Lettera di un immigrato alla madre

Buongiorno madre,

Come state? Lo so che siete stata a lungo in pensiero, ma grazie a Dio ora sto bene. Dopo il viaggio in Libia, sono arrivato nel paradiso agognato. Con tanta fortuna, lasciando per strada amici e fratelli, ci sono riuscito.

Sapete madre, l’Italia è un paese bellissimo, con tante case, talmente tante case che non avendo più spazio le poggiano l’una sull’altra sfiorando anche le nuvole. È tutto così diverso, ma così bello. In certi posti sembra di stare attorno al grande mercato della nostra città Ouagadougou, talmente tanta sporcizia e caos che vi regnano.

Gli abitanti di questi paesi non sanno più il significato della fame.

Madre, non saprei da dove cominciare, ho tante cose da dirvi. Cercherò di raccontarvi come vanno qui le cose. L’Italia non ha nulla a che vedere col nostro Paese. È ricco, molto ricco. Non della ricchezza cui voi siete abituata, quella che noi diciamo di avere per il solo fatto di essere vivi o perché abbiamo realizzato un buon raccolto che ci basterà due anni. Sono così ricchi, che un solo uomo potrebbe comprare tutti gli animali e le terre della nostra città.

Io vivo in un posto chiamato Napoli, dove gli stessi abitanti dicono che più a Nord ci sono delle città ancora più belle e ricche. Ma, dicono anche che lì sono cattivi, cattivi con noi e con chi non viene dalla loro stessa città.

Non ha nulla a che vedere con il nostro villaggio. È tutto così incredibile qui. C’è la luce elettrica ovunque, anche dove non va nessuno. Quei grandi bastoni che vedevamo in città dove erano attaccati i fuochi, qui li chiamano lampadari. Sono sempre accesi: un vero spreco, non potete immaginare! Le strade sono tutte illuminate e rimangono tali per tutta la notte. All’inizio, credevo la lasciassero accese per i senza tetto, ma poi ho notato che non è cosi. Le lasciano accese per le macchine. Ecco mamma, i senza tetto sono persone che non hanno una casa, e le macchine (quelle che noi chiamiamo il carro di ferro), invece hanno una casa e qui la chiamano garage.

Eh lo so madre, anch’io ho pensato che i senza tetto dormissero fuori per scelta, altrimenti non si spiega il motivo per cui le macchine abbiano una casa e gli uomini no. E poi, con tutte queste case l’una sull’altra, c’è da chiedersi come sia possibile che non tutti ne abbiano una.

Si chiama capitalismo Madre, ma voi non comprenderete il termine, anche se mi direte di sì e mi ripeterete di essere colei che mi ha creato.

Comunque, sono felice di farvi partecipe delle mie nuove conoscenze. Ho imparato tanto sul mio percorso, cosi tanto che ci sono delle volte in cui vorrei far marcia indietro e tornare tra le vostre braccia per essere cullato e dimenticare tutto.

Malgrado qui abbiano tanto, sono tutti cresciuti nell’illusione del possesso, della competizione, della diffidenza. Una volta, mi avete insegnato che un cuore puro e onesto non teme di aprire la sua porta quando è bussata. Madre, qui se bussate, vi guardano prima da un spioncino o da una videocamera e vi chiedono cosa volete, non avvicinandosi tra loro per parlarsi.

Quanto a noi, migranti, stiamo bene ma anche un po’ male. Bene per la fortuna di essere qui, male per così tante cose che non sto qui a raccontarvi, ma state tranquilla che non starò mai tanto male da perdere di vista i miei obbiettivi. I bianchi non sono tutti come padre Alfonso, conosciuto per il bene che ha fatto nelle nostre campagne.

I bianchi Madre sono come noi, né più né meno.

Sapete madre, è strano, ma, malgrado tutte le differenze che abbiamo, un valore comune che ci accomuna è proprio la mamma. L’amore per la mamma è universale. Forse qui anche un po’ troppo. Ci sono dei figli che restano a casa dei genitori anche fino a trent’anni e oltre. Lo so che stentate a crederci Madre, ma è cosi. È così diverso dal nostro villaggio, dove un uomo a quindici anni ha già la responsabilità di una famiglia. Qui in Italia, la legge degli uomini e quella di Dio si ricongiungono. I bianchi sono riusciti a far combaciare le leggi divine con quelle degli uomini. E per queste leggi che non si possono più dare in sposa le ragazzine di età inferiore a quattordici anni ed è stata bandita l’infibulazione e la lapidazione. Vi chiederete cosa abbia a che fare con il nostro mondo, vi chiederete perché le leggi di un paese così lontano vadano a influenzare il nostro paese cambiando così per sempre le nostre culture.

La chiamano globalizzazione.

Vuol dire che la loro cultura è migliore rispetto alle altre e noi dobbiamo emularla se vogliamo essere un po’ come loro. Prima ci chiamavano bestie, poi animali, poi négri, poi selvaggi, poi esotici, e ora ci chiamano extracomunitari. Nella loro legislatura ci sono delle leggi speciali per gli extracomunitari, sapete Madre. Vuol dire che nonostante ci accettino e ci ospitano, tengono comunque a precisare che noi siamo diversi e che non saremo mai come loro. Tornando alle loro leggi, è impressionante quante similitudini ci siano con le nostre. Il nostro defunto re, che morì poco prima che partissi, sarebbe stato ben accolto qui. Lo so che era un tiranno e un despota, ma non è molto diverso dall’uomo che li governa ora. Tutto il loro sistema è basato sulla religione, sul loro credo. Il guaio, è che molti di loro non credono più ed errano alla ricerca di chissà cosa come le pecore smarrite sulle nostre colline. Anche le leggi sono tanto influenzate dalla religione. Hanno uno Stato nello Stato che si chiama Vaticano. Pare che possieda il quattro percento del mercato immobiliare nel mondo. Quello Stato è in mezzo all’Italia ed è la casa di Dio, ma non di tutti. Padre Alfonso è un loro ambasciatore. So che penserete sia strano che gli uomini di Dio possiedano tante case ma che tante persone dormono fuori, ma ecco madre, questo si chiama politica. So che mi direte di aver capito. Se anche così non fosse, non è un male madre. Voi conoscete le cose essenziali: sapete quali piante curano i mali, sapete cogliere il bello attraverso l’armonia che piantate attorno a voi. Spesso rammento le dolci melodie delle vostre canzoni che mi cantavate prima di addormentarmi. La quiete s’impossessava di chi vi ascoltava.

Sapete madre, succedono delle cose strane qui. Alcune cose sono belle, altre un po’ meno. Siamo un po’ confusi perché non è per niente facile piegare la propria volontà e far convivere i valori con cui siamo nati e cresciuti con le nuove filosofie della società che ci ospita, obliando in un qualche modo le nostre radici. Io credo che in fondo siamo tutti così simili.

Per esempio qui non si possono avere due mogli.

Ecco mentre lo scrivo, so che avrete un moto di orrore, ma non dovete. Forse penserete che mi sia perso per pensarla cosi, ma non vi allarmate. La vita qui mi ha cambiato e ora la donna ha acquisito un’immagine nuova per me. Ero così stupido, un automa congegnato dalla nostra società maschilista che mi ha accecato e reso zoppo. Madre, la donna è la creatura più bella che sia mai esistita. Sapete il rispetto che ho per voi. Non vi preoccupate, non sono diventato omosessuale, anche se non ci sarebbe niente di strano se lo fossi diventato. La donna è uguale a noi, a noi uomini, e vi dirò di più, è uguale a tutti nel mondo qualunque sia il suo colore. Non è il destino della donna nera di fare la badante, Madre. L’affermazione di prima la facevo per dimostrarvi quanto nelle differenze di costume siamo invece così uguali. Anche se non si possono avere due mogli, qui hanno inventato una figura nuova che si aggiunge a quella della moglie: l’amante. Hanno una moglie e delle amanti. Poi, ci sarebbero pure altre relazioni che chiamano avventure. Ma, Madre, non si tratta dell’avventura che pensi. Quella l’ho fatta io. Ecco perché vi dicevo che il mondo è paese e un po’ ho imparato a conoscerlo. Come sapete, da noi “l’amante” vive in casa e si chiama seconda moglie, o terza moglie, o quarta moglie. Ho una domanda da porvi madre. Credete davvero che non sia un male la condizione della donna da noi? Tutte queste donne costrette da secoli a sottostare all’uomo, eppure sono così belle e così consapevoli di esserlo. Sono coloro che fanno il primo sacrificio per l’umanità. Vi prego Madre, non confondete le mie parole con quelle di uno stolto. Chi viaggia non vede la sua barba invecchiare, ma vede irrobustire il suo spirito e la sua anima esposte all’unica realtà: non siamo soli.

Ma, andiamo avanti. Voglio raccontarvi ancora e di più cose. Ci sono dei giorni in cui sembra che tutte le macchine siano uscite dalle loro case formando una cappa di fumo su tutta la città. Non potete immaginare cosa sia una città. Ho cercato di accennarvelo prima, però non trovavo le parole. Credo che tutto il Burkina Faso potrebbe trovare un alloggio in una sola delle loro città. Dicono che Napoli sia piccola e che abbia circa un milione e mezzo di abitanti, ma reggetevi forte perché ora vi sorprenderò: più della metà di loro vive in una camera singola. Una camera tutta per loro, ed è cosi da quando sono bambini. Non sono tutti ricchi però, non tutti loro lo sono, o almeno non tutti loro sanno di esserlo.

Una cosa mi sorprese e mi amareggiò molto. Buttano la pizza o l’hamburger appena si raffredda, dicendo non è più buono. Madre, non ho mai visto così tanto cibo per strada. Qui, i gatti e i cani non sanno cacciare, perché quando li abbandonano, si mettono accanto ai grandissimi bidoni dell’immondizia, dove buttano ogni giorno abbastanza cibo da sfamare tutto il nostro villaggio con un solo contenitore. Loro dicono di essere poveri, si lamentano in continuazione, ma non fanno nulla. Non fanno neanche più figli. Ci sono così tanti vecchi. A volte vado per strada con la voglia di vedere una carrozzina, so che non ci crederete, ma tante volte sono tornato a casa senza averne vista una. Nella mancanza, vedo le coppie tutte intende a dimostrare il loro affetto attraverso una pratica strana che chiamano bacio. Si mettono la lingua nella lingua. Che impressione madre. Mi è venuto il vomito la prima volta che ho visto questa cosa, ma ci si abitua molto in fretta. Pare che le facciano anche roteare nelle loro bocche. Prima, pensavo che si passassero una medicina speciale di bocca in bocca, ma poi ho capito. Lo chiamano amore. Come se facessero una gara per dimostrare a tutti di volersi più bene degli altri.

Sono cresciuto madre. Molto. Ricordate ciò che mi diceste riguardo alle amicizie con certe etnie del nostro paese? Una volta vi portai una ragazza “Gourounsi” e mi diceste che non vi piaceva perché erano considerate infedeli. Ci ho pensato tantissimo mamma e volete sapere perché? Perché la ruota gira madre. Perché qui oggi, sono io il diverso. Sbagliamo anche noi madre, lo facciamo con i Peuhls che consideriamo ladri e furfanti, con i bobo che riteniamo “terroni”, e cosi via. Ero innamorato di quella ragazza Madre. Ora so che nonostante l’amore che ho per voi, non avrei dovuto dare ascolto alla vostra voce. Non è giusto.

Ora piove, spero anche da voi. Il periodo delle piogge dovrebbe essere questo, ma sembra che ciò che è sempre stato regolare e puntuale da sempre non lo sia più. Le stagioni delle piogge stanno cambiando. So delle alluvioni, anche se avete evitato di dirmelo. Qui, dicono che ci sono troppe fabbriche e macchine, che producono gas che disturbano gli equilibri del pianeta. Così, mentre l’Occidente produce, in fondo alle nostre savane noi moriamo.

La cosa strana Madre, è che loro ne sono consapevoli e lo dichiarano apertamente e allo stesso tempo non desiderano che veniamo qua. È incredibile, vero Madre? Dicono che siamo in troppi e che rischiamo di mettere a repentaglio i loro livelli di vita. Il problema per loro non è il cibo. Sapete Madre, la differenza più grande tra noi e i bianchi è che non concepiamo le cose nello stesso modo. Ho difficoltà a spiegarvelo. Immaginate una vita intera senza sapere cosa sia la fame. Qui, mangiano tre o quattro piatti due volte al giorno senza contare la colazione e forse anche la merenda. Hanno dieci pasti diversi al giorno, vi rendete conto? Primo, secondo, terzo, frutta, caffè… E si lamentano di essere grassi, obesi. Poi vanno in delle case di cura, dove ci sono macchine strane utilizzate per fare sport e pagano per dimagrire. Ecco, questa è una parte della loro civiltà madre. Hanno pochi controlli su ciò che mangiano e spendono per smaltire. E tutto questo, perché hanno, possiedono, ma sono convinti di non avere. Vivono in un controsenso madre, un controsenso che appartiene anche alla nostra civiltà. Madre, non credete che noi siamo il frutto di molteplici cose da non poterci definire semplicemente con un nome? Prima di essere del Burkina Faso, cosa siamo madre? Voi mi avete insegnato l’orgoglio e la rettitudine, ma credete siano universali? O era solo un modo per mettermi sulla strada dell’umanità? Qui è tutto diverso madre, spesso i sogni diventano incubi. Vedete, qui un uomo coraggioso può costruirsi una vita. Una vita difficile, ma una vita lo stesso. Vedete, qui, dovrebbero essere garantiti dei diritti per tutti, ma in fondo, io ho gli stessi diritti – o quasi – solo di chi guadagna quanto me, nero o bianco che sia. In loro, ho notato la superbia. Le loro menti spesso sono chiuse a tutto ciò che potrebbe intaccare il loro benessere. E molto spesso e a torto, riservano al resto dell’umanità solo compassione e pietà. Mandano milioni di euro a Haiti, ma molti di loro prendono le spranghe o i fucili per cacciarci come bestie e tengono a casa animali domestici che gli costano almeno cinquanta euro al mese.. Non è facile da capire nemmeno per me.

Voi siete una donna Madre e vi chiedo di dire a tutti a casa che quando tornerò non vorrei vedere più gli anziani che si alzano per cedermi il posto perché vengo dall’Europa, mi verrebbe da vomitare. Madre, lì da voi è la mia cultura e la mia tradizione, lì è il posto dove sono nato, lì c’è la terra che ho sentito nei miei primi giorni di vita, lì c’è il caldo, c’è la mia vita. Ho saputo da un amico che è appena tornato che si è sentito più straniero a casa sua che in nessun altro posto nel mondo. Mi ha detto che appena arrivato gli hanno chiesto quando sarebbe tornato in Italia, che gli anziani si sacrificavano per lui, che sembrava che tutti fossero ai suoi piedi. Io non vorrei questo madre, vorrei tornare a casa mia e camminare come un uomo e non come un immigrato. Vorrei finalmente passare inosservato, fondermi ed essere un tutt’uno con l’ambiente. Vi prego madre, lasciatemi avere l’impressione di essere ancora parte di voi, di vivere la cultura che mi avete insegnato, di essere un uomo in mezzo a voi.

Comunque, nulla è facile qui, proprio come lì. Qui, viviamo in condizioni peggiori di quando eravamo li, qui moriamo dei nostri sogni non realizzati facendo invece sognare voi. Madre, vorrei che parlaste con mio fratello, vorrei che gli spiegaste l’importanza di avere rispetto per tutti, a cominciare da quelli che sono diversi, vorrei che capisse determinate cose perché forse io comprendo solo ora. Madre, quanto vorrei che gli italiani fossero noi per un giorno solo. Ma, altrettanto, vorrei che voi foste loro. Vedete Madre, non so nemmeno più dove collocarmi. Vorrei ma non posso cambiare il mondo e soprattutto, non posso cambiare me stesso, ma solo cercare di essere e di vivere al meglio. Vivendo, conscio di esserlo, io sorrido, e loro s’interrogano sul motivo del mio sorriso. Molti mi credono scemo. Si chiedono cos’abbia da sorridere. Sanno delle mie condizioni, delle nostre condizioni, sanno che siamo diversi da loro a cominciare dalle loro leggi, e quindi, si chiedono come mai sorridiamo. Me lo avete insegnato voi madre. Il sorriso e la bontà non tolgono nulla, danno tanto e ci ritornano sempre. E un po’ come il cerchio magico delle storie che mi raccontavate quando ero piccolo: io sorrido a te, tu sorridi a me ed a un altro, e vedrai che alla fine ci sorrideremo tutti a vicenda. Madre, qui ti danno del pazzo se sorridi tutto il tempo. Ho degli amici bianchi che vorrei farvi conoscere. Delle brave persone, dei figli di Dio, se preferisci. Vorrei tornare giù con alcuni di loro e mostrare loro la nostra semplicità e la nostra cultura. Fare assaggiare loro la vita fuori dai loro cubi di cemento, farli alzare con il canto delle galline ed il dolce profumo della terra bagnata dalla rugiada, mangiare il mango e bere la nostra birra locale sotto gli alberi dei racconti. Non so se papà sarà d’accordo. Per lui, i responsabili delle disgrazie del nostro continente sono sempre stati i bianchi. Vi chiedo di parlargli e cercare di convincerlo che non tutti i bianchi sono uguali. So bene che suo padre è stato ucciso durante la seconda guerra mondiale e so quanto abbia patito la fame per tale perdita e che lo stato francese si è sempre rifiutato di risarcire. Loro, i bianchi dell’ambasciata dicevano che la pratica doveva essere seguita dallo Stato Francese, ma non tenevano in conto che un piccolo e povero paesano non avrebbe mai avuto la possibilità economica di recarsi lì, né tantomeno quella di seguire il lungo e complesso iter della pratica. Ricordo che Papà ci andò più e più volte a piedi tornando ancora più magro. Dunque, non ha mai avuto piacere che portassimo dei bianchi a casa. A oggi, non so se riderne o piangerne, sapete. Spero, comunque, che sarà d’accordo che io faccia ritorno con i miei nuovi amici.

La gioia più grande, madre, per me oggi, sarebbe vedere un cinese al potere in Burkina Faso, un senegalese seduto al Kremlino in Russia, un cingalese in Italia, un americano in Iran. Ma, ahimè madre, la mia mente corre, mentre i tempi invecchiano lenti.

Tutto è troppo diverso da quello che ho sempre creduto. Tante volte vorrei andarmene da qui, scappare, ma il coraggio mi manca. La forza e la determinazione che ho avuto all’inizio si sono infrante contro il muro di una cultura, di un popolo e di un paese che non è né più bello né più brutto del nostro.

Ho saputo che anche l’acqua calda utilizzata qui contribuisce a non far piovere da voi, allora mi sono lavato per due mesi con l’acqua fredda, ma ho solo rimediato un raffreddore e due giorni in ospedale. Siamo in tanti ma così pochi in fondo. Fin quando gli uomini prediligeranno il proprio spazio a discapito di ciò che succede intorno a loro, nel mondo, le cose andranno cosi.

Miliardi e miliardi usati per delle ricerche su come modificare il proprio corpo con una medicina alternativa che chiamano silicone. Tutti soldi spesi per correggere dei difetti e abbellire i loro corpi, cosa che non avrebbero mai fatto se la loro filosofia fosse stata un po’ diversa. Soli, sono vittime di complessi, mettendo al primo piano la bellezza; così pagano, spendono per eliminare difetti e insicurezze. Altrove, in un mondo perfetto, il complesso non esiste, e tutto ciò che è vivo è bello.

Ah Madre, vi prego non mandatemi più il burro di Karité e nemmeno altro. Il vostro ultimo pacco di cinque chili non è arrivato. Che senso ha spendere tutti i soldi che vi mando per mandarmi vestiti africani, oli, cibi ed altro? Vi ho detto mille volte che dovete usare quei soldi per tutti voi, io qui non ho nessun bisogno. I cibi che mi mandate non sono nemmeno fatti entrare sul territorio. Li bruciano in grandi bidoni, per eliminare gli odori diversi, potenziali portatori di malattie. Come vi spiegavo prima, questo è un altro effetto della globalizzazione. Per loro sembra che sia buona solo la pasta, il riso e il pomodoro. Dovreste, invece, sentire un loro formaggio chiamato gorgonzola. Sembra l’infezione provocata da un verme purulento. Ma, lo hanno inventato loro, e quindi, è diverso. Il nostro néré invece così buono e odoroso è anti igienico. Semplici semi lasciati fermentare.

Spero abbiate ricominciato i lavori come mi ero raccomandato. Dovete mettere delle basi di cemento per la nuova casa o sarà ugualmente distrutta dai temporali. Sono previste altre alluvioni ovunque nel mondo. Colpa del benessere, colpa del consumismo. Non pensate che mi droghi madre. Qui, l’erba dell’oblio la chiamano Marijuana ma non la fumo. Non si capisce dalle loro leggi se sia legale o meno. In tutti i casi, qui per drogarsi bisogna essere molto ricchi, avere una di quelle auto di lusso blu e anche l’autista cosicché non ti possono ritirare la patente. Mi chiedete se sono drogato? No madre. Era solo un paragone.

Ho saputo che hanno fatto un altro pozzo lì, vicino a casa nostra. Sapete, loro non capiscono che non è questo quello avete bisogno. Nemmeno io capivo. È vero madre, non vedevo, ma come potevo vedere in fondo? Sembra che il mondo sia un gigantesco centro ottico dove ogni uomo indossa degli occhiali diversi che ci fanno vedere le cose in funzione alla propria cultura, alla propria origine, al proprio colore e al proprio status sociale. Viaggiare vuol dire cambiare in continuazione e molto spesso anche gli occhiali. Quando vivevo con voi, non potevo immaginare quanto fosse importante il pozzo per voi donne del villaggio. Quanto fosse importante il tempo per raggiungerlo. Tempo che ritagliavate per voi e voi sole. Più era lontano, più tempo avreste avuto per voi. Voi donne. Splendide con i vostri otri sulla testa, in processione scorticate i problemi nel silenzio del tragitto e li risolvete con la forza e la grazia che vi caratterizza.

Vallo a spiegare a loro madre. I bianchi non sanno nemmeno come aiutarci, ma sono ansiosi di farlo e a volte lo fanno bene, altre distruggono i fragili equilibri che nemmeno vedono. Non so nemmeno se arrabbiarmi con loro, talmente sono maldestri nella loro voglia di aiutare. Ma, io non generalizzo, madre. Ci sono persone speciali qui, delle splendide eccezioni; do per scontato che lo capiate. Come vi dicevo, ogni mondo è paese e grazie a non so chi siamo tutti diversi.

A proposito dei bianchi non molto gentili, dobbiamo rimandare la partenza del cugino Abraham. I nuovi politici italiani hanno fatto nuove leggi abbastanza ostili per i migranti, tanto che molti di noi stanno pensando di lasciare il paese per chiedere asilo politico su al Nord. Con la crisi, noi immigrati paghiamo più di tutti. E in Italia, dove le riunioni dei capi assomigliano molto ai nostri consigli di guerra, dove ognuno vuol far vedere quanto sia bravo, soprattutto nell’arte oratoria, la situazione diventa ogni giorno sempre più critica. Addirittura, vogliono far cessare la voce dei giornali con una legge contro la libertà d’informazione. E un po’ come se volessero azzittire i nostri tamburi nelle nostre savane. Vogliono il silenzio su tutto ciò che fanno e che faranno, bene o cattivo che sia, senza che nessuno, anche il popolo elettore, possa avere la possibilità di sentenziare sul loro operato. È cosi confusa la situazione che tanti italiani pensano di andarsene come facciamo noi. Sono spaventati da una nuova parola di cui non conoscono neanche bene il significato: Il federalismo. Si tratta di una politica che vorrebbe frantumare l’Italia in tanti piccoli paesi, ognuno capitanato da un presidente. Non capite Madre? Nemmeno io, nemmeno loro. No madre, non critico i bianchi e il loro sistema. Sono solo scettico. So bene che non si sputa nel piatto dove si mangia, ma non sto tanto bene. Non capisco più molto. È tutto così confuso.

Madre, non è un capriccio, non mi dite che la pancia piena non deve dimenticarsi di quando era vuota perché lo so già. Ma, quando cercavo da mangiare, il mio stomaco pensava e viveva per me, oggi che ho da mangiare, cerco il rispetto per ciò che sono e ciò che ho compiuto. Mi accontento con la testa china andando avanti, e vi ripeto Madre, conscio di essere fortunato, ma con la fame alle spalle, la schiena più diritta e la rabbia in fondo al cuore. Ditemi voi Madre, perché soffro così tanto per la mancanza di un sorriso, per il calore di un abbraccio, per l’amore contenuto in un saluto. Ditemi voi Madre perché mi dicono che ho dei diritti e mi impediscono di godermeli? Lo sanno quello che succede da noi Madre? Sono consci di essere loro stessi i responsabili delle nostre partenze con le loro bugie ed esperimenti che modificano per sempre l’ecosistema contribuendo a togliere dai nostri piatti il poco che abbiamo? Vorrei dire loro tante cose Madre, insegnare loro i piccoli segreti della vita che conosco. Ma, un uomo sordo che vuol ascoltare legge sulle labbra, loro leggono il colore delle carte di credito per ascoltarti. Lo sapete che io amo l’Italia, lo sapete bene che è qui che volevo venire sin dall’inizio, nel paese da dove partì la prima strada diritta, il modello della civiltà moderna, la patria di Michelangelo.

Ho scoperto il potere dell’informazione madre. Non attraverso un corriere che porta le notizie correndo, ma attraverso un sistema fatto di televisione, radio, e altri strumenti tra cui il più usato (e che ho imparato a usare da poco) è Internet. La voce di internet arriva ovunque, tranne dove la fame è ancora un problema. Lo usano tutti ed hanno tutti delle risposte. Grazie a ciò, siamo tutti in grado di sapere cosa succede. E quindi, qui tutti sanno. Sanno bene di non essere soli, hanno tutti i mezzi per saperlo. Sanno anche quello che il loro benessere comporta in altre terre. Sanno della fame nel mondo, del debito pubblico, dell’ecosistema in crisi, ma agiscono come se non sapessero, si comportano come se fossero soli. È impossibile non sapére. Chi non sa non è interessato alla conoscenza e all’umanità. Sembrano tutti impazziti. Parlano cosi tanto di crisi in questo periodo, ma nessuno di loro dimagrisce al di fuori degli operai. Madre, gli operai sono le persone che lavorano nelle fabbriche, nei campi, nei negozi. Sono delle persone che per vivere hanno uno stipendio e quello per loro è tutto. Come me Madre. Chi paga per la crisi è chi non possiede niente. “Crisi”, Madre, vuol dire che il sistema di soldi che i bianchi hanno inventato non funziona. No Madre. Non ve lo posso spiegare, è complicato. Vi basti sapere che non funziona e sembra che si vergognino ad ammetterlo e persistono a non cambiare. Non cambiano anche perché in realtà crisi per loro vuol dire non potersi comprare l’ultimo I-phone. Cos’è l’I-phone? E un telefono. Anzi, un super mega telefono.

Purtroppo, per noi operai extracomunitari la crisi è ben altro. Non è la fame atroce che ti tiene sveglio tutta la notte a pregare insieme i tuoi Dei, quella che ti toglie la carne dal corpo e te la appende alle ossa. Qui la fame rappresenta molto di più, anche se non ci crederete. È una questione di civiltà che si sgretola giorno dopo giorno. Le nostre bocche puzzano perché rimangono per ore chiuse nel loro mutismo forzato. Abbiamo fame di orecchie madre, di orecchie attente che possono ascoltare le nostre voci quasi cancellate. Abbiamo bisogno di cibo per la mente, Madre.

Il nostro mondo non è magico Madre, non è perfetto, e purtroppo, non è fortunato chi vi nasce, ma a volte, il mondo dove vivo ora sembra il contrario del buon senso. Si vedono i bambini che insultano i genitori, gli adulti che piangono come bambini, ragazzini che si curano dei loro genitori e non il contrario, uomini che si distruggono con droghe sintetiche a tal punto che è certificato che l’aria che respiriamo in città sia intrisa di cocaina. Sono disperati, ma per delle ragioni diverse dalle vostre. No Madre, non disperati per la fame.

Hanno un ramo nel cuore dalla nascita. Sono fragili e preziosi come il cristallo. La disperazione non arriva dallo stomaco qui, ma dalla testa o dal cuore. C’è chi soffre per il suo fidanzato, qualcuno per la vita, qualcuno per la non-vita, qualcuno perché non capisce e qualcuno perché capisce troppo.

No Madre. Non sono pazzi. Hanno superato il punto di sazietà e ora sono smarriti. Non sanno più dove vanno. Dopo aver risolto il problema della fame, loro hanno risolto il problema del divertimento, poi, hanno pensato di farlo pagare, ora, non sanno più che fare. Forse si annoiano. Non saprei. Che tristezza salire sui loro pullman e sulle loro metropolitane. Non perché siano brutte, anzi; le riempiono d’immagini tutte colorate e belle. Ma, la gente si accompagna con delle cuffie o dei libri e nessuno guarda più nessuno. Un giorno, i telegiornali informano che hanno trovato un viaggiatore morto dalla mattina e che era rimasto nella metro fino all’ultima corsa la sera. E come se si fossero dimenticati della vita e si fossero rifugiati in un mondo sicuro dove però non vivono.

Sarete contenta di sapere che tornerò tra due mesi a casa. No, non vi porterò il profumo. Mi è bastato quello che vi ho fatto mandare e che avete usato per aromatizzare le vostre salse.

Ora devo scappare perché devo consegnare la lettera e tornare a casa. Sapete, non esco più molto. Hanno fatto dei turni di guardia che chiamano ronde per noi altri immigrati e sembra che i volontari di queste ronde siano abbastanza violenti. Invece al Sud, con gli ultimi eventi accaduti in Calabria, hanno letteralmente dato la caccia ai neri a colpi di fucile. È diventato complicato gestire il proprio tempo libero. Non abbiate paura per me Madre, il primo che mi tocca, lo faccio nero! Coma immaginate, madre, scherzo. Una cosa di cui oggi sono sicuro è che su un albero tutte le foglie nascono sorelle, crescono, ingialliscono e inevitabilmente finiscono per cadere, come gli uomini sulla terra.

Spero mi darete presto notizie di tutta la famiglia. Portate loro i miei saluti. Un abbraccio madre.

Vostro Ouango Kiswendsida Judicael