nulla: il cambiamento d’altronde è la tradizione più antica dell’intera specie umana.

 

 

 

Di canestri colmi di dolciumi e di regali ai più piccoli ne abbiamo tanto sentito parlare e ne sentiamo parlare ancora: è la memoria dei defunti a venir meno. Abbiamo davvero smesso di commemorare i nostri cari?

 

“Si tratta senza dubbio di un lungo e lento processo, non ancora concluso. Del resto sono molti i cattolici che il 2 Novembre affollano i cimiteri siciliani. Più che il culto dei cari estinti, stiamo abbandonando la componente esoterica della tradizione. Pensi che in passato le tavole venivano imbandite lasciando un posto libero anche per chi non c’era più. Ai bambini poi veniva raccontato che durante la notte i morti sarebbero venuti a far loro visita, con qualche dono. Sarebbero passati dalla loro camera, avrebbero riempito un cestello con regali di ogni sorta e lo avrebbero nascosto da qualche parte, in casa. Adesso nessuno racconterebbe cose del genere ai propri figli: abbiamo reso la morte un tabù, l’abbiamo allontanata il più possibile e adesso pretendiamo di poterne parlare in questo modo. Proprio non si potrebbe.”

 

 

 

Quando abbiamo smesso di parlarne?

 

“Molto tempo fa, in realtà. Occasioni come queste erano sempre meno, anche nel passato. Sono stati gli anni Sessanta a spazzare via quello che rimaneva: abbiamo accolto usanze differenti, quasi ludiche, sicuramente spinti dalla logica di mercato e dal consumismo imperante. Ed ecco improvvisamente bimbi travestiti da scheletri, che bussano alle nostre porte e chiedono qualche dolcetto. Anche questa pratica poi, ha radici profonde affatto estranee alla nostra Sicilia.”

 

 

 

A cosa allude?

 

“Se pensiamo che la questua infantile, la richiesta di doni da parte dei più piccoli, non abbia nulla a che fare con la nostra tradizione, ci sbagliamo di grosso. Secoli or sono in diversi paesi siciliani, bimbi mascherati si presentavano alle porte delle case, proprio durante la notte. Vestivano i panni di antenati defunti e chiedevano omaggi, offerte. Tuttora in Barbagia, regione sarda notoriamente conservatrice, le cose vanno proprio così.

 

Se le nuove pratiche hanno preso il posto di quelle più antiche, è anche perché qui hanno trovato terreno fertile. Molti non ne sono consapevoli, ma Halloween non ha fatto altro che riattivare un usanza ormai tramontata, indiscutibilmente europea.”

 

 

 

Che ruolo ha giocato l’ideologia consumistica in tutto questo?

 

“Un ruolo non indifferente, non c’è dubbio. È naturale che processi del genere vengano largamente favoriti dal mercato. Talvolta accade che manovre economiche appositamente studiate generino nuove tradizioni. È un evento fisiologico, oserei dire banale. D’altronde anche noi diamo vita a usanze di ogni genere, molto più spesso di quanto crediamo: basti pensare alle abitudini delle singole famiglie, che col tempo si trasformano in tradizioni. Cos’è la tradizione del resto? Nient’altro che un fenomeno reiterato nel tempo, accolto, partecipato e condiviso dalla comunità. Poco importa se abbia avuto origine per iniziativa delle multinazionali.

 

C’è un atteggiamento diffuso, di critica aprioristica nei confronti dei nuovi fenomeni, a mio parere assolutamente superficiale.”

 

 

 

A cosa pensa sia dovuto?

 

“Reticenza, paura. Ritualità, passato infondono nell’animo umano un senso di sicurezza a cui non si è disposti a rinunciare.

 

Molti fra i presunti paladini della tradizione condannano Halloween perché lontana dallo spirito religioso, senza considerare quanto le credenze antiche e le pratiche ad esse legate lo fossero altrettanto. Il fatto che i defunti possano abbandonare la dimensione ultraterrena, far visita ai loro cari ciclicamente, interagire con loro è assolutamente inimmaginabile per la dottrina cristiana.

 

Simili critiche lasciano il tempo che trovano. Piuttosto dovremmo cominciare a considerare occasioni del genere come nuovi momenti di aggregazione. Ben vengano le festicciole in maschera negli asili italiani: si tratta di opportunità per trascorrere del tempo insieme. Anche perché, diciamolo francamente, i bimbi di oggi non ne hanno poi molte. Se ci mostriamo disposti ad accogliere festività come queste, riusciremo anche a controllarne le degenerazioni.

 

Certo, la nostalgia del passato è più che naturale, ma sostenere che il rapporto con i propri cari estinti venga sovvertito da occasioni simili è assolutamente illogico.”