La politica per Maria Carmela Lanzetta non è più il veicolo del cambiamento e per questo la su strada ha preso un’altra direzione. Infatti, dal giorno delle sue dimissioni non si è ritirata a vita privata, ma ha cominciato un’attività culturale all’interno dei luoghi di sapere . Gli ingredienti per continuare la sua lotta che lei definisce “visionaria” è il risultato di una grande passione per la res pubblica e la passione per i principi più sani della democrazia. Poche parole prima dell’intervista , all’interno del corso di laurea”Donne politica e istituzioni”, coordinato dalla professoressa Maria Antonella Cocchiara ci fanno comprendere che l’ex sindaco di Monasterace si è sentita abbandonata dalle istituzioni e da quello Stato che dovrebbe garantire a tutti, compresa la Calabria, la capacità di autodeterminarsi. L’intervista poi al carrettinodelleidee.com è stato anche un modo per fare il punto della situazione su questi mesi.
Quando i giornalisti nazionali vengono in Calabria raccontano una realtà piena di stereotipi e inesattezze. Come ha vissuto l’ultima polemica sorta dopo il servizio del Tg 1. Non crede che questo tipo di informazione svilisca lavoro di persone come lei?
Per fortuna non ho visto il servizio e non tutti i giornalisti fanno questo tipo di informazione. La nostra realtà è piuttosto frammentata e viviamo una dimensione chiaroscura e quindi ogni qualvolta si parla di informazione per quanto riguarda la Calabria bisogna vestirsi di umiltà per cercare di tentare di capire quali sono le differenze e quelli che sono i chiaroscuri. La terra calabrese presenta notevoli difficoltà ma è chiaro pure che moltissime di noi fanno sacrifici incredibili e vogliono essere conosciute per quelle che sono. Noi abbiamo sempre detto, e rimarco questo “noi” di sentirci non cittadini calabresi ma cittadini italiani, ma per quanto mi riguarda io sarei potuta essere originaria di Messina, di Macerata, di Aosta e non sarebbe cambiato nulla nell’approccio verso la realtà delle cose e soprattutto sul piano dell’azione amministrativa politica. Noi donne siamo difficilmente avvicinabili e dobbiamo far capire che il nostro è uno sforzo immane in una realtà che spesso tende a isolare chi non è nella norma, chi magari cerca di fare un salto di qualità, chi ha dei sogni nel cassetto. Chi è “un visionario”. Molti dei miei pensieri in questo momento vanno ad Angelo Vassallo:dovremmo riconoscerci umilmente in quello che lui è stato in quello che lui ha fatto per la sua terra. Qual è il nostro desiderio? Amministrare bene e uscire dall’isolamento e collegarsi al resto d’Italia e al resto del mondo e naturalmente mettere in campo quelle che sono le nostre forze, e non solo quelle del sindaco e dell’amministrazione comunale. Accanto al sindaco ci sono le scuole, i cittadini, i lavoratori, la chiesa e ci sono le associazioni. Tutti insieme possiamo unirci per uscire da quel sottosviluppo che in effetti ci perseguita. Il sottosviluppo è dovuto soltanto alla mancanza di lavoro . Noi questo chiediamo: vivere del nostro lavoro affinché ognuno possa essere artefice del proprio destino. Per quanto riguarda la mia esperienza di primo cittadino non mi sento niente di più e niente di meno dei sindaci di tutta Italia. Noi abbiamo tentato di raggiungere il bene comune lavorando fortemente e i lavori sono deficitari perché partiamo da condizioni molto sfavorevoli soprattutto dal punto di vista economico e da una difficoltà amministrativa ostica sia per un uomo che per una donna.
Le sue dimissioni hanno creato scalpore. Ha ricevuto solidarietà dal governo nazionale?
Ho ricevuto solidarietà dal governo nazionale ora che ho presentato le dimissioni. A luglio io mi sono dimessa per una questione molto particolare per un voto da parte di un assessore di maggioranza su cui io riponevo molte speranze : un voto negativo in una costituzione di parte civile e quindi ho pensato che se viene a mancare l’unità di intenti di tutta la giunta e comprendere l’importanza di questi segnali, perché questo avrebbe rappresentato un segno. Noi ovviamente non determiniamo il processo però è un’occasione per dimostrare che il comune si sente offeso non dal giornalista che ci dice che ci sono le carte per terra ma si sente offeso da chi compie azioni che io giudico negative e eversive. Non avere inteso la necessità dell’unanimità in questo contesto per me è un vulnus gravissimo e quindi per questo ho previsto presentare le dimissioni. Finché ho potuto ho cercato di amministrare con coerenza. Il mio senso di responsabilità mi ha indicato questa strada.
Quando parliamo della Calabria parliamo di riflesso anche della Sicilia. Qual è la direzione che dobbiamo prendere?
Noi viviamo in Calabria. Noi viviamo In Sicilia ed è da noi che deve partire la ricerca assoluta e la scelta della buona amministrazione perché altrimenti si parte con la storia di esportare la democrazia all’estero. Io non voglio che venga nessuno a dirmi come si fa ad amministrare bene e la cosa di cui veramente mi lamento è che non ho avuto la possibilità di accedere alla richiesta di figure professionali, che chiedevo da qualche anno per poter importare nel mio comune quelle buone pratiche amministrative che avrebbero potuto essere quasi ad esempio ad altre realtà come la mia. Questa è davvero una grave defiance perché non cercavo soldi, non cercavo favori personali. Cercavo solo una struttura di cui pregiarsi per mandare avanti alcuni lavori che devono essere portati avanti da figure specializzate.