Le sorti dell’Europa (il dramma)

Dal futuro della Grecia dipenderà il futuro dell’Europa, da quello dell’Europa il futuro del mondo. O una sterzata o il muro dritto di fronte, è questo il messaggio che ronza nelle orecchie di chi decide a Bruxelles, a Strasburgo e a Lussemburgo. La Storia ci ha insegnato che sono sempre i capi a capire per ultimi, e oggi nessuno sciopero generale, nessuno scontro di piazza, nessun rogo di immondizia, nessuna occupazione pacifica delle piazze, nessuna marcia verso le sedi del potere, nessun pamphlet-appello uscito dalle mani e dalla memoria di un 93enne che ha liberato l’Europa con le sue stesse mani e la sua stessa passione, nessun referendum e nessuna indignazione o incazzatura sembrano potere evitare la lenta cavalcata verso il muro che pare davvero poter segnare la morte di quel sogno europeo che Spinelli e Rossi avevano trascritto alla vigilia della fine del II conflitto mondiale, e che, forse, è sempre e soltanto rimasto un bel sogno. L’immagine dell’Europa oggi non è più la copertina di “Combat”, il giornale clandestino antifascista francese di Sartre e Camus, né il viso gentile di Irena Sendler, che durante la Resistenza polacca riuscì a salvare 2500 bambini dal folle eccidio nazista, e neppure l’eroica corsa dei ferrovieri tedeschi, i primi a rompere il muro saltando di slancio i posti di blocco sovietici sul finire dell’Estate del 1989. L’immagine di oggi è ben più amara, sono le auto blu dei deputati greci che attraversano piazza Syntagma per raggiungere il Parlamento Ellenico, protetti dalle reti metalliche sollevate a malincuore dalla polizia, mentre aldilà di queste si alzano le voci e i sampietrini di un Paese strangolato dalla disoccupazione e dalla corruzione, del primo popolo ufficialmente “europeo” a cadere dissanguato sotto la pressione dei denti affilati delle banche mondiali e sotto l’incapacità – ben più affilata e ben più pericolosa – di una politica tanto svuotata di ogni ideale quanto inetta nel perseguire una realpolitik razionale e non autodistruttiva. Oggi più che mai la democrazia europea è «governo del popolo», in cui il «popolo» non è complemento di specificazione, ma complemento oggetto.

Oggi, mercoledì 29 Giugno 2011, Atene piange ed urla. Piange per i lacrimogeni sparati dalla polizia contro i manifestanti, che, nella mattinata, volevano impedire l’ingresso dei deputati in parlamento, ed il loro voto favorevole al piano d’austerità imposto dalla stessa Europa che continua ancora oggi a spolpare con i suoi prestiti usurai il governo e lo Stato greco. Urla gli scontri violenti provocati dall’esasperazione dei cittadini, scontri che potrebbero portare la Grecia ad un nuovo crollo, non solo economico, ma politico. 370 feriti solo nella mattina, lanci di ogni oggetto disponibile – un parlamentare è stato colpito da un vasetto di yogurt – , fumo, fiamme. E potrebbe essere solo l’inizio. Le urla non risparmiamo nemmeno Alexandros Athanasiadis – il deputato socialista ribelle che ha già dichiarato la sua opposizione alla manovra – , segno di una sfiducia totale verso una classe politica negligente ed assassina. Non escludo che le immagini di Atene possano essere riproposte a Bruxelles fra due mesi. O fra otto, quando toccherà al Portogallo. Fra un anno, per la Spagna. Fra due anni, per l’Italia.

Il futuro dell’Europa passa dal “test” – qualcuno ha osato chiamare così la tragedia del popolo ellenico – greco, ma passa dal futuro del capitalismo come abbiamo imparato a concepirlo, e dal destino della globalizzazione finanziaria produttiva. Oggi più che mai, in un mondo dominato dalle nuove – forse mai interrotte – logiche di potenza, dai fondamentalismi, dai neoimperialismi, l’Europa deve risorgere dal coma in cui è stata schiacciata dai suoi signori della guerra e dell’economia:

«oggi è il momento in cui bisogna saper gettare via vecchi fardelli divenuti ingombranti, tenersi pronti al nuovo che sopraggiunge così diverso da tutto quello che si era immaginato, scartare gli inetti fra i vecchi e suscitare nuove energie tra i giovani. Oggi si cercano e si incontrano, cominciando a tessere la trama del futuro, coloro che hanno scorto i motivi dell’attuale crisi della civiltà europea, e che perciò raccolgono l’eredità di tutti i movimenti di elevazione dell’umanità, naufragati per incomprensione del fine da raggiungere o dei mezzi come raggiungerlo.

La via da percorrere non è facile né sicura, ma deve essere percorsa e lo sarà»

(A. Spinelli, E. Rossi, E. Colorni, Manifesto di Ventotene, 1943)