Parafrasando il titolo della celebre commedia di Dario Fo, dedicata alla strana morte per assassinio/suicidio dell’anarchico Pinelli, temo che il nuovo spazio culturale aperto alla città da 200 giovani matti pieni di libertà e democrazia, di sogni e ideali, possa presto morire per colpa dei soliti protagonismi politici o di una asfissiante e insopportabile prosopopea culturale, locale e provincialotta, che tenta di soffocare il composto d’amore, poesia, abnegazione e impegno civile rappresentato dal nuovo Teatro Pinelli appellandosi alle esigenze culturali più generali. Maurizio Marchetti
E se l’assemblea permanete dell’oggi Teatro Pinelli avesse deciso d’intitolare il teatro a “Candido” di Voltaire o all’Ulisse di Yoice, oppure a Ezra Pound, cosa cambia rispetto al meraviglioso fatto di aver riaperto un teatro? Quale offesa alla cultura con la C maiuscola avrebbero provocato se avessero deciso di chiamarlo con il famoso “Andiamo a Budapest” delle commedie all’Ungherese di epoca fascista ? Solo nel Teatro le parole, i significati, gesti, i personaggi e persino gli spettatori si unisco in un’unica grande magia, solo nel Teatro una città e una nazione di chiara impronta Comunista possono essere usate dalla stessa cultura fascista per fomentare la disubbidienza e attaccare se stessi e le proprie leggi. (Andiamo a Budapest era la frase usata dagli amanti nel periodo Fascista, dove non c’era il Divorzio ed imperava il Delitto d’onore, per voler intendere di volersi sposare. L’equivalente dell’adiamo a sposarci a Las Vegas della nostra cultura occidentale e democratica).
E’ vero, i 200 pazzi hanno voluto intitolare il teatro all’anarchico Pinelli e lo hanno fatto scientemente. Primo perché la storia di Pinelli ha da tempo perso il suo significato fattuale e politico ed è diventato un mito, una leggenda eroica e tragica che Dario Fo ha trasformato in TEATRO, allo stesso modo come la canzone Hasta Siempre Commandante ha trasformato il significato fattuale e politico del Che nell’eroica di Beethoven. Lo stesso principio per cui mia nipote a 13 anni è capace di commuoversi nel cantare Geordie senza sapere neanche chi è De Andre E’ un alchimia, una magia, un miracolo che solo l’arte riesce a raggiungere. E’ per questo che anche chi non conosce i fatti o le teorie ed implicazioni politiche, i libri, la storia o gli eterni dibatti riesce a farli propri. Li sente con l’anima, sono dentro di lui e come corde di chitarra vibrano e risuonano di fronte all’ingiustizia.
Secondo, lo hanno fatto, per attestare a se stessi e ricordarci che il pericolo Fascista non è morto. Difatti sono stati sempre loro che nello stesso giorno in cui hanno aperto il nuovo spazio culturale sono andati nelle piazze a manifestare contro la marcia dei 28 fascisti di Forza Nuova. E contro un passo rigido e ripetitivo, contro i visi duri e le uniformi di regime tutte eguali, hanno contrapposto un modo di sorrisi e una esplosione di colori, balli e danze che hanno allietato una città fredda e stanca. La forma e la regola contro la sostanza e la libertà.
E allora, lasciamoli liberi questi pazzi. Lasciamoli liberi di autogestirsi questo spazio nuovo da soli e diamo tutto l’aiuto di cui hanno bisogno senza volerci imporre. Non tentiamo di dargli una connotazione politica o “Studiare una proposta politica di definizione del Teatro in Fiera come “luogo comune non proprietario” a disposizione della collettività. Eventuali statuti e/o norme di gestione dovranno tener conto di questo principio fondativo. Marco Letizia.
Non tentiamo di dargli significati di recupero tecnico-storiografico o trovare limiti e impossibilità ammantate di ricordi e memorie. Un teatro che non trova scena e non trova platea perché occupate dai suoi rottami esce dallo spazio definito della costruzione e deve trovare altrove il suo destino. Il teatro in fiera è realisticamente inagibile, il suo uso ipotetico è legato a investimenti economici necessari che rendano possibile il riuso di un edificio che non funzionava bene già prima e che oggi per un’improvvisa sindrome affettiva tutti decantano come un luogo poetico e felice dei ricordi e dello spettacolo. Luciano Marabello
E soprattutto non tentiamo di salire sul carro del vincitore con i nostri consigli, le nostre idee i nostri diktat (Il sindacato, Il prefetto, i Politici di Destra e Sinistra) o i nostri bellissimi discorsi di sinistra L’occupazione è un atto di discontinuità. Il nuovo protagonismo non può esprimersi con la pistola alla tempia dei tempi dell’iter, non può farsi schiacciare dall’impellenza della richiesta di una proposta. Il nuovo protagonismo è la presa della parola. Adesso è necessario che si consolidi quello spazio, che si estenda, non che se ne esaurisca il compito. Luigi Sturniolo
Per fortuna loro, i pazzi, non si fanno prendere da queste sirene e continuano l’occupazione sui luoghi, giorni dopo giorno, lasciando liberi tutti i cittadini (senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali) di partecipare alle loro assemblee con idee, proposte o aiuti. Con questo spirito hanno fatto una pagina Fb “Teatro Pinelli Occupato” dove riportano tutte le decisioni che l’assemblea prende. Quello che colpisce è la grande libertà che si respira, le decisioni sono prese in modo democratico senza che ci sia nessuno che dica: si deve fare cosi! Solo per fare un esempio di quello che voglio dire vi riporto un post: “in teatro gli inter gruppi sono già operativi: gruppo comunicazione, gruppo arti visive, gruppo progettazione artistica, gruppo biblioteca pubblica, gruppo “piccole riparazioni”, gruppo accoglienza, gruppo pulizie. Tutti i gruppi sono aperti, osmotici, non ci sono ruoli fissi, mettiamo le nostre competenze specifiche a servizio del bene comune. Nel pomeriggio di domani si riunirà invece il gruppo di studio composto da architetti, ingegneri, periti per capire le condizioni del teatro, studiare il progetto di ristrutturazione che è stato approvato, pensare a nuove forme di ricostruzione dal basso.”
Si comprende subito che i pazzi sono aumentati e che è la cultura ed il teatro che si espandono a macchia d’olio. Forse perché inagibile il teatro è diventata una struttura senza confini e limitazioni che si espande, oggi è ancora piccolino e la gente per vederlo deve ancora andare a trovarlo ma lasciamogli un po’ di tempo e sarà lui a venirci a prendere per mano fin nelle nostre case.
Ti aspetto.
Pietro Giunta