MESSINA ALL’AVANGUARDIA NELLA RICERCA SULL’IDROGENO

Una realtà in cui sia possibile spostarsi per le vie del centro nel pieno rispetto dell’ambiente non è più propria solo di alcune grandi città definite all’avanguardia.

Mezzi di trasporto a impatto zero, resi a disposizione della cittadinanza e destinati non solo alle brevi percorrenze sono ormai da considerarsi strumenti sempre più vicini alla quotidianità. Anche per la città di Messina, provincia compresa.

Il tutto, grazie alla molecola più semplice dell’universo: l’Idrogeno. Presente in natura solo nell’atmosfera, questo combustibile potrebbe risolvere un’infinità di problematiche relative all’inquinamento atmosferico, presentandosi come validissima alternativa alle fonti di energia non rinnovabili. E’ questo uno dei tanti obiettivi del CNR – ITAE (Centro Nazionale per la Ricerca – Istituto Tecnologie Avanzate per l’Energia) di Messina, una realtà che vanta personalità di eccellenza che, seppur tristemente poco conosciuta da una grande fetta di popolazione, lavora costantemente producendo risultati straordinari.

Non una ricerca sterile relegata all’interno dei laboratori e i cui risultati sono fruibili solo ad altri ricercatori. Quella del CNR è una ricerca al servizio dell’uomo, e i cui traguardi costituiscono un importante passo avanti non solo per Messina, non solo per l’Italia, ma si spingono a livello universale.

Gli ultimi eccezionali risultati nell’ambito della ricerca sulle fonti rinnovabili non solo sono visibili su alcune strade, ma sono anche ‘utilizzabili’. Valore che si aggiunge alla fruibilità di questi traguardi, è costituito dalle continue migliorie che gli stessi ottengono con il tempo, sempre grazie a una ricerca che non si ferma mai, ma che trova, a ogni step, nuovi stimoli al miglioramento. Si parla del bike sharing, che permette ai cittadini di usufruire di biciclette a idrogeno nel centro della città, del minibus che a Capo d’Orlando (Messina) offre un servizio di trasporto a scopo turistico dedicato soprattutto agli anziani, o dell’autobus presente attualmente al CNR-ITAE e impiegato al momento come laboratorio mobile.

Ma com’è possibile pensare all’Idrogeno come a un ‘carburante’? Per capirlo, abbiamo intervistato l’ingegnere Giorgio Dispenza e il chimico industriale dott. Vincenzo Antonucci, coordinatore del gruppo dei sistemi dell’Itae – Cnr.

Quest’ultimo ci spiega che l’idrogeno “è un combustibile che può essere bruciato sia a livello termico, che con un sistema elettrochimico, che è nello specifico quello che usiamo noi. Non viene dunque prodotta alcuna fiamma: è una reazione elettrochimica tra idrogeno e ossigeno che produce acqua. e questa reazione produce a sua volta elettricità. La grande qualità della combustione elettrochimica, nonostante sia già un errore chiamarla combustione, è il fatto che non usando combustione termica non si producono ossidi di azoto o CO2 (anidride carbonica). E’ una reazione pura che come scarico produce vapore acqueo a una temperatura di circa 60 gradi. E si può usare anche per la produzione di energia di tipo ‘stazionario’, quindi non necessariamente per la mobilità”.

Le applicazioni della cosiddetta combustione elettrochimica sono svariate. Tra le più rilevanti quella in campo automobilistico. “Noi abbiamo collaborato praticamente con tutti – continua Antonucci –  dalla Mercedes alla BMW, che usano motori a idrogeno a combustione termica. Hanno qualche difficoltà al passaggio all’elettrico, perché fuori dal mercato in quanto troppo costoso al momento”. Quello dei costi di produzione e di conseguenza di acquisto è un problema ancora decisamente spinoso, ma dall’altra parte la ricerca ha potuto porre rimedio a svariate problematiche relative all’efficienza dei motori e ai costi. Ciò, a conferma del fatto che non potrà mai esserci un blocco nel campo della ricerca e dell’innovazione. Continua Antonucci: “è questa la bellezza dell’innovazione. Sino a 30 anni fa, per le batterie auto e per le batterie dello stazionario eravamo relegati al piombo, ora abbiamo il litio, le zebra. Stiamo lavorando sulle batterie metallo aria, che avranno una densità di energia molto più elevata delle litio. Si lavora su tutto quello che può cambiare il mondo”. Un’affermazione che potrebbe apparire eccessivamente pretenziosa, se non si considerasse l’eccellente lavoro dei ricercatori del CNR – ITAE rivolto a rintracciare soluzioni che possano trovare attuazione pratica e, soprattutto, che possano essere fruibili alla popolazione. Nel pieno rispetto di questo intento si colloca il progetto relativo alla produzione di motori a idrogeno capaci di ovviare alla problematica relativa agli eccessivi costi di produzione e acquisto. Come ci spiega il dott. Antonucci , “il costo dei veicoli interamente a idrogeno, sono ancora molto elevati, per questo noi del CNR – ITAE abbiamo elaborato un concept per renderli subito disponibili sul mercato e dimostrare che la cosa è fattibile. Realizziamo veicoli ibridi elettrici, con batteria e celle a combustibile a idrogeno. Nelle configurazioni che possiamo andare a produrre, troviamo sia batterie Zebra, di ultima generazione ad alta temperatura, e una cella a combustibile a idrogeno di 5 Kw, il cui compito è quello di ricaricare le batterie on board. In altre parole, mentre il veicolo circola, si ricarica”. Questa intuizione permetterebbe dunque di raggirare il problema dei notoriamente lunghi tempi di ricarica. Allo stesso tempo, nel caso di veicoli adibiti al trasporto pubblico, si eliminerebbe l’inconveniente di dover acquistare il doppio dei mezzi. Per i lunghi tempi di ricarica infatti, laddove vengono impiegati mezzi elettrici per il trasporto pubblico, i vari comuni sono costretti ad acquistare il doppio dei veicoli necessari. Una volta esaurita la carica infatti, è necessario l’utilizzo di un ulteriore veicolo in attesa che quello scarico possa rifornirsi di energia.  Il concept ideato dai ricercatori del CNR – ITAE è dunque basato su un’ibridizzazione che permette la compartecipazione della cella a combustibile a idrogeno e delle batterie Zebra. Diverse dalle batterie al Litio, che garantiscono maggiore resa in termini di potenza, le Zebra assicurano maggiore efficienza energetica. “A seconda delle emissioni di uso, si sceglie la batteria più opportuna – specifica Antonucci – E’ la base del concetto di ibridizzazione, che non considera la competizione tra fonti di energia, ma le mette insieme. Si ottengono sistemi compositi efficienti che hanno il compito di permettere di ottenere i migliori risultati, abbattendo i costi. Ciò a cui puntiamo è mettere sul mercato e rendere disponibili le innovazioni tecnologiche cui siamo giunti. Ciò che ci spinge a continuare è infatti la possibilità di trasferire quanto avviene nei laboratori nella vita reale, perché è quello che dovrebbe essere il nostro spunto e il nostro modus operandi. Non puntiamo a sviluppare il prodotto più rivoluzionario del mondo che poi avrebbe costi talmente elevati da trovare applicazione esclusivamente in ambito militare”.

In questo, il CNR – ITAE di Messina è protagonista. Insieme ad altri gruppi di ricerca, si inserisce all’interno del JTI – Joint Technology Initiative, oggi JU – Joint Undertaking, uno strumento innovativo del Settimo Programma Quadro dell’Unione Europea, che prevede la creazione di partenariati pubblico-privati, per compiere gli investimenti necessari sulla ricerca scientifica e tecnologica di un settore ben preciso, quello delle celle a combustibile e dell’idrogeno (fonte: apre.it, ndr). In altre parole, come ci spiega il dott. Antonucci, fino a 3 anni fa presidente del Research Group, “può considerarsi una gestione mista tra gruppi di ricerca, aziende e CE, divisi in una proporzione che vede un 50% di Comunità Europea, un 40% di aziende e un 10% di gruppi di ricerca. Questa collaborazione ha il compito di stabilire triennalmente finalità e piani di lavoro e organizzare i piani di ricerca della Comunità Europea anno per anno”.

Ma il CNR non è solo idrogeno, non è solo mobilità, come tiene a sottolineare Antonucci : “questo è l’Istituto Tecnologie Avanzate per l’Energia. Fondamentalmente lavoriamo su tutti i sistemi energetici a basso impatto ambientale e ad alta efficienza. Ci concentriamo su tutte le possibili soluzioni che riusciamo a valutare e riteniamo più opportune. Seguiamo tutti i passaggi, dalla sintesi dei materiali di base alla realizzazione dei prototipi, sino alla messa  a sistema. In campo energetico abbiamo tutte le competenze”.

Una realtà complessa e composita dunque, che deve la propria esistenza e la sua stessa ragion d’essere alla personalità di Nicola Giordano, titolare della cattedra di chimica industriale dell’Università di Messina ai tempi della nascita del CNR – ITAE. Vincenzo Antonucci, suo studente, ci racconta: “Al terzo anno di università mi chiese di creare qualcosa insieme e nacque un laboratorio di ricerca che lavorava parallelamente all’università. Di lì a 4 anni ci chiesero di diventare CNR”.

Ciò che ad oggi, di fronte a scoperte tali da permettere di pensare a un cambiamento reale e concreto, stupisce e anche rammarica, è il vedere come tali realtà non vengano sufficientemente supportate da un governo e da singoli organi che non concedono la giusta attenzione alla ricerca. “Siamo stanchi di sentire in sede di campagna elettorale che la ricerca va spinta e finanziata – ci rivela Antonucci. Ad oggi la situazione è decisamente deprimente. Nel mio gruppo di lavoro, su 15 ricercatori solo 3 sono di ruolo. Gli altri 12 sono a tempo indeterminato con uno stipendio che viene da fondi che noi stessi ci procuriamo. Io nel ruolo di coordinatore mi trovo più a parlare di burocrazia che di ricerca. Possiamo contare relativamente sui PON finanziati dai fondi strutturali dall’Europa, ma la Sicilia non riesce mai a spendere tutti i soldi che riceve, sia a livello delle infrastrutture che in campo scientifico. Noi riusciamo un po’ di più a impiegare i fondi, ma perché lavoriamo con passione e siamo disposti a fare le notti. Combattiamo contro una burocrazia mostruosa. Non abbiamo personale per la ricerca, lo dobbiamo trovare con le progettualità. La progettualità inoltre limita la ricerca perché implica il lavorare per un’azienda che spesso non vuole la divulgazione dei risultati, perché guarda più al mercato e alla esclusività dei prodotti. E ciò va contro la motivazione stessa della ricerca, ovvero il diffondere i progressi raggiunti”. Risulta a dir poco paradossale che personalità eccellenti, menti dalle potenzialità straordinarie restino relegate in un limbo fatto di contratti a progetto, assunzioni part time e precarietà.  “Noi siamo insieme al comparto statale – continua Antonucci. – Ciò significa che un chimico industriale segue gli stessi regolamenti di un impiegato statale. Svolgiamo però un lavoro totalmente diverso che avrebbe la necessità di avere una compartualità a parte, come è avvenuto per le scuole. Il PIL che lo stato dedica alla ricerca è il più basso di Europa. Ad oggi, se fai ricerca in Italia, è perché sei innamorato”. Strano sentir parlare di innamoramento da parte di un chimico industriale. Ma è senza dubbio di questo che si tratta. Turni interminabili rispettati volontariamente e prolungati per il desiderio di raggiungere obiettivi sempre più stimolanti. Giovani promettenti che decidono di rimanere nella propria terra per la voglia di cambiare le cose, per poter dire con fierezza di aver compiuto gesti importanti non solo per la propria città, ma per il mondo intero. “La fuga di cervelli c’è, ma ci sono anche molti cervelli che restano qui. Spesso si va all’estero perché puoi collaborare con strutture Più attrezzate che ti permettono di poter lavorare meglio e con tempi decisamente più brevi, garantendo spesso un avanzamento di carriera più celere. Ad oggi in Italia, un giovane neolaureato può partecipare a un concorso per assegno di ricerca con borsa di studio. Ci sono persone assunte come articolo 23 a tempo determinato da più di 10 anni. Quando finalmente si crea il concorso di ruolo, le persone sono tante, i posti sono pochi e le liste di attesa enormi. Ciò rallenta inevitabilmente i giovani e diventa un vero e proprio rallentamento geologico. Basterebbe veramente poco per cambiare le cose”.

A questo punto chiediamo quanto resti del professore Nicola Giordano all’interno del CNR – ITAE. La risposta ci commuove e decidiamo di chiudere così, in attesa di ulteriori approfondimenti sui progetti attualmente in atto presso il CNR – ITAE.

“Di Nicola resta innanzitutto la trasmissione che ha dato a chi ha lavorato con lui. Noi anziani portiamo un background elevato. Moltissime delle idee che ha seminato con noi sono oggi realtà, non è rimasto solo qua ma è andato oltre. E’ rimasto soprattutto lo spirito, quello che cerchiamo di comunicare alle persone più giovani. Il lavoro in team, il non sentirsi né inferiori né superiori agli altri. La capacità di andare nel mondo con l’orgoglio di essere CNR Italia”.

Un ringraziamento particolare al CNR – ITAE di Messina per la collaborazione e la disponibilità.

GS Trischitta