Meridionali inferiori. Caro Feltri, facciamo un ripasso

Vittorio Feltri continua ad incendiare i toni. Meridionali inferiori, napoletani parcheggiatori abusivi, terroni. La lista delle affermazioni decisamente discutibili del direttore di Libero non fa che allungarsi. E il web si scatena.

Le affermazioni interpretate come a dir poco offensive pronunciate in collegamento con Giordano e il suo “Fuori dal coro” pongono di nuovo Vittorio Feltri in una gogna mediatica che, lasciatecelo dire, sembra quasi voluta.

Dall’attore cabarettista Roberto Lipari che con i suoi video tragicomici riunisce i “terroni” all’Ordine dei Giornalisti che annuncia un’azione contro Vittorio Feltri e Mario Giordano, le reazioni non solo dei terroni non si sono lasciate attendere.

La domanda sorge spontanea. E non è il banale “perchè?”. E’ il più arrabbiato “come?”. Come può un nome così importante del giornalismo italiano ignorare completamente i dettami basilari della deontologia professionale? Come è possibile che si permetta di lanciare in diretta un messaggio di tale portata? Una posizione così netta, priva di qualsiasi possibilità di errate interpretazioni? 

E non è la prima volta che il nostro caro direttore si lascia andare a commenti decisamente poco felici nei confronti di tematiche come l’immigrazione o la questione siciliana. 

Dov’è l’impegno di noi giornalisti al non divulgare o sviluppare sentimenti di odio razziale? Dov’è il rispetto per le diversità o la tutela delle fasce deboli che siamo tenuti a tenere? La Carta dei doveri del giornalista che siamo felici di studiare prima di sostenere l’esame per l’iscrizione all’Ordine è allora solo carta straccia? O forse è passato troppo tempo dalla sua ultima sfogliata…

Il nome di Feltri è indissolubilmente legato alla storia dell’editoria italiana. Ma allora come si può accettare che un nome che porta con sè tanta credibilità sia anche portatore di messaggi come quelli che negli ultimi giorni hanno campeggiato sulle prime pagine di Libero? Libero… una parola che scatena tutta la sua pericolosità. 

Quell’articolo 21 della Costituzione, così caro a noi giornalisti, è anche quello che può permettere di scatenare quell’odio razziale, quella xenofobia che proprio la corretta informazione dovrebbe aiutare a cancellare.

Caro direttore Feltri… un pò di ripasso non fa mai male

Ognuno è libero di esprimere il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. 

Così recita il nostro caro articolo 21. Ma esiste anche un altro “piccolo” strumento che a ogni buon giornalista non deve mai sfuggire… ed è quella sentenza decalogo del 1984 che, parlando del diritto di cronaca, invita all’utilizzo di una forma “civile” della esposizione dei fatti e della loro valutazione: cioè non eccedente rispetto allo scopo informativo da conseguire, improntata a serena obiettività almeno nel senso di escludere il preconcetto intento denigratorio e, comunque, in ogni caso rispettosa di quel minimo di dignità cui ha sempre diritto anche la più riprovevole delle persone, sì da non essere mai consentita l’offesa triviale o irridente i più umani sentimenti. 

Per non parlare della “Bibbia” di ogni giornalista, il Testo unico dei doveri del giornalista. All’articolo 2, lettera b, si legge che il giornalista “rispetta i diritti fondamentali delle persone e osserva le norme di legge poste a loro salvaguardia”.

O ancora la legge 69 del 1963 sull’ordinamento della professione di giornalista che, all’articolo 2 (Diritti e doveri)  recita: “E’ diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d’informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede.

La stessa legge professionale, all’art. 48 afferma che “Gli iscritti nell’Albo, negli elenchi o nel registro che si rendano colpevoli di fatti non conformi al decoro e alla dignità professionale, o di fatti che compromettano la propria reputazione o la dignità dell’Ordine, sono sottoposti a procedimento disciplinare

Volendo uscire dal mondo giornalistico per addentrarci nel mondo dei “comuni mortali” (il sarcasmo qui è d’obbligo – ndr) potremmo parlare della legge 654 del 1975: È vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. 

Feltri: Zoo pieno di terroni. Animali. Parcheggiatori abusivi. 

Di strafalcioni giornalistici il direttore Feltri sembra ormai fare collezione. Di terroni ne ha fatti arrabbiare tanti. Ma ciò che forse non è ben chiaro è che l’atteggiamento di odio palesato non fa che aumentare quel senso di appartenenza tanto sconosciuto ai più.

Il senso di appartenenza a una causa comune che punta alla difesa della dignità è cosa difficile da comprendere da chi è solo dedito alla critica e all’odio.

Sentire un giornalista del calibro di Vittorio Feltri dire: “cosa ci andiamo a fare in Campania, i parcheggiatori abusivi?” fa gelare. Fa ridere e piangere. Fa piangere perchè chi conosce il potere dell’informazione (quel quarto potere troppo spesso sottovalutato) conosce anche le terribili conseguenze cui può portare. Il 1939 fa scattare qualche scintilla, caro direttore Feltri?

Fa ridere, perchè emerge tutta l’ignoranza che da quelle parole srotola via come una valanga. In Campania non si può fare altro che il parcheggiatore abusivo? Evidentemente la cultura geopolitica del nostro direttore è limitata alla “Longobardia” e ignora tutto il resto. 

Dal canto mio, posso invitarla in Sicilia.

La sua terrona.