Le recenti conoscenze acquisite dagli organi di Polizia e dalla Autorità Giudiziaria attraverso le indagini “Infinito” e “Crimine” , hanno contribuito a svelare le evoluzioni della struttura della ‘ndrangheta: non una congerie di autonome entità mafiose che in ordine sparso, come mortifere metastasi, si propagano in Italia ed all’estero in cerca di nuovi guadagni, bensì un fenomeno criminale molto ben organizzato e strutturato, tutto proteso verso lo stesso obiettivo, coincidente con l’accumulazione di risorse, il controllo del territorio, l’infiltrazione, il condizionamento della cosa pubblica e il ferreo controllo. Il ferreo controllo è rivolto sia al corpo sociale nelle località di origine, dove la ‘ndrangheta ha sempre mantenuto la sua “sede sociale”, sia nei nuovi territori dove riproduce le strutture e le gerarchie caratteristiche della realtà di provenienza degli associati.
Questa potentissima organizzazione mafiosa oggi, continua a condizionare e mantenere il controllo di tutte le compagini sociali ed economiche calabresi, ma non solo. È così abituata a controllare tutto, che nel 2010 ha portato allo scioglimento, per accertate infiltrazioni mafiose addirittura un’associazione di Scout di Rosarno.
Badate bene che, c’è differenza tra il riuscire a condizionare un’associazione di scout e condizionare l’elezione o le scelte di un sindaco e della sua giunta comunale, ancor più se parliamo di comuni del nord Italia.
La penetrazione nella politica del paese, da nord a sud, è una cosa molto diversa.
Al sud, le infiltrazioni mafiose nella vita sociale, ahimè, sono una periodica costatazione che viene fuori dalle inchieste giudiziarie; gli stessi accadimenti, riferiti ai comuni del nord Italia, ci fanno pensare che la situazione ci è sfuggita di mano, che tutto continua ad essere sottovalutato e taciuto, e che si tratta di una lotta impari.
Prima delle scandalo “Family”, infatti le indagini confermavano l’esistenza di una “zona grigia” tra ndrangheta e politica, ma limitata al livello locale, che si concretizzava nel fatto che i malavitosi calabresi tendevano a convogliare i voti su chi pensano fosse più incline al sodalizio
Era evidente che alla ndrangheta non interessasse l’ideologia politica di fondo abbracciata da un partito, che la ndrangheta non guarda ne a destra ne a sinistra, ma soltanto al proprio interesse che si realizza attraverso l’avvicinabilità dei rappresentanti politici a qualunque livello essi si trovino. Si pensi al sindaco di Trezzano sul Naviglio , ad esempio, che nel 2010 venne arrestato per aver incassato mazzette dalla ndrangheta al fine di favorire la società <Kreiamo> .
Questa “disponibilità” di alcuni rappresentanti politici del nord, ha portato allo scioglimento per infiltrazioni mafiose diversi comuni. Per la Liguria, nel 2010 toccò ai Comuni di Bordighera e nel 2012 fu la volta di Ventimiglia . In Piemonete fu sciolto il Comune di Leinì e quello di Bardonecchia (2010). In Lombardia, nel 2010 viene sciolto il comune di Desio, nel cuore della Brianza; dal 1991 al 2012, si conta che in Italia sono stati ben 221 i comuni interessati da infiltrazioni mafiose e sebbene 53 sono comuni calabresi, gli altri 168 sono comuni appartenenti al resto d’Italia.
Per “inquinare” una amministrazione comunale però, occorre poter contare su una fitte rete di legami e di relazioni con tutte le espressioni della realtà locale nelle sue varie componenti: culturale, economica, imprenditoriale, politica, sociale, etc.
Tale potere non si ottiene in pochi anni e neppure solo con l’intimidazione o il “fare mafioso” che dovrebbe trovare terreno fertile ed una certa deprecabile condivisione/tolleranza solo nei luoghi di origine della ‘ndrangheta e non anche nei comuni lombardi, di altre regioni del Nord Italia e, finanche, all’estero.
Solo nel febbraio del 2012 si parla di ndrangheta al nord per la prima volta, in modo chiaro, e senza tanti giri di parole, in una di quelle sedi che sino ad allora (se non per un breve periodo) non aveva neanche inserito il nome della ndrangheta tra le associazioni di stampo mafioso esistenti in Italia.
In una commissione parlamentari, tenuta all’Onorevole Cancellieri Ministro dell’Interno, si denuncia la minaccia della criminalità al Nord, illustrando, con dati alla mano il tesoro delle mafie.
Riferisce che, dal 2009 ad oggi sono stati sequestrati 5.974 beni alla criminalità organizzata nel settentrione, per un valore di circa un miliardo e mezzo di euro. Le confische hanno invece riguardato 1.606 beni. La maggior parte dei sequestri (2.798 per un valore di oltre un miliardo di euro) è stata fatta in Lombardia; seguono Piemonte (1.658) e Liguria (804). L’onorevole inoltre sottolineato “la difficoltà di intercettare il percorso migratorio delle organizzazioni criminali verso altri contesti ambientali per l’indubbia capacità di mimetizzare la loro presenza affermandola, generalmente, con modalità incruente che non contemplano, o non implicano, la commissione di atti di sopraffazione violenta, riservati solo a casi estremi, quanto piuttosto di corruzione“.
In particolare, il Ministro da un allarmante giudizio sulla penetrazione delle cosche calabresi. La ‘ndrangheta, ha salde radici anche nel Nord Italia e da questo punto di vista conferma la diagnosi di organizzazione criminale oggi più pericolosa tra quelle che hanno avuto origine nel nostro Paese.
La mafia calabrese, ha aggiunto, “a differenza di altre consorterie, costituisce proprie strutture nei territori di nuovo insediamento, collocandovi le cosiddette ‘locali’, organizzate secondo il modello criminale che vige nelle stesse terre di provenienza“.
La ndrangheta degli ultimi tempi, ha indossato una veste nuova, adeguandosi ai cambiamento, trovando nuove soluzioni criminali, mantenendosi saldamente ancorata alle proprie origini, si è evoluta diventando una delle principali imprese criminali mondiali.
Quindi, non si può più parlare più mafia che arriva dal sud, con le sue regole di organizzazione e i suoi equilibri, è una lettura della realtà che andava bene 30 anni fa.
La ndrangheta oggi è impiantata al nord, grazie a dei vasi comunicanti e ad un silenzio culturale.
La parola omertà fa indignare se associata al nord, poiché considerata applicabile esclusivamente alla “cultura meridionale” o quei territori ad alto tasso mafioso, sempre del sud Italia ovviamente ….
Ma la parola omertà …..Se rivolta al sud, significa tacere, equivale alla sopravvivenza. Ma se pronunciamo lo stesso termine, rivolgendoci al nord, ha un peso specifico . L’omertà del nord è l’omertà dell’imprenditore, che tace circa un suo partner economico, che magari ha legami con le organizzazioni, è silenzio omertoso riguardo all’evasione fiscale. L’omertà del nord e l’omertà declinata in un aspetto economico, culturale. Tutto ciò che al nord è distanza riguardo al problema mafioso, oggi è omertà, è un problema che non riguarda più solo il mezzogiorno d’Italia.
Concordo e concludo con Enzo Ciconte nell’affermare che nello sviluppo della ndrangheta in Padania sono evidenti le responsabilità delle classi dirigenti del nord che si sono comportate esattamente come un tempo hanno fatto le classi dirigenti e i politici meridionali cioè negando l’esistenza della mafia e nel frattempo facendo affari con i mafiosi .
Nicoletta Rosi