Una morte improvvisa che fa crescere il mistero che ha sempre circondato il personaggio. Francesco Cardella, 71 anni, è morto tra sabato e domenica scorsa in Nicaragua, ucciso da un infarto fulminante. Una morte imprevista, mentre lui dalle pagine di facebook parlava ai suoi amici e fans dei suoi propositi, dei progetti, lamentandosi anche contro chi diceva di vederlo ancora come un’ombra circolare nei meandri insanguinati del delitto del suo amico, Mauro Rostagno. Dagli anni ’90 il Sudamerica era diventata la sua seconda patria, in Nicaragua era diventato un uomo tanto accreditato da diventarne ambasciatore, diplomatico di quel paese presso i Paesi Arabi. Aveva lasciato l’Italia a metà degli anni ’90 dopo essere stato in carcere per una truffa.
Era il guru della comunità Saman, aveva voluto al suo fianco Mauro Rostagno una delle menti più intelligenti del movimento Lotta Continua. Con Cardella, Mauro Rostagno aveva fatto insieme diverse esperienze, l’ultima quella a Lenzi, appena fuori Trapani, dove Cardella aveva trasformato una sua proprietà, un antico baglio, in centro di recupero per tossicodipendenti. Rostagno aveva anche scelto stando lì l’impegno giornalistico in una tv privata, Rtc, scuotendo Trapani città spesso dormiente. Cardella lo assecondò, ma quando le parole di Rostagno cominciarono ad essere forti, l’ex guru fu tra quelli che per primi cercarono, non riuscendoci, di far fare un passo indietro a Rostagno. Rostagno fu ucciso il 26 settembre del 1988, la mafia non lo sopportava più e forse anche era malsopportato anche da quella cricca che a Trapani con la mafia faceva affari, trafficando in armi e droga, con coperture, si è sentito spesso dire, che portavano addirittura ai servizi segreti, all’anticamera di quella stanza dove Cosa nostra e lo Stato hanno cercato di firmare un patto. Mauro Rostagno forse aveva intuito qualcosa, e quindi era diventato uno scomodo testimone, uno da uccidere, delitto ordinato da Ciccio Messina Denaro, patriarca della mafia siciliana, boss di Castelvetrano. Si mosse un commando che non lasciò scampo a Rostagno, forse ne faceva parte anche l’attuale uccel di bosco di Cosa nostra, il latitante Matteo Messina Denaro. E in questo contesto Cardella forse sapeva più di qualcosa su quel delitto, dal quale però è rimasto fuori dopo essere stato indagato. Per la morte di Rostagno c’è un processo in corso, imputati due boss mafiosi conclamati, Vincenzo Virga e Vito Mazzara.
Cardella nel frattempo è stato condannato a metà degli anni ’90 per una storia di falsi corsi di formazione professionale, con i soldi stanziati dalla Regione finiti mal spesi, dopo questa vicenda giudiziaria e intuendo che qualcos altro si muoveva contro di lui, finì con il riparare all’estero. E in effetti cominciò l’indagine sul delitto Rostagno che prima di guardare alla mafia andò a scavare dentro Saman, saltò fuori il nome di Cardella addirittura come possibile mandante, ma il suo nome rimase sospeso anche quando la Procura di Palermo guardò meglio alla mano mafiosa. Dal processo in corso però è rimasto fuori, Cardella prese un’altra condanna per truffa e peculato, una condanna per la quale di recente si è visto respingere la grazia presentata al Capo dello Stato. Nel processo Rostagno doveva venire per essere sentito come testimone, ma la sua testimonianza non ci sarà e forse non ci sarebbe mai stata, se fosse rientrato in Italia sarebbe stato arrestato per la condanna definitiva. Cardella stava bene in Nicaragua dove aveva scoperto di potere fare la carriera diplomatica con la laurea in scienze politiche che si trovava in tasca. Era ambasciatore del Nicaragua presso i paesi arabi, un interessamento questo che ha finito con il fare prendere vigore a determinati sospetti, a quei legami che quando era guru della Saman avrebbe avuto infatti con questa parte del mondo arabo e del vicino corno d’Africa. Rotte lungo le quali avrebbero viaggiato quelle armi e quella droga, commerci dei quali Rostagno in tempi non sospetti avrebbe avuto sentore, rotte che sarebbero state conosciute dai giornalisti Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, uccisi in Somalia.
Restò clamorosa la circostanza che in Somalia uno degli ultimi incontri Ilaria Alpi lo ebbe con Giuseppe Cammisa, detto Jupiter, braccio destro di Cardella già dai tempi della Saman. Cammisa, imparentato con un boss mafioso di Campobello di Mazara fu sospettato anche di essere uno dei killer di Mauro Rostagno. Era giornalista Francesco Cardella, ma ebbe revocata l’iscrizione all’ordine dopo le vicende giudiziarie, era molto amico di Bettino Craxi, fu proprio con un aereo messo a disposizione da Cardella che Craxi riuscì a fuggire dall’Italia e a trovare esilio volontario in Tunisia negli anni di tangentopoli.
E a Trapani, quando restò libero per un periodo da pendenze giudiziarie, Cardella si rifece vivo quando candidato alla Camera in questo collegio trapanese fu proprio Bobo il figlio di Bettino. Francesco Cardella adesso è morto e forse non sono pochi i segreti che si è portato appresso, ha lasciato solo una infinità di quadri, la pittura era diventata la sua ultima passione