MADRI: ANGELI SENZA ALI

Immaginate di vivere in una casa invasa da libri, foto, ricordi dove tutto racconta il desiderio di “un’invincibile estate nel bel mezzo dell’inverno”. 

Un bellissimo, promettente sole mattutino filtra attraverso i vetri e vi far venir voglia di spalancare le finestre per farlo entrare e salutarlo. I suoi raggi smascherano ogni segreto.

Vi date un’occhiata intorno,e, all’improvviso vedete tutto ciò che vi circonda . Come fosse la prima volta, accorgendovi di particolari che l’abitudine vi aveva reso invisibili.

Ed allora che vi sentite salire, un desiderio irrefrenabile di pulizia.

Non resta che rimboccarsi le maniche. Dovete andare da cima a fondo. Solo gli oggetti, i ricordi, gli amori e le persone veramente utili si salveranno.

Immagino cosi il giorno in cui Antonia, (ricercatrice in pedagogia e professoressa universitaria) scopre che Serena è affetta da autismo.

Pianti, preghiere, mutismi fino alla “redenzione”, alla cura della ferita per poi riprendere la salita .  

Lei è viva, pensa, si interroga e, solo se si fida ti rende partecipe. Lei ha capito che nel mondo non ci si può fidare di tutti. Bisogna saper scegliere, decifrare. E’ cosi che vedo Serena. Lei scruta la sua mamma, la ama e la ringrazia a modo suo.

Questa mamma coraggio che studia, pensa, progetta, e lo fa solo per lei; per quell’essere cosi fragile che rappresenta la speranza che un domani ci sia la “redenzione” per tutte le madri che pensano di vivere un dramma,ma è proprio da quello che scaturisce l’essere più forti, capaci di diventare come quell’onda che anche     dopo aver sbattuto tante volte contro il mare trova sempre il coraggio di affrontarlo.    

-“Madri”- ho letto il tuo libro tutto d’un fiato e mi ha emozionato, lo rivivi con noi?

Grazie per averlo definito “libro”…in realtà è un testo piccolo piccolo. Sono poche pagine, ma ancora oggi ci metto un sacco quando vado a leggerle. Ogni riga è uno stravolgimento. Mi ricorda chi sono, chi ero, chi voglio essere. Non è, come può sembrare, la storia di me madre. E’ la storia di me figlia: di me che non sapevo essere felice. Perché – sembra una banalità eppure – ad essere felici si impara, credimi. E se nessuno te lo insegna, diventi adulta e… non sai neppure scoppiare a ridere. Non sai essere contenta anche sotto la pioggia, non sai dire grazie, non sai benedire. Ecco, è tutto qua il senso del libro: partorire se stessi, al cospetto del dolore. “Il parto del sé”, sai, è il titolo bellissimo di una scultura mozzafiato di una mia grande amica, Mariangela Ruccia: credo che tutto il dolore che ci travolge serva proprio a questo. Nascere una seconda volta non “nonostante” ma proprio “attraverso” quel travaglio che, in vari modi, vivendo ci sorprende.

-Il dolore- o lo si affronta o ti debilita.  Tu come lo affronti giornalmente?

Una volta facevo come quella canzone di Battisti : “non sento niente, no, nessun dolore”, ricordi? Cercavo di resistere, di restare inscalfita, inscalfibile.

Ma restargli indifferenti non è che…. un tenero quanto pericoloso delirio di onnipotenza.

Adesso…lo accolgo. Piango (che fa molto bene alla salute, è dimostrato scientificamente) e poi ricomincio a vivere. Alzo la testa, guardo tutto il bello che, inscalfito, resta tale anche quando io sono nella disperazione. E ricomincio a muovermi.  Perché il dolore ha questa caratteristica: atterrisce. Ti immobilizza, ti bracca. Lo sorprendi se ti muovi: lo scuoti. Ti scuoti.

Allora va bene così: fermarsi, prendere il colpo. Curare la ferita. E poi riprendere la salita.

-Narraci la “redenzione”. Cosa significa per te?

Significa non scappare. Non fare finta di niente. Significa  accettare di morire. E poi ricominciare. Il dolore è uno stato transitorio, se lo fai parlare. Se resta muto ed eterno, ha vinto lui. Ed io non posso permettere che quel che mi accade decida per me. L’ultima parola è sempre la vita. Anche in un giorno terribile. Non posso consentirmi di morire… mentre sono ancora viva.

-Raccontaci la vita di una bambina autistica. Come vive giornalmente?

. Nessun terreno sotto i piedi. Non ti posso descrivere quanto è grande il dolore, quanto è dura la fatica, come sia straziante vedere gli altri bambini imparare a parlare, vedere tua figlia che non riesce a leggere e scrivere, accettare la devastante impotenza di non riuscire a capire cosa ti voglia dire, il tormento di non poterla proteggere quando non ci sarai più. Da perderci il sonno. E pure il senno.

E poi tutte quelle carte: una schiacciante burocrazia, e poi l’incapacità dello Stato di esserci davvero. E poi tante persone stupide che la malattia di un figlio ti svela e ti rivela.

Ma se tu incontri lei…. Lei tutte queste cose non le sa. Lei è incredibilmente… felice. Perché io solo questo ho saputo fare: ho saputo solo, ogni giorno, darle l’unica cosa che sentivo e sento conta più di ogni altra al mondo: la fierezza di esserci.  Allora ogni giorno per noi è una festa, ogni giorno per me è una gioia essere sua madre e che lei ci sia. Non con le parole ma stringendola forte e imparando a ridere con lei, ogni giorno io le dico che sono fiera, pazzamente fiera e fortunata, d’essere la sua mamma.

Vivere con Serena, vivere con una persona autistica è… una grande scuola di felicità.

E’ proprio come cantava Lucio Dalla:

“Ecco il mistero: sotto un cielo di ferro e di gesso l’uomo riesce ad amare lo stesso. E ama davvero, nessuna certezza. Che commozione, che tenerezza.”

-In un’intervista affermi: “il modo in cui racconti la vita è il modo stesso con cui la vita si presenta  a noi” Descrivi la tua vita in tre parole.

Wow, grazie, davvero una bellissima domanda!!! Allora scelgo le tre che Winnicott indicò come i tre universali della sanità psichica. Per me sono via, aspirazione, passione :

GIOCO, CREATIVITA’, SPERANZA.

E’ grazie a loro che siamo vive e felici di esserlo, nonostante il nostro dolore quotidiano. L’autismo no, non ha vinto. E se vieni a trovarci a casa… verificherai che da noi tutto – un mare sconfinato di libri, una montagna di fotografie in giro per le pareti, colori e illustrazioni ad ogni angolo –  tutto racconta del desiderio di una “invincibile estate”. 

E “nel bel mezzo dell’inverno”!  

(come diceva CamusJ).

Ringrazio Antonia per la bellissima intervista. Con l’augurio di visitare  presto la sua “felice” dimora.