Mimmo Lucano: il vero nemico è la paura

Dopo 7 mesi Riace torna
ad esser libera di accogliere. I giudici de Tar hanno accolto
il ricorso contro l’esclusione dal circuito degli
Sprar decretata in seguito all’arresto del sindaco Mimmo
Lucano che, nel frattempo, non solo è tornato libero ma non ha alcuna
intenzione di arrendersi  a un clima di
odio che avverte “riguarda tutta l’Italia”. 

Una seconda vittoria
dunque per  Lucano che abbiamo contattato
subito dopo il suo intervento a “La Sapienza” per discutere di questo
particolare momento storico  in cui
“dire cose normali diventa scomodo”  e del come nonostante tutto riesca ad andare
avanti in quello che  davanti a migliaia
di studenti ha definito “un sogno di umanità e democrazia”.

Centinaia di persone ti hanno scortato
nell’aula 1 della facoltà di lettere, talmente gremita che molti sono dovuti
restare fuori.
Quanto
è stato importante per te questo segnale di accoglienza?

Per me è stata un’occasione straordinaria per trasmettere un pensiero su un dibattito che interessa tutta l’Italia. Si può accettare o meno la presenza degli immigrati, il Paese si sta dividendo sulla questione, ma credo sia giusto che nelle scuole, nelle università dove si formano i governi del domani, dove i giovani si preparano per il futuro, sappiano. È giusto che questi studenti ascoltino e non rimangano indifferenti.

Questa è una situazione indescrivibile, c’è un’umanità che non accetta in maniera passiva quello che sta avvenendo in Italia, dove chi ci governa non solo alimenta odio, divisioni e discriminazioni ma permette che questi fenomeni vengano “legalizzati”. Luoghi come le Università non devono essere asettici, ma molto, molto partecipati ed in fermento.

Qual è l’insegnamento più importante se non quello di costruire società del futuro? Città degli uomini, dove c’è democrazia, partecipazione e dove c’è un posto per tutti?

Com’è
cambiata la politica della “sicurezza” rispetto a quel tipo di accoglienza
di cui sei esempio?               

Il primo pensiero non deve essere quello della sicurezza individuale. Ognuno è uguale all’altro e io ho sempre sostenuto che quando non c’è uguaglianza non ci può essere una società umana. Non abbiamo nessun diritto di rimarcare sempre questa idea di confini e di territorio in maniera egoistica. Come diceva Peppino Impastato non va bene dire “la mia macchina, la mia casa, la mia …”, non dobbiamo arrivare a questo. Io ho fatto miei questi principi e li ho messi in pratica quando sono diventato sindaco e allora involontariamente ho creato un caso.

Le persone giunte a Riace sono arrivate per pura casualità in un luogo che soffre del fenomeno dell’emigrazione e dello spopolamento, dove ci sono tantissime case abbandonate. Non hanno preso il posto di nessuno, perché non c’era nessuno ma, se anche ci fosse stato qualcuno, credo sia un dovere civile, quando ti accosti ad una persona, non avere un atteggiamento di ostilità, e di sopraffazione, del pensare  “vengo prima io di te”. Non si può mai dire ad una persona “io vengo prima di te” in nessun luogo e in nessuna maniera.

In
questo percorso che ti ha portato a diventare un “caso” su cui
chiunque è stato libero di dire la sua, cosa o chi ti ha guidato?

Potrei rispondere che
quando si deve decidere è normale che ci siano tantissimi dubbi e incertezze e
istintivamente uno si può avvalere anche di collaborazioni, ovviamente
assumendosi le responsabilità. Poi ci sono guide che non sono legate alle
circostanze ma, sono guide che hai nel cuore, di quelle che hai acquisito nel
corso dell’esistenza, le conoscenze che hai avuto, le storie vicine o lontane
che ti contaminano il pensiero. C’è un mio amico, Padre Alex Zanotelli che dice:
“Siamo ciò che incontriamo”. E’ una cosa profetica che alla fine è
realtà.

Dove
prendi l’energia e la forza di andare avanti in questi momenti?

Alcune volte dalla consapevolezza che non ho alternative e non ho altro. Quando vado in giro non ho una scorta o una organizzazione che mi aiuti, sono solo, ovviamente solo ma con tantissime idee e associazioni che magari nemmeno conosco ma che mi sostengono. Siamo tutti come dentro un vortice.

È veramente triste vedere come, nel vivere adesso, ci sia questa tensione costante. Viviamo un periodo in cui anche dire cose normali sulla convivenza diventa scomodo. Avere la presunzione di essere dalla parte giusta? Avere la presunzione di avere ragione? Non ci vuole molto per capire che  rappresentare i valori umani significa stare dalla parte dell’inclusione e contro la discriminazione. Un esempio è quello che è successo a Lodi.

E’ giusto che chi non aveva la possibilità, come quei bambini stranieri alla mensa, dovesse mangiare lo stesso. Sentire che c’era chi diceva che non dovevano mangiare…chi sostiene che un qualsiasi bambino non debba mangiare… davanti a tutto ciò non è difficile, viene la forza, è impossibile per me non schierarmi. E’ così per me.

Hai
detto più volte di non aver fatto nulla di speciale ma qualcosa di normale. La
stessa parola “normale” sembra essere minacciata oggi.

Credo che sia uno
sforzo quello che dobbiamo fare tutti, per tornare ad una dimensione che non
sia quella della paranoia. Viviamo tutti di paura, di precarietà, di
diffidenza, ma che senso ha la vita così? Questa idea di rinchiudersi, di avere
paura di un nemico esterno quando in realtà il nemico lo abbiamo dentro al
nostro cuore, dentro alla nostra coscienza.

È bellissimo quello che dice Papa Francesco a proposito di alzare i muri, dice “se tu alzi un muro non puoi vedere il tramonto, non puoi vedere l’albero, non puoi vedere nulla e la vita diventa senza colori” e questo assumendosi anche i rischi. Quando pensi “da questo momento non ne voglio sapere più, sono stato illuso dieci volte” io lì, dico: “mettiamo una scala più ampia che va da uno a cento, anche novantanove volte troverai una delusione ma l’ultima volta no.

Quell’ultima volta vale più di tutto il resto”.  Questa dovrebbe essere la normalità e non l’atteggiamento guidato dalla paura.