Non parlo piu’, la vera storia di Rita Atria

“Un altro mondo dove sei giudicato per quello che sei. Un messaggio forte quello di Rita Atria che a oggi fa ancora paura”.

Aveva 17 anni, ripudiata dalla madre, lontano dalla sua terra, riesce a trovare in Paolo Borsellino il sostegno, la forza e il coraggio per combattere la mafia, la sua famiglia. Fino al 19 luglio 1992, giorno della strage in via d’Amelio. Nuovamente sola, decide di suicidarsi lanciandosi dal settimo piano del suo appartamento romano.

Intervistiamo Nadia Furnari, Direttivo Associazione antimafie Rita Atria’, associazione che ha fortemente voluto la rimessa in onda del film ‘ Non parlo più’ di Vittorio Nevano, che racconta la vita di Rita Atria. 26 ottobre dalle ore 11.00 alle 14.30, RAI Premium (canale 25).

La testimonianza di Rita Atria, figlia del Boss della famiglia Partanna, morto a sua volta per mano mafiosa insieme al figlio, divenne fondamentale per le indagini di quella che fu definita la ‘seconda guerra di mafia’, conflitto interno a Cosa nostra che iniziò nel 1978 e terminò nel 1983.

Per la seconda volta la mafia gli strappava via le speranze, gli affetti.

Così scrive prima di morire nel luogo che doveva proteggerla:

“Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici; la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci.  Borsellino sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta”.

“Rita non si è tolta la vita per ignavia, ma perché ha capito che molto probabilmente sarebbe rimasta sola, l’avrebbero trovata e l’avrebbero uccisa. Ha voluto solo decidere come morire”.

Il film prodotto nel ‘95 è stato rimesso in onda nel ‘97 e da allora è sparito dal palinsesto della RAI. Dopo 18 anni, su richiesta ‘dell’Associazione antimafie Rita Atria’, sarà rimesso in onda.

Qual è il valore aggiunto che riscontrate in questa fiction, cosa ha di diverso, per esempio, dalla ‘Siciliana ribelle’ di Marco Amenta etichettato di propaganda?

“Sicuramente, il lavoro di ricerca che c’è dietro. Se bene i nomi e i luoghi sono stati cambiati per motivi facilmente comprensibili per l’epoca, come ci spiegava Vittorio Nevano, per noi rimane l’unico film che narra la vera storia di Rita Atria. ‘La siciliana ribelle’ racconta una storia che non è quella di Rita; tuttavia, non voglio fare una critica al film ma piuttosto a tutta l’operazione, un’operazione che è stata meramente strumentale”.

Vittorio Nevano dopo aver letto un vostro commento sul film di Marco Amenta vi contatta. La vostra collaborazione oltre la richiesta della messa in onda del film, presuppone qualcos’altro?

“Quando Vittorio Nevano ci contatta decidiamo di intraprendere un percorso insieme, questo ve lo posso confermare. Tutte le altre iniziative sono ancora in fase di progettazione”.

Questo percorso prevede anche il coinvolgimento delle scuole?

“Tutte le scuole, con cui siamo in contatto, hanno visto ‘Non parlo più’, registrato seppur in maniera amatoriale. Il secondo passo sarà sicuramente quello di sollecitare la RAI affinché riconosca il film come materiale didattico e preveda il trasferimento su un dvd in modo da distribuirlo anche alle scuole”.

La vostra richiesta ha incontrato particolari difficoltà alla RAI?

“No, assolutamente. Ci ha sorpreso essere stati tenuti abbondantemente in considerazione, così come l’immediata risposta di Annamaria Tarantola, Presidente della RAI. Successivamente, l’ufficio di competenza ci ha comunicato che avevano accettato la richiesta e il 10 ottobre, presso l’indirizzo della sede, è arrivata la lettera in cui ci indicavano il giorno e l’ora della proiezione, firmata da Annamaria  Tarantola. L’orario non è dei migliori e non nego che ambivamo alle reti principali, ma è un inizio.  

Perché aspettare ben 18 anni per mettere in onda un film così ben riuscito?

“Perché credo si fossero dimenticati, non intendo dimenticati del film. Credo che la storia di Rita sia stata dimenticata e noi non siamo l’associazione più mediatica d’Italia. Le testate principali non ci amano moltissimo, seppur esistiamo da 20 anni e abbiamo fatto delle cose certamente importanti per questo paese”.

Quanto è importante ricordare Rita?

“Fare memoria, è importante. Il ricordo se non si fa memoria lascia il tempo che trova. Se ne faccio memoria mi ricordo anche delle cose che ha fatto, che ha detto, colgo il senso della sua scelta.
Fare memoria significa dare una speranza ai ragazzi che nascono in ambienti malavitosi come le mafie. È ricordare che anche i genitori si possono giudicare e che un’altra vita è possibile.

Fare memoria di Rita significa tenere una luce accesa sulle problematiche legate alla giustizia e dare una speranza anche a quei ragazzi che nascono non necessariamente in ambienti di mafia ma in ambienti in cui non si riconoscono. È dimostrare che la vita di ognuno non dipende dall’essere nato in quella o in questa famiglia e noi abbiamo il dovere di aiutare questi ragazzi.

A oggi la storia di Rita Atria fa paura. Quando abbiamo proiettato il film allo Zen 2 di Palermo (un’area del quartiere Zen, specchio del pesante degrado sociale, con alti tassi di dispersione scolastica, microcriminalità e infiltrazioni mafiose) non è venuto quasi nessuno. Abbiamo però lasciato dvd e cassette Vhs e sappiamo che sono girate di casa in casa, perché venire significava esporsi, mentre vederlo nel privato di una casa significava vederlo fino in fondo. Sappiamo anche che molti ragazzi e ragazze si sono riconosciuti nella volontà di questa piccola donna”.

“Un altro mondo

dove sei giudicato per quello che sei”

Rita Atria