Lettera da Favignana

Casa di Reclusione di Favignana  

Messina, appena dato alle stampe il libro di poesie del mio amico Pasquale Musarra,” perché non portiamo in carcere questa poesia?  Magari per Natale!”,  è l’invito di un lettore ;  mi acciglio, rifiuto l’idea, poesia in carcere.. a Natale, mi sa di regalo,  mi sa di .. umano.. troppo umano.

Per mestiere apro e chiudo cancelli,  per  condizione e per molti anni di cancelli ne ho chiusi tanti ; ho passato molte ore in carcere , anche giorni  interi, a verbalizzare interrogatori , a raccogliere parole contro il tempo, a cercare di carpire le visioni oltre gli occhi di chi avevo davanti, a studiare ogni solco delle mani, i movimenti, ad eludere gli sguardi che cercano giustificazione , non giustizia.

Rapida ,la contabilità di quelle ore e di quel tempo tolto al mondo,  ha preteso un pareggio!  Adesso , rivoglio indietro parole e tempo, il loro , di  quelli che hanno passato il cancello , tocca a loro ridarmi le parole che stavano scritte sulle mani e dietro gli occhi.

Il libro andrà in carcere insieme al poeta, costi quel che costi perché la pena vale! Deve valere la pena altrimenti che senso ha ..la pena  senza valore.

Pena è remunerazione, senza sconti.

Fine pena Mai. Leggerlo è una schioppettata sugli occhi , il tempo infinito del mai dilata quell’attimo  fino ai confini della memoria  e  quell’attimo, la memoria non la abbandonerà mai.

E’ chiaro adesso che condurrò il poeta in carcere, non uno di quelli dinamici , di passaggio dove si stivano penitenti in attesa del giudizio, no, il luogo della pena sarà quello del tempo anomalo voluto dalla norma,  un isola del tempo  circondata da mura di cemento.

Favignana, ottobre 2013, il 7 , per caso è il mio numero preferito, il settimo dito della mano , l’indicatore…

La casa di reclusione  è di nuova costruzione, appena 2 anni, non fosse per le telecamere ed i cancelli blindati parrebbe uno dei tanti resort di lusso dell’isola, all’interno l’atmosfera non cambia ,appare come un carcere a 5 stelle, ed in realtà lo è; odora ancora di nuovo e di pulito , non avverto l’odore dei pasti cucinati per il pranzo, i muri non raccontano nulla, i rumori soffusi, non mi rimandano il ritmo consueto del biliardino nell’ora d’aria, la luce prepotente e bianca dell’isola penetra dalle vetrate e dal cortile interno come irriverente provocazione; una leggera concitazione ci accoglie, gli agenti di custodia lanciano sguardi disincantati quasi a dire che tanto ……, espletano con calma le incombenze per la sicurezza, controlli e perquisizioni,  mi sento leggermente spiazzata, entravo in carcere come andare al bar…prima;

 Favignana già dice carcere come l’Elba., L’Asinara…., qui dice carcere e dice Borboni , tiranni, tempi cupi addirittura due castelli due fortezze in quest’isola a recludere , e specie chi andava  annientato , ma non reso eroe con la morte;  la storia più recente ah avuto bisogno di carceri super e qui  ci ha costruito attorno un muro di cemento più  armato delle forze che vi custodiva; penso che la storia ha avuto molta paura delle idee , non posso fare a meno di pensarlo i carceri che ho varcato sono stati tutti super … Palmi , Messina, Favignana.

La sala destinata all’incontro è un grande salone con un palcoscenico in fondo, scegliamo di eliminare il tavolo adibito a cattedra per non creare barriere, in fondo siamo lì per esporci , certo  non perché siamo più buoni, perché ci ricordiamo di loro , lavoriamo di loro quotidianamente, a volte ci svegliano la notte le loro istanze, siamo qui a cercarli a cercare le loro parole recluse, ed a tradurle.

Il piccolo plotone disordinato fa il suo ingresso in sala con fare disincantato e sicuro, come quelli che si sentono a casa e per dovere di cortesia fanno finta di essere interessati, siedono ordinati sulle sedie schierate nelle fila predisposte dall’ordinamento.

Eterogenei : giovani ,vecchi, neri, magri, alti, muscolosi, raffreddati,  vispi, ragazzi… un piccolo numero, ma il 30 per cento , ci dicono gli educatori.

Nella calma concitazione dei preparativi non si distinguono bene i ruoli, ci si scruta a vicenda come per capire come da chi noi bisogna difendersi o chi di noi attaccare, mi sembra reciproca la cosa e già mi piace, mi rinfranca , il timore della mattina comincia ad abbandonarmi, sento che in quella sala non ci sarà il posto per l’indifferenza.

Intanto la musica per  amalgamare, le presentazioni, le precisazioni.. il poeta non vuol essere appellato tale , ma anche i criminali non vogliono essere chiamati così…, cominciamo a metterci sullo stesso piano, si legge crudelmente ciò che fa male al poeta , ma va fatto! Si tiri giù la maschera … adesso  siamo pronti .

E lui ,il poeta recluso lo sa bene, lo aveva capito, vuole restare invisibile , dare le sue parole senza nome, ma anche lui a breve sarà spiazzato , non resiste alla radiografia delle sue parole ed affonda , anche lui , chiede di  non giocare con la loro mente, ma non stiamo giocando e lo avverte totalmente …

Accenni di storia , un  momento per rivitalizzare il genius loci , l’orgoglio dell’appartenenza a gloriosi passati di eroi e leggende

Accenni di vita, loro, li scopro …lo so ,io , vi ho letti tante volte ..nelle lettere, nelle istanze , nelle intercettazioni   e lo dico : gli amanti più appassionati della libertà stanno in carcere, lo confermeranno di lì a poco :” cosa giusta è essere come si vuole “

Ho trovato più poesia nelle confessioni di un assassino a volte, che  in un’intera antologia,  ma anche la poesia è una pena che vale,  anche la poesia ha un fine pena Mai , lo sanno i poeti  , qui in questa sala.. dalla parola al tempo.. la fine della poesia.. il poeta deve andare , essere nel tempo della poesia … .e si comincia a trovare un linguaggio comune , parole strane come i pazzi (o poeti) che parlano alla luna, come i pazzi.. chi si sognerebbe di parlare ad un sasso??

Il dialetto accomuna , conforta , compiace ..anche  gli africani.

Dall’africa vengono le parole in arabo , l’intero alfabeto recitato che sembra musica o preghiera ..e c’entra anche Dio e la felicità, si riesce a parlare di felicità in carcere e tutti ne parlano anche il prete , in incognito,  ma  va via senza salutare…

Le sedie rompono le schiere , inizia la danza.. una per volta, dapprima ..poi tutte insieme a formare un cerchio , senza ruoli , né demarcazioni, uno  scambio, rimbalzi, moltiplicazioni … la musica, una voce dono di sé  prezioso, riceve compenso di lacrime nascoste.

Let it be, e così sia! lasciamo che siano lacrime  e sorrisi e sguardi persi che si allontanano e chitarra sublime e mani che cantano.

E’ energia vibrante quella che intreccia corde di sguardi e parole , parole forti , per nulla  compiacenti , pacche robuste sulle spalle , come quelle che scuotono il dolore , il rimorso , la morte ..e pretendono risposta , reciproca.

Incalzano i respiri e gli interventi , disciplinati, rispettosi, veementi ..il tempo vola come si fa a continuare ..

Restate a pranzo con noi ! non è possibile , occorrono autorizzazioni superiori.. la musica , la musica accorre , ci viene incontro , unisce per separarci  ..bisogna andare

Tornate, noi qui ,come facciamo a volerlo?  Si può , chiedetelo , verremo ancora.

Non basta bastarsi.

Vanno, andiamo.. fuori ,noi.  Noi , tutti, dimentichiamo di riprendere i documenti lasciati all’ingresso, la nostra identità per un attimo sospesa fra dentro e fuori … penso , ancora una volta, col mare di un azzurro spietato in faccia, che chi ha guardato negli occhi un assassino è reo di pena , di una pena che vale.