Mazzeo, lo sporco bavaglio del 595 c 3

Si è concluso con l’assoluzione il processo al giornalista Antonio Mazzeo. La sentenza è stata decisa nel pomeriggio di oggi dalla 1^ Sezione Penale del Tribunale di Messina nel procedimento che lo ha visto imputato per il reato di cui agli artt. 81 e 595 comma 3 (diffamazione a mezzo stampa) a seguito di una querela presentata nell’agosto 2012 dall’allora amministrazione comunale di Falcone guidata dal sindaco Santi Cirella per l’inchiesta pubblicata sul periodico I Siciliani giovani (n. 7 luglio-agosto 2012), dal titolo “Falcone comune di mafia fra Tindari e Barcellona Pozzo di Gotto”, in cui venivano descritte alcune vicende che avevano interessato la vita politica, sociale, economica ed amministrativa della piccola cittadina della costa tirrenica del messinese (speculazioni immobiliari; dissesti ambientali e paesaggistici; lavori di somma urgenza post alluvione del 2008, ecc.) nonché le origini e le dinamiche evolutive delle organizzazioni criminali presenti nel territorio, organicamente legate alle potenti cosche mafiose di Barcellona Pozzo di Gotto.

Antonio Mazzeo è stato difeso dall’avvocato Carmelo Picciotto.

“Ero sereno per la correttezza professionale con cui è stata svolta questa inchiesta giornalistica e l’assoluta veridicità dei fatti in essa narrati – ha dichiarato Mazzeo – come è stato accertato e documentato da inchieste giudiziarie sulla criminalità mafiosa operante nell’hinterland di Falcone (alcune già conclusesi con sentenze passate in giudicato). In particolare i cosiddetti processi antimafia “Gotha”, un’informativa specifica della Direzione Investigativa Antimafia di Messina, tre interrogazioni parlamentari e la stessa risposta ad una di esse del Ministero dell’Interno hanno confermato l’inquietante clima che la cittadina siciliana ha vissuto alla vigilia, durante e subito dopo le elezioni amministrative del 2011, nonché i pesanti condizionamenti esercitati in quei mesi di campagna elettorale da parte di un personaggio di altissimo spessore criminale, stretto congiunto di una delle consigliere comunali elette (quest’ultima sostenitrice della Giunta), proprio quei fatti che ho raccontato nel corso dell’inchiesta giornalistica e durante lo svolgimento del processo ma che sono alla base della querela presentata nei miei confronti dall’allora sindaco e odierna parte civile, Santi Cirella.

I “condizionamenti” e il sostegno elettorale del boss locale, oggi condannato all’ergastolo con sentenza passata in giudicato per gravissimi reati di sangue e per associazione mafiosa, sono tra gli elementi che hanno convinto la Corte di Appello del Tribunale di Messina a emettere ben due sentenze di assoluzione nei confronti dei consiglieri comunali d’opposizione che per primi avevano denunciato pubblicamente la gravità del contesto socio-politico in cui si erano svolte le elezioni amministrative 2011.

Sono altresì orgoglioso di aver avuto modo di pubblicare questo mio articolo per il periodico figlio ed erede della straordinaria esperienza di giornalismo d’inchiesta rappresentata da I Siciliani. Spero, con il mio impegno e le mie denunce, di aver onorato la memoria del suo direttore, Giuseppe Fava, vittima di mafia, allora, come in tutti questi anni di “militanza” in difesa della verità e del diritto-dovere di cronaca. Colgo l’occasione per ringraziare di cuore tutte e tutti coloro che mi sono stati vicini nell’affrontare un procedimento dall’amaro sapore kafkiano, consapevoli loro di sostenere innanzitutto una battaglia in difesa del sacrosanto diritto costituzionale d’espressione, sempre più minato nel nostro paese da inesauribili rigurgiti fascisti e autoritari.

Ringrazio altresì il mio legale, l’avvocato Carmelo Picciotto del Foro di Messina, per gli sforzi sostenuti e l’alta professionalità con cui ha operato in mia difesa nel corso di questi anni”.