Il Festival della comunicazione sociale di Marano di Napoli non è solo un festival, cioè una kermesse di spot, cortometraggi, documentari, nazionali ed internazionali
. È molto di più: è uno spazio di condivisione, di rigenerazione civica, di cultura umanissima, di elaborazione di modelli di educazione alla cittadinanza; è un luogo informale di sperimentazione di un modello di comunità che educa all’impegno con la gioia del confronto, del ritrovarsi per continuare a costruire insieme. È un’occasione d’incontro intergenerazionale: bambine, bambini e persone adulte prendono la parola sui temi dei film in concorso, nell’auditorium dell’ Istituto ”Socrate” e nelle commissioni di lavoro, sotto la presidenza di Antonia, una bambina di dieci anni che stupisce per la sua capacità di guardare il mondo con saggezza e ironia tutte partenopee.
Al Festival di Marano si racconta la disumanizzazione di un mondo al cui risanamento tutti e tutte siamo chiamati, con l’impegno della conoscenza e del fare consapevole e comune.
Come ogni anno, i temi dei video, italiani ed internazionali, danno il polso di una grande malattia globale , ma anche della speranza di fare diversamente e prendere la parola: denunciano la violenza sulle donne, l’arroganza distruttiva della guerra, la prepotenza delle tecnologie e l’ottusità dell’inciviltà del progresso che dimentica la cura della natura; scoperchiano le dinamiche del bullismo e l’acuirsi delle differenze tra gli esseri umani; rivendicano il valore della solidarietà e della compassione, al servizio di chi è più fragile, più sfortunato.
I momenti di commozione sono tanti: innanzitutto il nuovo premio istituito in ricordo di uno degli amici storici del Festival, Enrico Trucco, uomo di scuola e regista di indimenticabili spot sociali; la performance delle Mamme del Festival, quest’anno nei panni di straordinarie baccanti furiose e umanissime; l’invito di Armando Rossitto, “decano del festival”, a fare ognuno la propria parte in aiuto a chi insegue una vita più dignitosa attraversando il mare sui barconi.
Quando ritorni dall’esperienza delle cinque giornate del Festival, portando vivo il ricordo delle persone incontrate, di tante storie, film, passeggiate, spettacoli, parole, racconti, anche delle generose tavole imbandite dalla Mamme del Festival, senti un duplice desiderio: ritornare lì ancora e che quante più persone, giovani ed adulte, possano vivere quest’esperienza di umanità e cultura altissime, capace di innescare dinamiche di vero cambiamento, risalite, di aprire prospettive altre e alte in un mondo che persiste nella disumanità della violazione dei diritti e sembra chiudersi nell’ottusità degli egoismi, delle paure, dell’ignoranza.
Quest’anno, la straordinaria idea e l’impegno di Rosario D’Uonno di far vivere a giovani provenienti da tutt’Italia e ai loro insegnanti cinque giornate di impegno e di cultura civica in una terra segnata dalla camorra, ma ricca di fervore, di energie giovani e straordinariamente vivaci, con un grande centro che è la scuola, hanno portato il Festival al suo ventunesimo compleanno. Ventuno anni in cui l’esperienza è cresciuta e si è consolidata. “Da qui, dice Armando Rossitto, si torna a casa persone migliori”.
Pina Arena