Minacce e querele mettono a rischio l’informazione

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Poteva sembrare una riunione di amici degli amici, giocava in casa la start-up giornalistica “Libera Stampa Altomilanese”. Capace ai primissimi articoli a guadagnarsi nel 2012 le antipatie dell’allora sindaco del comune di Sedriano, e una serie di diffide, che per nulla hanno scoraggiato il loro lavoro di cronaca.         
Com’è noto, le inchieste della redazione sono divenute punto di partenza per l’inizio di un’indagine che da lì a poco avrebbe portato allo scioglimento del comune di Sedriano, per infiltrazione mafiosa.

A loro favore, sono intervenuti diversi fattori, l’intraprendenza della giovanissima Ester Castano, le idee del giovane direttore Ersilio Mattioni, e di certo un pizzico di fortuna oltre la capacità di saper guardare oltre la notizia. E poi c’era lui Nando Dalla Chiesa, lì quasi per caso. Come la frase di chiusa, la ciliegina sulla torta, la sua presenta faceva la differenza. La sua voce mite, non frettolosa bastava a distinguerlo, a calibrarlo.  Che afferma: “Questo caso, diventi modello del nuovo giornalismo antimafioso! Di certo, uno delle forme migliori di giornalismo che non è caduta nel vittimismo e questo è lodevole”. Tutti unanimi a lodare il giornalismo che fa la differenza, a distinguerlo da quello del copia incolla. 

Di fatto, il dibattito voleva porre l’accento sulla poca tutela cui è esposto il giornalista che oggi opera nel territorio italiano. Le querele, le denuncie, sono divenute una buona arma, legalmente riconosciuta per intimidire l’informazione. Un freelance che riesce a prendere poco più di qualche euro dai suoi pezzi, rischia di doversi far carico di somme ingenti per affrontare situazioni processuali che come in questo caso, spesso si risolvono con un’assoluzione. Anche se alcune cause della testata in questione, rimangono ancora pendenti.

Siamo di fronte ad una nuova era, l’era del nulla si può e si deve fare al potere. Salvo che tu non sia il potere stesso, questo si coglie dalle parole Dalla Chiesa: “Credo che il potere debba contemplare il piacere di goderselo, un potente, accoglie le critiche di una giornalista che in qualche modo è niente di fronte a lui, accetta di giocarci, mette a disposizione una serie di risposte, invece la strafottenza arrogante dei nuovi politici, apre un nuovo scenario.   
Quello che più di ogni altra cosa colpisce è la villania. 
C’è un’affinità tra potere politico e potere mafioso e cioè, l’insignificanza ai loro occhi di chi non ha un potere formale o decisionale, per esempio, nei consigli comunali.           
Sedriamo è una storia di potere, anche se rappresenta una novità. La novità.                          
Colpisce questo senso d’impunita che è cresciuta negli anni. Non c’è più neanche l’ipocrisia di rispondere al giornalista, di cercare di mostrare un volto democratico, tolleranza.  
Questo perché è cresciuta una classe dirigente che esclude di essere messa a controllo dall’informazione, come dai consiglieri comunali. Tutto questo è nuovo. Figuriamoci poi se si accetta il controllo da parte dei cittadini.  Siamo di fronte ad un nuovo periodo. Questo mi stupisce”.

E se da una parte c’è una classe dirigente su cui nulla si deve osare, dall’altro, come ci spiega il direttore Ersilio Mattioni, continua a vigere l’idea che laddove ci sia mafia o ‘ndrangheta è meglio non parlarne.

 “L’interesse dei lettori è quasi nullo. La gente non sembra interessata a temi che parlano di mafia. Ci dicono, siete paranoici la vedete ovunque.  Nonostante, veniamo pubblicati dove la gente di mafia ne sente parlare e non solo. E quando i magistrati con le loro inchieste confermano le nostre, ci dicono siete paranoici ma avevate ragione, ma state rovinando il territorio, le famiglie”.

Se a questo si aggiunge la possibilità di dover sborsare dei soldi che non si guadagnano per spese processuali, solo perché si urta la sensibilità di qualche signorotto del momento, ci si chiede se non sia in pericolo il nostro diritto all’informazione e quanto si sta facendo o si vuole fare per difenderlo.

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