Nei secoli fedele allo Stato.

Di Eugenio Papetti 

L’arma, i piduisti, i golpisti, i brigatisti, le coperture eccellenti, gli anni di piombo nel racconto del generale dei CC Nicolò Bozzo. 2006 ed. Fratelli Frilli.

“Nel 1972 venni destinato allo Stato Maggiore della Pastrengo e nei primi sei mesi di permanenza allo Stato Maggiore fui destinato alla lettura di documenti, informazioni, analisi, sotto la supervisione di un tenente colonnello […] Il 17 maggio 1972 [omicidio Calabresi] morì un amico, un servitore leale dello Stato, un dirigente dell’ufficio politico dotato di un’elevata capacità di analisi e mai prono al potere, marito e padre esemplare. Chi lo ha ucciso? Alle sentenze che hanno indicato nomi e contesti precisi sono sempre rimasto titubante, se non freddo.

Calabresi, me lo confidò direttamente, seguiva da tempo la pista di un traffico di armi dalla Svizzera. Quell’inchiesta approdò il 21 settembre 1972 all’arresto di Gianni Nardi, un pericoloso estremista nero, il cui nome compare negli elenchi della Gladio, insieme a quelli, tra gli altri, di Gianfranco Bertoli, Enzo Dantini, Marco Morin, Mario Pistolan, Enrico Zorzi, Luigi Zorzi, Marco Zorzi, Gianni Colombo, tutti personaggi appartenenti all’eversione di destra […] Negli anni successivi, nonostante l’arresto di Nardi, ufficialmente morto a Palma di Majorca il 10 settembre 1976, e il suo coinvolgimento nell’inchiesta sull’assassinio di Calabresi, quel prezioso materiale sull’eversione neofascista finì a macerare da qualche parte[5] […] Un perito della Procura di Brescia, incaricato nell’inchiesta sulla strage di piazza della Loggia, ha riportato in luce le carte dell’archivio del Nucleo Antiterrorismo della Questura di Milano. Negli appunti ricorrono una serie di nomi noti e meno noti, comunque tutti chiacchierati, tutti coinvolti nelle principali inchieste dell’epoca e tutti in stretto collegamento con i servizi segreti. Gli appunti sono da attribuirsi a una fonte confidenziale, tal Luigi Salatino, allora detenuto nel carcere di Brescia, che in una lettera al presidente del Tribunale di Roma accennava a un traffico internazionale di armi con centro operativo a Lugano […] Resto convinto che nel 1972 rabbia e rancore, sentimenti diffusi nell’estrema sinistra, non fossero una miscela incendiaria per vendicarsi di un funzionario di polizia. All’atto pratico che cosa ne avrebbe ricavato Lotta Continua sul piano politico? Nulla.

 L’omicidio sarebbe stato un vuoto a perdere per l’organizzazione, che non aveva suggestioni di pratica armata, e certo in concorrenza con quei gruppuscoli che teorizzavano l’uso delle armi […] È stata fatta un’interessante verifica sui modi e sui tempi delle fonti confidenziali che gli apparati dello Stato avevano all’interno dell’estremismo di sinistra e di Lotta Continua in particolare. E qui si riceve una prima sorpresa: più ci si avvicina alla data dell’assassinio del commissario Calabresi minore è la produzione delle fonti che s’inaridiscono fino a scomparire del tutto. L’informatore denominato “Como”, di “buon’internità” a Lotta Continua, cioè vicina all’apparato dirigente, “presenta un varco informativo che va dal 14 settembre 1971 al 13 giugno 1972. Tale varco comprende l’omicidio Calabresi. Dato il clima politico-sociale nel quale si verificò l’azione omicida, non era affatto azzardato supporre una matrice eversiva di sinistra e quindi implementare l’attività delle fonti di settore” […] Il 30 marzo 2001 il sostituto procuratore della Repubblica di Milano, Massimo Meroni, sollecitava il SISMI, il servizio segreto militare, “affinché fornisse l’identità della fonte “Como”, quella delle altre operative nello stesso settore e precisasse se la produzione “Como” a suo tempo trasmessa fosse integrale”. Il 15 maggio il SISMI rispondeva in ordine alle questioni sollevate: 1. la fonte “Como” era deceduta da 13 anni; 2.

il giudice istruttore Salvini aveva acquisito l’intera raccolta; 3. dalla cartella indice del fascicolo in esame “emergeva chiaramente che nel periodo compreso tra il 14 settembre 1971 e il 13 giugno 1972 la suddetta fonte non aveva prodotto informative”. L’ultima risposta è una palese stonatura. Considerati i tempi, era mai accettabile che i servizi segreti non reagissero dinanzi all’inaridimento di una fonte piazzata all’interno della galassia della sinistra extraparlamentare? Da approfonditi rilievi sulla cartella e sulla numerazione dei fogli, gli inquirenti hanno accertato la mancanza di 26 atti e la presenza sui documenti di diverse manoscritture, il che farebbe sospettare anche diverse manomissioni e un paio di errori di registrazione […] Non è verosimile il lungo sonno di “Como”, fonte antecedentemente allertata a più riprese e attentamente seguita dai suoi gestori […] Lo stesso ufficiale dei carabinieri chiamato a tracciare un’analisi dall’insieme degli elementi raccolti ha invitato i magistrati a non trascurare l’ipotesi che l’omicidio Calabresi, eseguito e organizzato per i giudici da Leonardo Marino, Ovidio Bompressi, Giorgio Pietrostefani e Adriano Sofri, “sia stata una sofisticata operazione del tipo di quelle che gli inglesi definiscono “derivative”, in questo caso un “derivative assassination”, vale a dire un “omicidio preso da altri”, altrettanto noto e voluto da terzi soggetti, da non escludersi in collegamento e infiltrati tra i reali autori” […] Il 31 maggio 1972 nei pressi di Peteano, in Friuli, salta in aria una FIAT 500 imbottita di tritolo.

Nell’esplosione muoiono tre carabinieri, richiamati sul posto da una telefonata anonima. Reo confesso della strage è un militante di Ordine Nuovo, Vincenzo Vinciguerra. Delle indagini è investita per giurisdizione la Divisione Pastrengo, ma l’indagine registra un andamento fotocopia di quella di piazza Fontana. Il copione si ripete: invece degli anarchici la sinistra extraparlamentare, gli ambienti vicini a Lotta Continua.

Le indagini sono così sviate, mentre si moltiplicano indizi, elementi di accusa e voci che riconducono la responsabilità all’estremismo nero.”