Si è svolta lo scorso 1 agosto, nella suggestiva cornice del Castello di Milazzo, la presentazione dell’ultimo romanzo di Massimo Onofri. Edito da Giunti, “Passaggio in Sicilia” è stato raccontato dalla critica letteraria Mariella Bellinvia e dall’assessore Salvatore Presti.
Grazie anche a una particolare scenografia curata nei dettagli, il resoconto di Mariella Bellinvia, sul percorso artistico e professionale dello scrittore Massimo Onofri, ha permesso al gruppo dei partecipanti – composto da circa cinquanta persone – di ricordare i punti salienti della storia della città di Milazzo. Ma non solo. Bellinvia, infatti, ha ricordato come la Sicilia sia sempre stata la culla della storia della letteratura e della scrittura, oltre che dell’arte in genere. Basterebbe pensare a Federico II di Svevia, che aveva definito la terra siciliana “un luogo di delizie”. La stessa Milazzo viene racccontata nella letteratura mitologica come la terra prescelta dal dio sole per far pascolare i propri armenti. Tra i vari miti, viene ricordato quello di Polifemo, la cui grotta si affaccia sul bellissimo Tono di Milazzo. E ancora l’approdo del ramingo Ulisse, senza dimenticare di menzionare l’arrivo di musicisti, artisti, menestrelli, ma anche comandanti che hanno prima occupato e poi spesso calpestato la terra di Sicilia.
Dopo numerose citazioni di scrittori e personalità famose (Goethe, Pascoli, Maupassant, Sciascia, De Amicis, Omero, Engels e molti altri) che non hanno annoiato, semmai incantanto il pubblico presente, Mariella Bellinvia si è soffermata brevemente sulla biografia dell’Autore. Nato a Viterbo, Massimo Onofri insegna in Sardegna letteratura italiana all’Università di Sassari. Oltre alla professione di docente, ha collaborato e collabora con numerose riviste e case editrici. All’attivo numerosissime pubblicazioni, tra le quali si è deciso di parlare di “Passaggio in Sardegna” e di “Passaggio in Sicilia“, legati strettamente da un filo conduttore che non è solo l’aspetto biografico del loro Autore, ma anche lo stile e la forma diaristica del viaggio. Non è sfuggita a Mariella Bellinvia l’occasione per fare riferimento alla considerazione che fa Onofri della critica letteraria, che viene ritenuta critica della vita prima ancora di esserlo della letteratura.
Con “Passaggio in Sardegna“, anch’esso edito da Giunti, l’autore scrive di sé, del suo lungo viaggio che parte da Porto Torres e attraversa la Sardegna, tra i suoi segreti e i suoi clamori. Un viaggio che viene definito una “resa dei conti”, un bilancio tra generazioni, un atto d’amore per una terra che non solo lo accoglie come professionista, ma anche come fosse un nativo (perché così lui si sente).
“Passaggio in Sardegna“, dato alla stampa lo scorso anno, non è rimasto fratello unico, tanto che quest’anno Massimo Onofri ha deciso di omaggiare la Sicilia, con “Passaggio in Sicilia“. Anche in questo nuovo volume, le atmosfere che si respirano sono tipiche del condensato culturale che ha attraversato e abitato le due isole, tracciandone il cambiamento, il passaggio di letterati, di personalità di spicco, di scrittori che non possono essere dimenticati.
Massimo Onofri si definisce, e viene definito, un “etrusco estinto“, affatto viterbese nonostante sia nato nel Lazio. Anzi, chiede espressamente di essere considerato “un isolano un po’ sardo e un po’ siciliano”. Ma si presenta anche come uno stilnovista patologico che ha deciso di non arrendersi all’abbruttimento dell’esistenza, che ha deciso di non cadere nelle maglie dell’annichilimento, ma di sperimentare la gioia e la bontà di vivere. Con forza, dai suoi libri traspare come l’unica arma per vincerlo questo annichilimento sia proprio la narrazione, la scrittura, i libri che dedica – quasi come fossero testamentari della leggerezza del vivere – all’amatissima figlia sedicenne, che ritorna spesso nei suoi resoconti.
Massimo Onofri racconta una Sardegna e una Sicilia fuori dai percorsi obbligati, con un tono e uno stile qualche volta irriverente, ma soprattutto nostalgico, malinconico, profondamente innamorato di due terre che profumano come profuma la vita. La sua scrittura, definita da Mariella Bellinvia una “sfarzosa prosodia con fraseggi barocchi”, risente fortemente delle stratificazioni culturali dei personaggi illustri che hanno attraversato le due isole. Le ha attraversate anche lui, restituendo ai suoi lettori due opere che definisce “magmatiche, quasi due nuove frontiere della narrazione”.
Uno scrittore sedotto dal mistero del profumo e che non intende arrendersi a quello che viene definito un “volgare municipalismo”, ma offre la sua scrittura a una lingua ricercata e aulica. Precisato da Mariella Bellinvia e poi ribadito in una sorta di dichiarazione d’amore verso la letteratura, Onofri conferma che leggere vuol dire mettersi in discussione, perché il semplice “piacere” rischia di annoiare.
In “Passaggio in Sicilia” si racchiude la capacità dell’autore di esplorare nel profondo gli anfratti geografici e culturali della stessa Sicilia, come se non dovesse darne un resoconto, ma regalarne un affresco sulla popolazione nel suo commovente vivere e abitare l’isola. Di certo, però, lo sguardo di Onofri non è di un romanticismo cieco, ma comunque disincantanto perché osserva i luoghi così come essi si presentano, lontani da percorsi obbligati, ma necessari per raggiungere sé. Si tratta di un libro saturo di annotazioni sugli aspetti più disparati delle città che visita: Catania, Palermo, Comiso, Enna, Siracusa, Marsala, Caltanissetta, Agrigento, Messina, Milazzo, le stesse Isole Eolie… Una guida romantica e sincera su una terra nella quale le radici culturali sono così profonde, che risalirne non è impresa facile.
E sono proprio questi percorsi – misti alla cucina, alle strade, ai bizzarri personaggi, alle situazioni vissute – che vengono letteralmente accompagnati dalla letteratura di scrittori che oggi non ci sono più o, se ancora sono in vita, rappresentano la vera narrazione.
La lunga, ma certamente interessante, nota introduttiva di Mariella Bellinvia fa da apripista a un breve intervento dell’assessore Salvatore Presti che racconta quanto sia difficile fare cultura oggi, dei suoi ricordi di Franco Maresco, della necessità di resistere anche quando vi sono autori che vengono dimenticati “come quelle arance che non vengono raccolte”.
Subito dopo tocca proprio all’atteso intervento di Massimo Onofri, la cui prolusione è chiara e fa da spalla al resto del suo discorso: “il problema della cultura non è la cultura stessa, ma la sua cialtroneria“. E da qui, lo scrittore e professione universitario non risparmia nessuno. Per lui, il problema culturale è rappresentato da personaggi come Fabio Fazio, che – a suo dire – sono “il male della cultura, il conformista, il buonista prêt-à-porter”.
Ma Massimo Onofri ne ha anche per Sanguinetti, definendo la sua lingua “incomprensibile, perché lui è un rivoluzionario intellettura che produce lingue incomprensibili”. Il professore universitario lancia stilettate anche nei confronti di Vecchioni, ritenuto “interessante” in alcune canzoni, ma “che farebbe bene a tacere, perché i suoi romanzi sono la sagra del politicamente corretto”. Non dimentica di citare Veltroni e “i suoi romanzi inapprezzabili”. E non solo perché questi personaggi, unitamente a un suo vecchio direttore, “fanno parte di Lotta Continua”, definito “un movimento del malcostume della politica italiana al quale partecipa anche Erri De Luca” che, sempre per l’autore di “Passaggio in Sicilia”, è uno scrittore “inquietante, ricco di un lirismo guasto, da quattro soldi, i cui romanzi sono un dente cariato sotto la placca d’oro”.
Insomma, una critica a tutto campo che tocca la cultura italiana in generale e che viene definita “moralista”. Ed è proprio questa qualità che, secondo Onofri, sta distruggendo la letteratura. Ma dietro questo etrusco estinto, questo stilnovista patologico, che non teme di bistrattare scrittori e politici, vi è un uomo che soffre e che scrive per questo. Massimo Onofri, infatti, dichiara apertamente il suo dolore: non poter vivere con la figlia sedicenne a causa di una violenta separazione. E scrive proprio per lei, per lasciarle l’amore per la lentezza, per le piccole cose, per il godersi la vita in ogni istante. Scrive per lei affinché non si faccia sopraffare dal cinismo, ma ricerchi la bellezza.
Così, al di là dei numerosissimi aneddoti raccontati (ricordiamo, tra tutti, la storia clandestina che ebbe a 17 anni, quando perse “la verginità con la brutta Rita che ne aveva 29”), emerge la parte più romantica e nostalgica di Onofri: quella che racconta del padre malato di Parkinson, o del valore del profumo o, ancora, del fatto che, sì, è diventato “qualcuno nella vita”, ma è rimasto “un analfabeta morale e sentimentale”, a causa di quel stilnovismo patologico che lo attanaglia nelle relazioni. Infine, se non fosse ancora chiaro, l’uomo – per Massimo Onofri – vive infelice perché dell’infelicità ha bisogno nella stessa misura in cui ha bisogno della felicità.