L’indennità d’accompagnamento và … all’Inferno

Da quando Tremonti ha deciso di combattere gli invalidi (vedi l’articolo “il ministro Tremonti e il miracolo dello zoppo) attribuendo agli stessi la responsabilità principale del deficit nazionale, la guerra ha trovato i suoi adepti e soldati che nel solco di una demagogia di fondo, di una equazione burocratica e immorale, per cui tutti gli invalidi sono falsi e tutti i malati possono camminare, si accingono a mandare l’invalido all’inferno .

 

Adiamo per ordine: “Ai soggetti nell’’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore o, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, abbisognano di un’assistenza continua, è concessa un’indennità di accompagnamento”. In queste poche righe la legge statuisce che chi ha bisogno di un accompagnatore o di un’assistenza quotidiana ha diritto a vedersi riconosciuta un’indennità mensile pari a circa €.470,00.

Letta così sembra facile ottenere tale beneficio in realtà un apparato burocratico elefantiaco richiede ulteriori requisiti:

  1. Un invalidità civile al 100% per cento, se hai 99% per cento non ti tocca.
  2. Preferibilmente uno stato di disoccupazione, unito al non possesso della patente di guida, nel caso dell’assistenza continua.
  3. Visite mediche d’accertamento, patronati, cause e periti a piacere.

A questo quadro, già complesso, Tremonti e la sua maggioranza tentava di porre rimedio non appiattendo i passaggi burocratici ma mortificando tutti gli invalidi, Infatti un emendamento, poi ritirato, disponeva “  ai cittadini nei cui confronti sia stata accertata una inabilità totale per affezioni fisiche o psichiche e che si trovino nella impossibilità permanente di deambulare senza l’aiuto di un accompagnatore, o, non essendo in grado di compiere il complesso degli atti elementari della vita, abbisognano di una assistenza continuativa”.

Dietro un testo apparentemente innocuo si celavano dei risvolti di notevole rilevanza e ricadute significative in termini di successiva concessione dell’indennità di accompagnamento.

Molti hanno pensato che dopo il ritiro dell’anzidetto emendamento la guerra santa contro gli invalidi avesse trovato fine. Sbagliavano: è di oggi una comunicazione dell’Inps, la n° 20, intitolata  ““Linee Guida operative in invalidità civile””  che con l’apporto e contributo del Coordinamento Medico Legale, forniscono anche indicazioni relative ai requisiti sanitari per la concessione dell’indennità di accompagnamento.

Non ci crederete ma quello che non si è raggiunto con l’emendamento lo si raggiungerà con queste linee guida. Basti pensare che oggi tutte le visite mediche devono essere fatte dall’Inps e che allo stesso Ente la Finanziaria ha dato il compito verificare anche la concessione delle indennità pregresse.

A tal proposito se non vi è già arrivata la Raccomandata A.R. dell’Inps, richiedente a invalidi da oltre trent’anni di ripresentare le vecchie attestazioni mediche che vi hanno permesso di avere riconosciuto il vostro diritto, abbiate fede…per andare all’inferno c’è sempre tempo.

 

Vediamo, quindi,  quali sono i problemi che da oggi si possono verificare nell’abito delle due ipotesi della deambulazione e degli atti quotidiani, con un occhio all’emendamento ritirato e alle nuove Linee Guida dell’INPS.

 

DEAMBULAZIONE

La prima condizione è chiara: l’indennità viene concessa nel caso di grave impedimento alla deambulazione, tanto grave da non potersi muovere senza l’aiuto di un accompagnatore.

L’emendamento spostava il termine “permanente”, precisando che l’impossibilità a deambulare deve essere permanente. Non è un aspetto marginale e lo spiegava bene la stessa relazione all’emendamento.

Si prevede che il deficit della deambulazione debba essere permanente ed assoluto, tale da rendere siffatta funzione del tutto impossibile senza l’aiuto di un accompagnatore. Ai fini della costituzione dei requisiti medico-legali per il beneficio in parola non rilevano, perciò, deficit della deambulazione compensabili, anche parzialmente, con ausili quali mezzi di appoggio, protesi o ortosi”.

Concretamente questo avrebbe comportato che chi deambula lentissimamente e con enorme fatica con l’aiuto di un tripode, di due stampelle o di altri ausili, non avrebbe più ottenuto l’indennità di accompagnamento.

Vediamo innanzitutto come INPS – nelle Linee Guida – “rilegge” la formulazione legislativa relativa alla “impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore”.

Recita l’INPS: “È opportuno sottolineare alcuni requisiti di legge quali l’impossibilità a deambulare, non la semplice difficoltà, il carattere di permanenza dell’aiuto dell’accompagnatore, non di saltuarietà. Va da sé che presidi ortopedici e protesici che rendano il soggetto autonomo nella deambulazione escludono il diritto all’indennità. Il requisito della permanenza implica la sussistenza di menomazioni anatomo-funzionali irreversibili e immodificabili da qualsiasi presidio”.

Anche in questo caso se una persona riesce a muovere pochi passi, oppure utilizza tutori che consentano di deambulare lentissimamente è escluso dalla concessione di indennità di accompagnamento.

Inoltre l’interpretazione – avendo oltremodo forzato l’accento sulla presenza dell’accompagnatore – potrebbe escludere anche coloro che, pur usando una sedia a ruote, si spostano senza l’aiuto di terzi.

ATTI QUOTIDIANI DELLA VITA

L’altra condizione, alternativa, per ottenere l’indennità di accompagnamento prende in considerazione la necessità di assistenza continua  quando una persona non è in grado di compiere gli atti quotidiani della vita.

Ma cosa sono gli atti quotidiani della vita? Per capirlo bisogna rifarsi alla letteratura scientifica internazionale e italiana che sulla rilevazione, misurazione e valutazione dell’autonomia personale ha sviluppato una notevole e consolidata produzione. Pertanto si deve distinguere fra atti elementari e atti strumentali della vita quotidiana.

Sono atti elementari: fare il bagno (ricevere assistenza nel lavare non più di una parte del corpo); vestirsi (escluso l’allacciarsi le scarpe); uso del gabinetto (recarvisi con ausili, pulirsi e rivestirsi da solo); mobilità (alzarsi e sedersi sulla sedia senza appoggiarsi, usare il bastone); continenza (controllo completo di feci ed urine); alimentazione (escluso il tagliare la carne).

L’emendamento proposto dal Governo prevedeva che, per ottenere l’indennità di accompagnamento, la persona non dovesse essere in grado di compiere il complesso degli atti elementari della vita.

I risvolti, pertanto, sono due: in primo luogo il riferimento è al complesso degli atti e non solo ad uno o due di essi. È chiaro che la necessità di assistenza per tutti gli atti elementari si configura solo in casi gravissimi.

Inoltre, con la nuova definizione non si riteneva rilevante la necessità di assistenza continua nel caso di impossibilità allo svolgimento degli atti strumentali della quotidianità.

Sono atti strumentali della vita quotidiana la capacità di usare il telefono, di fare acquisti e gestire il denaro, di preparare il cibo, di governare la casa, di cambiare la biancheria, di usare i mezzi di trasporto, di essere responsabili nell’uso dei farmaci, di essere capaci di maneggiare il denaro.

Nella definizione proposta dall’emendamento, diversamente da quella precedente, non li si teneva minimamente in considerazione. Come non si consideravano tutti gli aspetti relazionali derivanti da malattia mentale o da demenza senile.

I nuovi criteri, quindi, avrebbero escluso dalla concessione dell’indennità di accompagnamento moltissime persone, non solo anziane, con disabilità intellettiva o di relazione il cui grado di autonomia personale è estremamente ridotto, pur essendo conservata la capacità nello svolgimento degli atti elementari.

Ancor più, l’INPS, nelle sue Linee Guida, sembra riprendere la logica dell’emendamento (non approvato dal Parlamento) relativa agli atti quotidiani della vita.

Per quel che concerne gli atti quotidiani della vita, constatando la genericità dell’espressione e in accordo con la prevalente dottrina medico legale, essi vanno intesi come quel complesso di attività che assicurano un livello basale di autonomia personale in un ambito per lo più intradomiciliare. Il prendere in considerazione le attività extradomiciliari, in ambienti complessi come le moderne metropoli, porterebbe, infatti, ad una valutazione talmente estensiva da superare l’ambito medico legale”.

Quindi, secondo INPS, gli atti quotidiani – da valutare ai fini dell’indennità di accompagnamento – sono quelli elementari (vestirsi, lavarsi, controllo degli sfinteri…) e, per di più, limitati alla propria abitazione.

Le attività extradomiciliari (ad esempio: saper orientarsi, saper prendere un mezzo pubblico, saper chiedere aiuto o un’informazione) non hanno rilevanza ai fini valutativi.

Prosegue INPS: “Si ricorda che il dettato legislativo prevede la necessita di una assistenza continuativa da parte di terzi per il concretizzarsi del requisito medico legale; si intende che la dizione “continuativa” rimanda ad una assistenza che si esplica nell’arco della intera giornata e non solo in saltuari momenti”.

Nella sostanza INPS riprende la logica della modifica legislativa presente nell’emendamento (non approvato)  che introduceva il “complesso” degli atti quotidiani come nuovo criterio di discrimine.

All’atto pratico – e con tutti i limiti dell’esemplificazione – con queste nuove indicazioni è pressoché impossibile che una persona con sindrome di Down possa ottenere l’indennità di accompagnamento.

A conferma di questa logica, l’INPS pone un freno e dei “paletti” all’uso delle scale di valutazione dell’autonomia degli atti quotidiani di vita, largamente consolidati, usati e oggetto di letteratura scientifica negli ultimi trent’anni.

Non potendone disconoscere la fondatezza, ne limita il ricorso.

Utile punto di riferimento sono le scale ADL (specialmente nell’indicare le funzioni basali da prendere in considerazione: lavarsi, vestirsi, spostarsi, continenza sfinteriale e autonomia in toilette, alimentazione ) e IADL (enfatizzando le funzioni più elementari quali l’assunzione dei farmaci e la preparazione dei pasti) rifuggendo però da schematismi”.

Senza entrare in tecnicismi, l’INPS consiglia di limitarsi alle scale che valutano solo le attività “basali”, cioè elementari (e solo in casa come abbiamo visto sopra). E anche quando si riferisce alle IADL, invita ad enfatizzare la sola parte relativa all’assunzione dei farmaci.

Pertanto una persona con disabilità intellettiva, assolutamente incapace di uscire autonomamente da casa propria, di prendere un autobus, di comprarsi un panino, potrebbe ottenere comunque un punteggio di alta autonomia negli atti quotidiani elementari se si veste, si lava e mangia da solo e se controlla gli sfinteri. Nella linea interpretativa dell’INPS, sarebbe escluso dalla concessione dell’indennità di accompagnamento.

Mi sia accordato, a nome di tutti coloro che dovranno combattere per far valere i loro diritti,  mandare all’Inferno il Ministro, il  Direttore Generale dell’Inps, il  Coordinamento Medico Legale e la loro indennità d’accompagnamento.

Avv. Pietro Giunta