Si è svolto ieri sera, nel giardino dell’Orto botanico di Messina, “Movimenti in Comune e Municipalismo a Messina”, l’evento nel quale si sono incontrate e susseguite le voci, le testimonianze e le esperienze di chi vive una nuova forma di fare politica: quella del municipalismo dal basso.
Organizzato dal movimento Cambiamo Messina dal Basso e co-promosso da European Alternatives, l’evento ha rappresentato l’opportunità per la città di confrontarsi, appunto, sul municipalismo, inteso come un processo di cambiamento che ha portato i movimenti a entrare in relazione con le istituzioni o a farne direttamente parte.
Il municipalismo è ormai un fenomeno che si sta diffondendo a macchia d’olio in molte parti dell’Europa. Ieri sera è stato dato spazio alle esperienze italiane di Messina, Barcellona Pozzo di Gotto, Napoli, Bologna, e della Spagna (Madrid, Barcelona, Coruña, e Saragoza).
L’incontro, moderato dalla giornalista di Left Tiziana Barillà, è stato seguito da un folto gruppo di persone ed è stato aperto dagli interventi di Marta Cillero e Federico Alagna.
Alagna, portavoce di CMdB, ha sottolineato come sia stata un’innovazione “mettere in relazione l’esperienza di Cambiamo Messina dal Basso con ciò che sta accadendo in Spagna”. L’attiva partecipazione di European Alternatives è stata determinante per la concretizzazione di una nuova riflessione collettiva sul municipalismo. Il movimento messinese sembra consapevole delle critiche ricevute anche da coloro che fino a qualche tempo fa ne hanno fatto parte e che oggi hanno deciso di prendere le distanze, ma ritiene che “considerare vere una parte di queste critiche deve spingere a ragionare su quanto sia importante iniziare e continuare il percorso di condivisione, all’interno e all’esterno del movimento”. “Misurare il grado di rivoluzione dei politici entrati – ha continuato Alagna – nelle istituzioni grazie ai movimenti dal basso può anche portare a una forma di delusione”. L’incontro voluto da CMdB ha avuto lo scopo di “capire non solo ciò che si sta facendo oggi dentro l’istituzione, ma anche quali dinamiche cambiare”.
Il primo vero intervento è stato quello dell’assessora per la partecipazione e il territorio di Barcelona, Laia Forné, la quale ha ringraziato, attraverso il traduttore che ha aiutato la comprensione dell’intervento in lingua spagnola, CMdB per l’invito, perché “per Barcelona è molto importante arricchirsi e confrontarsi anche sulle differenze”. Il movimento del quale fa parte è nato dalla PAH, una piattaforma che difende il diritto alla casa. Proprio una delle rappresentanti di questo movimento, Ada Colau, è divenuta a giugno dello scorso anno sindaca di Barcelona. Dopo la raccolta firme per arrivare alla candidatura, il movimento non ha assunto l’aspetto di un partito politico, ma di “un collettivo di persone che mai prima di allora aveva creduto di poter arrivare alle istituzioni. Un ricettacolo di persone che hanno costruito la lista civica partendo da movimenti sociali e rappresentanti civici”. Oltre a Barcelona en Comú, altri movimenti sono nati in Catalogna e in Spagna e – pur mantenendo le differenze – hanno deciso di lavorare insieme e cooperare per raggiungere il risultato di oggi. “Per la prima volta – ha raccontato l’assessora Forné – molte persone hanno ricoperto responsabilità nell’istituzione. E ciò non è stato facile, perché non essendo politici, il movimento ha dovuto imparare i trucchi del mestiere”. Il risultato è che “dopo un anno di esperienza, il movimento ha capito che si poteva alzare la voce all’interno delle istituzioni”. Inoltre, il municipalismo è fondamentale perché “è impossibile il cambiamento senza un muscolo sociale, che spinga l’istituzione ad andare oltre”. Attualmente, il movimento spagnolo è riuscito ad allargare la propria esperienza locale, provando a prepararsi per le elezioni regionali. Però, le istanze che il movimento ha portato all’attenzione delle istituzioni, anche ottenendo dei risultati, sono ancora esistenti e richiedono risposte. Se questo può sembrare un limite, in realtà è una ulteriore spinta a non fermare il lavoro e il processo di cambiamento iniziati.
Claudia Delso, assessora alla partecipazione e all’innovazione democratica della Coruña, il cui intervento è stato in lingua italiana, ha raccontato con emozione la sua esperienza personale di attivista “improvvisata”. Il movimento di cui fa parte è costituito da persone che, come lei, “avevano girato il mondo e poi avevano deciso di ritornare nella propria terra”. L’apertura al municipalismo è stata necessaria, così come accaduto in altre realtà, perché “la gente è uscita nelle piazze di Madrid – ha raccontato Claudia Delso – e in tutte le altre città della Spagna. Lo ha fatto anche se non aveva ancora del tutto sviluppato una coscienza politica”. Dopo l’esperienza di Barcelona, con le attiviste della PAH, anche Coruña ha deciso di raccogliere le firme e proporre una nuova esperienza politica. Per Claudia Delso questo processo non è stato semplice, poiché è complesso “limitare le perversioni del potere”. Inoltre, “governare una città è sempre una cosa temporanea, quindi bisogna costruire qualcosa che resti anche dopo”. Interessante, nell’intervento dell’assessora, il concetto di “tempo”. Creare un assessorato, che prima non c’era, è stato un privilegio, ma lo è stato anche “avere tempo per pensare”. Di solito nelle istituzioni ve n’è poco, poiché esse non possono pensare, ma dovendo gestire tutto in modo rapido, qualche volta “possono sbagliare”.
Anna Fava, attivista dell’ex asilo Filangeri di Napoli, ha racconto la storia de L’Asilo, il movimento nato con l’Amministrazione De Magistris. I conflitti generati in Campania, attorno al tema del traffico dei rifiuti e delle discariche, hanno visto una grande partecipazione popolare. Lì è iniziata l’esperienza di De Magistris che proveniva da un altro settore, quello giuridico. In pochi, ha raccontato Anna Fava, “pensavano di poter arrivare a governare e quindi di entrare nelle istituzioni”. Ed è dal successo di questa esperienza che è nato il movimento, che però “non è un’istituzione anche se in essa in qualche modo è nato”. L’Asilo funziona in maniera orizzontale, poiché le decisioni prese sono “lente, stabilite in orizzontale e quindi non autoritarie”. “L’istituzione ha capito che stava accadendo qualcosa – ha continuato Anna Fava – e che bisogna lasciare il tempo di sperimentare e poi tradurre la sperimentazione in regole condivisibili e visibili non solo all’interno dell’esperienza, ma a tutti”. Frutto di questa riflessione è stata la redazione, in tre anni, del regolamento di uso civico al quale hanno potuto partecipare tutti (artisti, persone comuni, filosofi, sceneggiatori, scenografi, etc.). Per L’Asilo, la pratica è una forma di sapere, tanto che “non è solo l’accademia a produrre saperi, poiché essi provengono anche dalla comunità e dal suo agire quotidiano”. Tutti i saperi, alla fine, possono portare a esperienze nuove. In altre parole, “rispondere alla crisi della democrazia vuol dire creare luoghi dove creare una partecipazione”. Infine, affinché ogni forma democratica non si svuoti, è necessario il conflitto costruttivo, in grado di canalizzare le energie e portare avanti il processo democratico. Il conflitto inteso dal movimento napoletano ha alla base un “paradigma ecologico, dove una parte non deve dominare culturalmente l’altra, perché la diversità degli approcci culturali e delle idee può essere veramente un valore”.
Ivana Risitano si è trovata nel doppio ruolo di militante di CMdB e di consigliera comunale. “La candidatura di Renato Accorinti a sindaco – ha ricordato – è nata con una raccolta di firme dal basso. La prima contraddizione sembrava proprio nella figura di Renato: carismatico e già promotore di numerose battaglie sociali”. La città di Messina a volte “è apatica e rassegnata, ed è stata politicamente di destra, oltre ad avere infiltrazioni massoniche nel pubblico e nel privato”. La candidatura di Accorinti è stata, quindi, una sorta di sfida nella quale il movimento civico credeva molto, ma non pensava di poter superare il 4%. “Durante la campagna elettorale – ha affermato ancora l’assessora – eravamo tutti per strada, anche quando siamo stati derisi sia per le battaglie di Renato, sia per le forme di festa della nostra presenza. Eppure, abbiamo stilato un programma che ci ha permesso di salpare con la nostra nave”. Ivana Risitano non dimentica che CMdB si è nel tempo “trasformato”, anche dopo gli abbandoni e quelli che lei definisce “ammutinamenti”. L’obiettivo iniziale del movimento messinese “non è stato politico, ma di cambiamento della città, affinché si raggiungesse almeno quel minimo per poter dire che non si poteva più far finta di nulla, che non si poteva più tornare indietro”. “Dopo l’elezione di Renato Accorinti – ha ricordato ancora – si è posto il problema del rapporto movimento-istituzione. Un movimento che è nato senza libretto di istruzione, che voleva darsi delle regole, ma non voleva perdere lo spirito originario. Da lì è iniziato un processo lungo, durato mesi, che ha visto la redazione di una carta di intenti che permettesse di mettere anche dei paletti all’elettorato trasversale di Renato Accorinti”. Il movimento CMdB ha capito, nel tempo, di avere anche diversi limiti, tra cui ad esempio quello di non avere una metodologia che andava però sviluppata, poiché “la spontaneità era la principale caratteristica”. “A livello personale – ha continuato la consigliera – il tentativo di essere in qualche modo l’espressione del movimento dentro il consiglio comunale e la relazione con la Giunta ha creato non poche crisi”. La voglia di fare sintesi cozzava con i tempi dell’istituzione o del giornalismo calzante. Ciò ha generato, secondo Risitano, anche una sorta di allontanamento di CMdB dalla gente, perché era intenta a trovare un linguaggio da adoperare per parlare con la Giunta. I giudizi negativi ricevuti, soprattutto quelli legati alla poca critica mossa nei confronti dell’amministrazione, è stata spiegata da Ivana Risitano come il tentativo di “difendere quel germoglio che era fragile”. Ma il movimento messinese, per la consigliera, sembra aver comunque raggiunto delle importantissime conquiste: “stare insieme con i corpi” e non solo telematicamente come il M5S; creare tavoli tematici; lavorare sulle pari opportunità e sulla non violenza; sui rifiuti, etc.
Emily Clancy ha precisato che il movimento bolognese del quale fa parte è molto attivo, pur essendo all’opposizione. Per tracciare la storia della nascita della “Coalizione civica di Bologna”, la consigliera ha raccontato il momento di cambiamento politico vissuto dalla città di Bologna. “La storia è cambiata – ha affermato Clancy – perché la città ha subito due ferite grosse: una nel 2013, con il referendum vinto, che ha visto finanziare le scuole parastatali e gli asili privati, con l’indifferenza dell’amministrazione che non ha battuto ciglio. L’altra ferita è rappresentata da oltre 200 sgombri di chi non aveva casa”. Coalizione civica è nata per protestare anche contro tutto questo: “abbiamo deciso di metterci insieme, anche se ciascuno di noi aveva linguaggi e geografie politiche diverse”. Durante la scrittura del programma elettorale, che però li ha visti non arrivare al ballottaggio tra PD e Lega Nord, sembra che nessuno abbia abbandonato la propria identità, ma abbia deciso in ogni caso di indossare anche quella nuova del collettivo.
L’intervento di Renato Accorinti è stato il primo previsto nello spazio libero. Con il linguaggio che lo ha sempre caratterizzato, è intervenuto giocando attorno a due concetti: quello della pazienza e quello della spiritualità. La pazienza di accettare le critiche che piovono da più parti permette di restare ben saldi; mentre la spiritualità è quella forma alla quale tutti dovrebbero aspirare per migliorare la propria condizione umana. Ha definito il movimento messinese una bella esperienza, al di là dei limiti. E soprattutto ha mostrato contentezza per il proprio lavoro svolto, perché essere sindaco con “40 consiglieri, vuol dire essere sindaco di tutti”. Il sindaco messinese ha comunicato di non essere privo di dubbi, ma di essere convinto che “l’umiltà possa aiutare molto, che sia una risorsa preziosissima, soprattutto per chi crede nella forza degli esseri umani”. Per il Sindaco di Messina, il patrimonio di questa esperienza è stata quella di mettere insieme le energie e per farlo ci sono volute determinazione e, appunto, pazienza. “Il cittadino – ha concluso Accorinti – è la parte fondamentale e centrale dell’istituzione. Anzi, il miracolo è quello di entrare dentro le istituzioni da cittadino e restare tale”. Il sindaco, per essere tale, deve stare dalla parte degli ultimi e portare avanti i valori alti per il bene comune.
Per Tonino Perna, docente dell’Università degli Studi di Messina, “la lunga catena mondiale della globalizzazione non è altro che lo scaricabarile sul più debole. Anche lo Stato fa uguale: scarica sul più debole la propria crisi di sistema”. Per il sociologo, “non è più possibile accettare che il debito pubblico creato in Europa per salvare le banche nel 2017 ricada sui cittadini”. Non risparmia commenti al recente voto della Brexit: “a votare è stata la gente che soffre più di altri la crisi”. Ecco perché, per Perna, è necessario che nasca “l’Europa delle città, senza con questo abolire lo Stato, ma che permetta alle città di essere una massa critica capace di trasformare i poteri forti”. Un ultimo sguardo il docente lo ha rivolto ai fatti attuali legati al terrorismo. “La seconda questione che oggi ci si pone – ha affermato Tonino Perna – e cambia pericolosamente il quadro dove operiamo, è il terrorismo. Quel terrorismo che, fino a pochi anni fa, non faceva politica. Ciò che succede in Turchia succede anche in Francia: con la scusa del terrorismo, si stanno impedendo le manifestazioni sociali in piazza in materia di occupazione”. La democrazia sta diventando “più piccola, più anemica, più difficile. Il terrorismo toglie spazi di democrazia e di libertà, di conquiste sociali già avvenute”. A questo problema non è facile rispondere “se non con la partecipazione”. Infine, la linea di confine tra il populismo e la partecipazione “sta nel fatto che non si dovrebbe cercare un uomo che salvi la patria”, ma dare spazio a tutta la collettività. Bisogna dunque partire dalla partecipazione per arrivare alla municipalità, anche se è una cosa molto difficile.
Pier Paolo Zampieri, ricercatore dell’Università degli Studi di Messina in Sociologia del territorio, ha sottolineato come la cittadinanza sia bloccata in una “stretta morsa di indifferenza e delegazione totale da una parte, e nella repressione dall’altra”. A tal proposito, ha fatto cenno alla vicenda sia del Teatro Pinelli, sia dell’ex scuola Foscolo. Per il sociologo messinese, dall’esperienza culturale del Pinelli “è nata una pratica e una visione di utilizzo degli spazi che sono legalmente chiusi”. In un periodo di così profondi cambiamenti, per il docente, l’Amministrazione dovrebbe concedere gli spazi pubblici, senza lasciare nelle pastoie burocratiche le delibere buone che si ottengono. Ciò perché il diritto deve essere espressione della pratica.
Il senatore Francesco Campanella ha riflettuto sul modo di costruire la partecipazione, passando da un nuovo modo di fare politica, poiché “c’è bisogno di una politica che viva della curiosità dell’altro, dell’ascolto e dell’accoglienza”. Vedere nell’altro un ostacolo, per il senatore, vuol dire oggi “acquisire consapevolezza per superarlo”. L’ascolto è, per Campanella, il principale strumento da adoperare.
Raffaella Campo, oggi consigliera comunale di Barcellona Pozzo di Gotto, ma in passato assessora nella Giunta Collica, milita nel Movimento “Città Aperta” dall’anno della fondazione nel 2006. Il movimento barcellonese nasce in quell’anno sulla scia della candidatura di Rita Borsellino alle elezioni regionali, con un occhio attento ai cantieri e ai tavoli tematici. La prima campagna elettorale alla quale “Città Aperta” ha partecipato non ha ottenuto risultati rilevanti, ma la seconda volta ha portato la candidata a Sindaco Maria Teresa Collica a governare la città. “L’esperienza – racconta la prof.ssa Raffaella Campo – è stata per certi versi traumatica, perché ha obbligato tutti a prendere atto di una realtà e di un sistema che sono lontani dalle logiche dei movimenti. Abbiamo sperato di lavorare sul sistema, per cambiare alcune regole, nonostante in Consiglio avessimo solo due rappresentanze”. Appena la legge lo ha permesso, però, lo stesso Consiglio Comunale ha deciso di frenare quella ventata di cambiamento che aveva attraversato la città, sfiduciando la sindaca e portando alle nuove elezioni che hanno visto alla resa dei conti vincente la coalizione di destra con Roberto Materia. Per la consigliera, inoltre, “rilevante è per un movimento avere consiglieri in Comune, perché è un importante anello di congiunzione tra i cittadini e l’istituzione”.
L’intervento di Valentina Roberto, attivista sindacalista, si è concentrato soprattutto su una lettura differente del Pinelli e dello sgombero. Per la sindacalista, “la contraddizione del movimento Pinelli è consistita nel lottare, fare conflitti per un diritto e nel momento in cui si stava raggiungendo l’obiettivo, il movimento ha fatto un passo indietro e ha perso la durezza iniziale”. In altre parole, per Valentina Roberto il vero sgombero non è stato quello posto in essere dalle forze dell’ordine, ma in qualche modo dall’arresa dello stesso collettivo Pinelli.
Oltre agli interventi seguiti con attenzione e moderati con spunti di riflessione dalla giornalista di Left, si è notata tra il pubblico la presenza del vice-sindaco di Messina Tanino Cacciola, dell’assessore ai beni comuni Daniele Ialacqua, dell’assessore alle politiche del mare Sebastiano Pino, della consigliera comunale di CMdB Cecilia Caccamo, dell’ex assessore della giunta Collica Roberto Iraci, del consigliere comunale di “Città Aperta” di Barcellona P.G. Antonio Mamì, della presidente delle comunità e confraternite elleniche in Italia Olga Nassis, della componente del comitato promotore regionale S.I. Alessandra Minniti, dei delegati del sindaco di Monforte Giuseppe Cannistrà, della comunità srilankese e della comunità islamica.