Neoborbonici, una “storia” da riscrivere

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Alla base di tutto c’è l’orgoglio di essere Meridionali, di studiare e scoprire che la storia, quella che pensavamo di conoscere dai libri di scuola, forse non è esattamente come ce l’hanno raccontata. i Neoborbonici – fautori di un movimento culturale composto da diverse organizzazioni, molto attivo nel Sud Italia –  mettono in guardia dai luoghi comuni sull’ignavia del Meridione e dei suoi governanti del passato.

«Potevamo definirci neogreci, neoaragonesi, ma ci siamo definiti neoborbonici perchè con i Borbone, per l’ultima volta, i Meridionali sono stati un popolo amato, rispettato e temuto in tutto il mondo», si legge sul sito del Movimento Neoborbonico (http://neoborbonici.it), una delle più importanti espressioni di questo fermento culturale, insieme ai Comitati delle due Sicilie (http://comitatiduesicilie.org/) e al Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio (http://realcasadiborbone.it).

 

Marco Grassi, neoborbonico “indipendente” ma non meno appassionato, segretario dell’Associazione Amici del Museo di Messina, racconta la storia, le tesi e il contesto socioculturale in cui si inseriscono questi movimenti: «Le espressioni sono tante e non sempre coordinate tra loro, ma l’obiettivo comune è diffondere, il più possibile, la “verità storica” sull’Unità d’Italia, una vera e propria occupazione della penisola da parte del Regno di Sardegna. Mentre il Regno delle Due Sicilie era tutt’altro che retrogrado, ma secondo per flotta mercantile e militare, nel Mediterraneo, solo all’Inghilterra. Da allora cominciarono i problemi per il Sud Italia. Negli ultimi anni c’è stata una produzione saggistica notevole sull’argomento. Su internet è possibile trovare documenti e video di diverso genere, sia sui siti delle associazioni che su YouTube. Una delle iniziative più recenti è stata la marcia a Torino, in segno di protesta contro il Museo di antropologia criminale, dove si conservano gli studi ottocenteschi di Cesare Lombroso sull’inferiorità della razza meridionale».

 

Il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio vanta la tradizione più antica e un legame diretto con la Real Casa di Borbone delle Due Sicilie. Nel tempo, si legge nei documenti che ne raccontano la storia, «ha sempre saputo trovare una sua specifica funzione di servizio nelle varie epoche della storia della Chiesa, adattandosi, sotto la guida dei Gran Maestri, alle reali esigenze del divenire degli eventi […].Tramite il D.P.R. 30 marzo 1973 si è eretta in Ente morale l’Associazione Nazionale dei Cavalieri Costantiniani, che esplica la sua attività attraverso il volontariato e la donazione di apparecchiature medico-scientifiche, e inoltre fornisce mezzi di soccorso e sostegno ai malati e alle popolazioni colpite da calamità naturali». Sul loro sito una sezione è interamente dedicata a “La Real Casa Oggi”, con una breve biografia e le foto dei discendenti di sangue borbonico: il Principe Carlo e la moglie, la Principessa Camilla, Duchi di Castro, e le principesse Beatrice e Anna.

 

I Comitati delle Due Sicilie, per motivare la propria esistenza, si rifanno alla definizione dell’Illuminismo del filosofo Immanuel Kant, ovvero «rappresentano l’uscita del Popolo meridionale dallo stato di minorità che esso deve imputare per prima cosa a centoquarantasette anni di scellerato colonialismo e in secondo luogo anche a se stesso». Mentre Gabriele Falco spiega, con toni enfatici, «chi si è fatto promotore della costituzione dei Comitati delle Due Sicilie vuole far sì che le Regioni e la popolazione un tempo costituenti il Regno delle Due Sicilie acquistino, all’interno dello Stato italiano, unitario e repubblicano, quella considerazione e quella dignità che finora, complici interessati maneggi di certa parte del Paese e perdita di memoria storico-politica di un’altra parte, non hanno mai avuto. Certo, il cammino non sarà breve né facile, e probabilmente alla meta arriveranno solo i nostri discendenti. Tuttavia è indubbio che noi abbiamo l’obbligo morale di preparare il terreno a chi verrà dopo di noi, per renderlo cittadino consapevole, attivo e arbitro del suo destino. Forza e onore!».

 

Il Movimento Neoborbonico si rifà alla ricostruzione della storia del Sud e dell’orgoglio di essere Meridionali, attraverso ricerche in archivi e biblioteche, convegni, celebrazioni, pubblicazioni e seminari nelle scuole superiori e tra gli iscritti, perché «per troppo tempo sui libri delle scuole elementari come delle università è stata raccontata una storia falsa e mistificata cancellando i nomi di chi, da Francesco II di Borbone all’ultimo dei briganti, ha creduto negli ideali di un’altra storia, stando dalla difficile parte dei vinti e non da quella assai conveniente dei vincitori». Nella descrizione del movimento, in bella evidenza, la precisazione di non essere un movimento politico-elettorale, tanto meno federalista, separatista o monarchico. Il movimento vanta anche un inno ufficiale, opera dello scrittore Riccardo Pazzaglia, scritto sulle note dell’inno nazionale delle Due Sicilie di Giovanni Paisiello.

 

Questi tre organismi e l’Associazione Amici del Museo di Messina, un «sodalizio culturale senza nessun fine di lucro che propone la salvaguardia e la promozione del nostro ricco patrimonio storico, artistico ed etno-antropologico ed, in modo particolare, quello museale della Città di Messina e della sua vasta Provincia», stanno organizzando, il prossimo marzo, a Messina, la rievocazione storica dell’eroica difesa della Real Cittadella, in occasione del centocinquantesimo anniversario dell’avvenimento. Marco Grassi anticipa gli eventi previsti: il tradizionale omaggio ai caduti borbonici, al bastione Santo Stefano e un convegno che avrà come ospiti i principali esponenti del Movimento Neoborbonico.

Tra le iniziative concrete sul territorio, la ricostituzione del Parlamento delle Due Sicilie e qualche intitolazione a Ferdinando II di Borbone di vie cittadine, soprattutto nei piccoli centri della Sicilia. «Ma non tutte le amministrazioni – continua Grassi – sono sensibili a queste iniziative, poche partecipano o supportano le varie attività, la maggior parte le ignora. Il problema maggiore, poi, rimane sempre la frammentazione dei vari gruppi».

 

A Messina, intanto, si lavora per un’altra rievocazione storica. «Nel settembre 1810, quando, in Europa, Sicilia e Gran Bretagna erano rimaste l’ultimo baluardo antinapoleonico, ci fu un tentativo di occupazione francese, con uno sbarco sulla spiaggia di Mili Marina. La popolazione del posto ricacciò letteralmente indietro gli invasori», ricorda l’appassionato neoborbonico. A duecento anni di distanza, si vorrebbe celebrare l’avvenimento con una lapide commemorativa, un convegno e un piccolo corteo storico.

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