Reggio non dovrebbe essere né della ‘ndrangheta né, della magistratura.
Dovrebbe essere dei Cittadini.
Sono le parole che il Dott. Stefano Musolino, Sostituto Procuratore delle Repubblica e della DDA di Reggio Calabria, ha usato per dare una speranza alla Città. Commissariata per mafia, un Consiglio Comunale dove sono stati accertati condizionamenti da parte della criminalità organizzata e con un provvedimento del C.d.M che il 1 4 Febbraio ha prorogato per altri 6 mesi il commissariamento, Reggio ha visto in questi anni un “risorgimento” della legalità che ha avuto al suo centro proprio la Procura della Repubblica Reggina .
Al centro dell’attenzione mediatica per il processo “Alta Tensione”, che ha visto coinvolto oltre 33 persone appartenenti a vario titolo ad una triade composta dalle famiglie Caridi-Borghetto-Zindato, federate alla cosca Libri, che controllavano in pieno i rioni Ciccarello, Modena e San Giorgio Extra, situati alla periferia Sud di Reggio Calabria, il Sostituto Musolino, ha messo in evidenza la connessione che lega la ‘ndrangheta delinquenziale con quella d’élite o politica” secondo una felice intuizione emersa nel corso dell’intervista. Esemplare è in questo senso il controinterrogatorio, riportato dal sole24, di Pino Plutino, consigliere comunale Pdl (sospeso), ex assessore all’Ambiente, che tenta di disconoscere addirittura l’esistenza della ‘ndrangheta come organizzazione criminale capace d’influenzare gli ambiti e gli spazzi della Città di Reggio”. Sembra essere ritornati ai tempi in cu si diceva che la Mafia non esiste, solo che oggi siamo nel 2014 e nello stesso processo troviamo “le dichiarazioni rilette in aula dal sostituto procuratore ed inerenti le indagini del processo: “A Reggio Calabria, affermò il Ficara, tutti gli imprenditori pagano il pizzo. Non ce n’è uno che non lo paga. Dottore non vi posso fare nomi e cognomi. Ho Paura”.
Nasce da questo nuovo humus di legalità che circonda la città, l’intervista che il Sostituto Procuratore aggiunto Dott. Stefano Musolino, ci ha voluto gentilmente rilasciare e che inizia proprio con l’impegno “sociale” che è oggi riscontrabile nella città di Reggio Calabria
“Per quanto riguarda l’impegno sociale “credo di riuscire ad apprezzare soprattutto un impegno personale e soggettivo che vada al di là delle sigle e delle associazioni. Al di là, quindi, di quella che è un’antimafia più strutturata. Mi sembra che ci siano tante persone disposte a metterci la faccia e che credono sinceramente in determinate attività che svolgono nel sociale ma soprattutto mi sembra che stia crescendo un’antimafia di territorio che parla direttamente con ragazzi a rischio e disagiati. Un salto di qualità significativo, perché rande più difficoltoso ad una certa antimafia di poter perdere di vista quello che è l’obiettivo vero dell’agire e cercare oltre alla facciata anche la sostanza”
Il riferimento ai professionisti dell’antimafia, anche alla luce dei recenti fatti di reato che hanno interessato alcune esponenti importanti, non può che essere scontato e pur non facendo nomi il riferimento ad associazioni che ponevano alla loro base interessi privati dei singoli piuttosto che della collettività è chiaro.
Da cosa dipendono i buoni risultati che la Procura di Reggio Calabria ha raggiunto in questi anni ?
“Credo che sia il frutto di una impostazione programmatica, di una strategia di medio periodo, come quella che ha caratterizzato la stagione del Procuratore Pignatone, il quale è riuscito ad imporre una strategia che ha fatto della Procura di Reggio il centro nevralgico dell’azione contro la criminalità organizzata. Perseguendo tutto questo con una speciale attenzione alle persone e ai delitti che erano coinvolti dando, per questo verso, una grande credibilità all’ufficio. Non si sono fatte indagini con titoli di stampa e con grandi chiacchiere ma lavorando in silenzio e con il massimo rispetto per le persone”
Pensa che questo potrebbe essere il modello da seguire per tutte le Procure ?
Questo dovrebbe essere il modello se ci pensiamo bene, il Procuratore Pignatone ha esportato questo modello in Procura difficile come quella di Roma che mediaticamente era conosciuta come il “porto delle nebbie” ed oggi sembra diventata una delle Procure più attive.
Di recente molte indagini hanno riguardato professioni, avvocati e consulenti questo potrebbe portare qualche risultato a livello nazionale nella lotta alla corruzione ?
“La ‘ndrangheta ha una sua dimensione nazionale perché ha una sua capacità di movimentare flussi di denaro e di valori straordinari. Quindi è evidente che ci siano dei sistemi raffinati di riciclaggio di questi soldi che beneficiano dell’ausilio di consulenti e professioni di alto livello. Ed è questo uno dei fronti d’indagine su cui ci stiamo movendo e certamente la ‘ndrangheta non è solo quella che essenzialmente leggiamo o vediamo nei riti quasi ancestrali (il riferimento è all’incontro annuale che i boss facevano presso il santuario della Madonna di Polsi) che si consumano a Polsi. Ma è qualcosa di più. La capacità d’interferire nei movimenti economici imprenditoriali, nei sistemi della politica. E seppure esiste una ‘ndrangheta delinquenziale da contrapporre a quelle d’élite non avremmo potuto raggiungere i risultati che sono stati raggiunti senza prima passare per la ‘ndrangheta delinquenziale ed arrivare poi a quella le chiama d’élite. E’ questa la strategia investigativa a cui mi riferivo. In altri termini se viene fuori una notizia di reato che riguarda un professionista, pur procedendo speditamente, non si abbandona l’ottica strategica che vuole che si proceda passo, passo per risalire la china.”
Che i tempi siano cambianti, le parole del Dott. Musolino, ce lo confermano. Ma non è solo cambiato l’humus che circonda la Procura di Reggio ma anche il sistema investigativo che oggi vede i magistrati impegnati nei processi di Mafia. Un modello d’investigazione, come lo stesso Procuratore conferma nel prosieguo, che pur non dimenticando il singolo fatto di reato tenta di sondarne le complicazioni e le valenze in un ambito più ampio, per arrivare a quella che viene definita ndrangheta delinquenziale d’élite.
Cosa significano tutti quei “messaggi”, come l’attentato al Museo degli strumenti Musicale, che si stanno verificando a Reggio ?
Francamente se tutti questi fatti, come un ordigno fatto esplodere il pieno centro alle 23,00, siano il frutto dei risultati raggiunti dalla Procura e il nascere consequenziale di schegge criminali impazzite oppure il frutto di una strategia ben precisa, questo è un po’ presto per dirlo.
I mezzi e gli uomini messi a disposizione sono sufficienti per combattere il fenomeno ?
Finché a livello nazionale non si avrà la consapevolezza del fenomeno e che quindi sugli organismi istituzionali di Reggio Calabria bisogna fare un grande investimento di risorse umane, non ci rimane che fare quello che possiamo.
Vi è stato un periodo in cui vi sono stati e sono stati accettati dei compromessi (quello che ha visto coinvolti due magistrati, tre avvocati o trasferimento il “d’ufficio” di persone importanti) e come dice lei, oggi, non si fa sconto più a nessuno. Vi è un messaggio (quello che ha visto coinvolti due magistrati, tre avvocati o trasferimento d’uffici importanti) che ci piacerebbe continuasse a passare e cioè che quei compromessi sono finiti.
Possiamo dire, alla luce dei recenti fatti sulla formazione a Messina, che queste due città si stanno muovendo in una nuova direzione ?
“Credo di sì. Messina si è mossa anche sul piano politico-amministrativo, mentre noi siamo ancora commissariati. Però, dobbiamo riconoscere, che fronte di una serie di problemi comuni si sta muovendo una opinione pubblica più consapevole del suo ruolo. Nel senso che per troppo tempo i cittadini dello stretto hanno pensato che alcune dinamiche non li riguardassero, che non fossero importanti o che comunque si potesse chiudere la porta di casa e lasciare il resto fuori. Adesso si stanno rendendo conto che non è così; perché quando maturano debiti della dimensioni che entrambi le città (Reggio Calabria a differenza di Messina è una di quelle città dove il dissesto del Comune è già stato dichiarato, anzi è di pochi giorni fa la condanna penale di Giuseppe Scopelliti l’ex Sindaco di Reggio Calabria ed attuale Presidente delle Regione per aver firmato di alcuni bilanci comunali falsi), sono state costrette ad affrontare, a fronte di servizi che almeno a Reggio sono disastrosi (strade dissestate, immondizia dappertutto e trasporti inesistenti) e dove paghiamo le tasse più alte d’Italia, forse si diventa più consapevoli di aver troppo lasciato fare prima e di aver permesso questo scempio.
Le figure di Pio Cattafi a Messina e dei Mammoliti a Reggio possono attestare che sul versante criminale tra le due città vi possa essere stato o vi possa ancora essere un connubio ?
Io credo sul versante delle indagini e sul fronte delinquenziale, noi siamo un po’ più indietro rispetto a Messina o ad un aspetto un più alto del fenomeno (colletti bianchi o professionisti), perché credo che queste relazioni tra le due città sono più prettamente delinquenziali, per usare la stessa terminologia di cui sopra. Credo che vi siano delle sinergie più elevate e su questo versante credo che dobbiamo lavorarci parecchio.
Sotto la voce Bombe e Servizi segreti il potenziale di sequestri di armi che vengono dalla Calabria a cosa è paragonabile?
“Ritrovamenti di armi ne facciamo con disarmante continuità, la capacità che le cosche di ‘ndrangheta hanno avuto nel corso del tempo, di essere entrate in contatto con tutta una serie di soggetti che per svariate ragioni erano nella possibilità di avere armi anche di potenziale rilevanza ….possono essere anche dei messaggi (i missili trovati di fronte alla Procura della Repubblica di Reggio) ?- Certo oppure messaggi del tipo “ti faccio trovare questo arsenale affinché tu, magistratura, allenti la morsa, o anche hai ottenuto un buon risultato, quindi ti puoi fermare e siamo tutti tranquilli per tornare alla voce bombe e servizi segreti”
Quanto i servizi segreti incidono sui “scarsi risultati” dei singoli magistrati ?
“I servizi segreti possono essere una risorsa o un problema dipende da come lavorano. Io non amo molto il genere, come non amo il genere di confidenti perché il mio lavoro, o meglio fa parte del mio lavoro fare un controllo di legalità ad esempio sull’operato della polizia giudiziaria. Un controllo di legalità, invece, io non lo posso fare né sull’operato dei servizi segreti né sulle fonti confidenziali. Allora come e perché i confidenti parlano, come e perché arrivano notizia dai servizi segreti io non lo so e non lo posso sapere. Perciò preferisco tenere queste informazioni sullo sfondo.”
Una riflessione sia pure breve a queste due risposte del Sostituto è d’obbligo farla. Sia per la rilevanza oggettiva delle stesse, alla luce dell’accostamento, forse anche involontario, tra Servizi Segreti, Armi sequestrate e Bombe e sia per la spiegazione di fatti e circostanze che se pur non direttamente collegati alla Procura Reggina possono essere letti alla luce delle superiori riflessioni.
In questo senso, il controllo a cui si riferisce il procuratore, è quella facoltà-dovere che la legge attribuisce ai giudici d’agire all’interno del principio di legalità. Anche durante le indagini su un fatto di reato, il PM non può violare la legge né nell’accertamento della verità o dei fatti, né nella formazione della prova. Se questo è vero, allora è anche suo compito verificare se la polizia giudiziaria a cui ha delegato le indagini si muova o meno all’interno della legalità ed questo il controllo di legalità di cui sopra. Pertanto, venire a conoscenza che l’agire dei Servizi Segreti o dei confidenti non sono sottoposti al controllo di legalità, pur essendo un fatto risaputo, ci aiuta a comprendere alcune dinamiche e vicende che ancora fanno discutere. Penso ad es. alle minacce di morte di Totò Riina al P.M. di Palermo Nino Di Matteo che pur essendo uscite dal carcere con la violenza e il clamore che hanno avuto, per alcuni sono il frutto di un’intesa tra Servizi Segreti e DAP (N.D.R Dipartimento Amministrazione Penitenziaria), il quali avrebbero operato attraverso il cosidetto Protocollo Farfalla ed è proprio la mancanza del controllo di legalità da parte della Magistratura che ci fa porre dei dubbi sulla genuinità, anche se non sulla serietà delle stesse, sia delle minacce che delle dichiarazioni del “confidente” Russo che accompagnava il Riina in quell’ora di libertà giornaliera concessagli dal 41 bis. Certo è che, per questa via, anche il processo sulla trattativa tra stato e mafia acquista una nuova luce soprattutto se consideriamo che il coinvolgimento dei Servizi Segreti in questo coso è stato accertato da tempo.
Dopo questa piccola parentesi possiamo ritornare all’intervista rilasciataci dal Procuratore.
Possono esistere città, come Cosenza ad esempio, che hanno la facoltà d’intralciare le indagini di un magistrato ?
“Questo non lo credo. Se ci sono i mezzi, le persone giuste e le istituzioni sane non esistono ambienti più nocivi di altri. E Reggio su questo aveva da insegnare. Però abbiamo dimostrato, come ufficio, nel corso del tempo che si possono rompere determinati equilibri o alleanze, e che la promiscuità non è l’unico modo con il quale si può operare perché alla fine si può operare con nettezza e si possono ottenere risultati se si riesce a guarda in un ottica di medio e lungo periodo. Questo è l’unico modo di lavorare. Questo è un metodo, per ritornare alla domanda di prima, di lavoro elevabile a livello nazionale. Perché in questo campo si può anche ragionare in un ottica di breve periodo in cui si possono anche costruire buone carriere, ma non si ottengono risultati e non si ha nessuna credibilità sociale proprio perché la gente percepisce subito cosa si sta combinando. Oppure questi fatti si possono affrontare con strategie di lungo e medio periodo che impongono una nettezza assoluta di comportamento, una risoluta determinazione nell’individuazione di fonti affidabili, di indagini affidabili, di ufficiali della polizia giudiziaria che condividono questa strategia di fondo e non hanno urgenza di fare risultati per ottenere immediate promozioni. Allora, se si lavora tutti con questo obbiettivo i risultati si ottengono.”
“Certo è che noi abbiamo un terzo dei magistrati che ci sono a Palermo e un numero di esponenti di forze dell’ordine che anche in questo caso o è un terzo o la metà di altri centri paragonabili a noi come dimensione e come rilevanza dei fatti criminali. Per fare un esempio il Tribunale di Reggio Calabria gestisce 36 procedimenti di DDA (processi di rilevanza penale attinente all’associazione e con più di dieci imputati) e alla fine sono solo cinque o sei magistrati che gestiscono tutto questo lavoro. Allo stesso modo se dobbiamo fare attività di indagine giudiziaria dobbiamo coniugare il miglior obbiettivo possibile con le scarse risorse che abbiamo. In altri termini, se si vuole tener fede alle risultanze delle relazioni ministeriali o della commissione antimafia sulla centralità e l’importanza dell’ndrangheta bisogna fare investimenti in risorse umane. E questo soprattutto se si prende consapevolezza come diceva il Procuratore Pignatone e oggi il Procuratore Cafiero che Reggio Calabria è il centro ed il cuore del sistema ‘ndranghetista. A giorni il Presidente del Tribunale e il Procuratore della Repubblica saranno al CSM ad esporre questa situazione e la Magistratura Reggina si sta muovendo per lanciare il suo grido d’allarme al Ministro e al CSM sperando che qualcuno ascolti e al di là dei proclami e mandino gli uomini che servono a tenere alto il livello.
Sono a conoscenza di magistrati che pur di continuare il loro lavoro in Procura hanno rinunciato ad fare carriera al CSM, pensa che sia un caso isolato o è un sentire generale presso le Procure?
Continuare a fare questo lavoro con tutti i sacrifici personali e professionali che richiede è veramente difficile. Bisogna metter in conto molto più dell’aver superato un concorso, bisogna avere una voglia, una passione e gli esempi che mi diceva prima dei colleghi di Messina sono un modello e un modo con cui si intende questo lavoro che ammiro molto.
Dino Sturiale