Il termine “femminicidio” fu coniato in riferimento al massacro di Ciudad Juares, dove dal 1994 centinaia di donne furono vittime di sequestri, violenze e uccisioni, sta ad indicare un atto di violenza fisica, psicologica, in ambito sociale e non, al fine di ledere la dignità e l’integrità della donna in quanto tale. Oggi il termine più diffuso è violenza di genere.
Quanto è importante prendere coscienza di un problema culturale come la violenza di genere? E soprattutto, a chi tocca il lavoro di rieducazione? Lo abbiamo chiesto alla presidente CEDAV (Centro Donne Antiviolenza) di Messina l’Avvocato Carmen Currò.
“Nonostante in ambito sociale, quanto in quello giuridico, ci siano solo donne in prima fila, non è solo ‘nostro’ il problema. Credo fermamente che gli uomini, in quanto attori principali, debbano per primi preoccuparsi, prendere coscienza, interrogarsi su come prevenire e arginare un problema quantomai maschile, generato da una condizione mentale e dalla volontà di possesso dell’uomo.
Se di condizione mentale si parla, inoltre, i soggetti vanno attenzionati, attraverso l’utilizzo di terapie. Sono convinta che sia necessario lavorare sulla prevenzione e non sempre sulla punizione.”
I centri antiviolenza, dunque, rappresentano un valido aiuto non solo per le donne, anche per gli uomini, estendendo anche a questi ultimi la possibilità di seguire percorsi psicoterapeutici e attenuare la loro propensione alla violenza.
A seguito dei maltrattamenti subiti le vittime presentano squilibri relativi alla perdita di fiducia e autostima, ansia,dolori, depressione e difficoltà nella gestione della prole. Più gravi i casi in cui maturano idee di autolesionismo e suicidio.
Secondo l’indagine Istat solo il 18% delle vittime italiane è consapevole che i maltrattamenti , gli atti di stalking e gli abusi siano un reato e che spesso, possano portare alla morte.
Rosetta Trovato, 38 anni, strangolata davanti alla figlia.
Annamaria Pinto, 52 anni, uccisa nel sonno, con un colpo di pistola.
Maria Anastasi, 39 anni, incinta al nono mese, uccisa a picconate e data alle fiamme.
Ilaria Leone, 19 anni, picchiata a morte da un ammiratore respinto.
Irma Hadai, 33 anni, 37 coltellate.
Sono solo alcune delle quasi 300 vittime in Italia tra il 2012 e il 2013, uccise dai rispettivi partner, ex partner, o da familiari. Le violenze scaturiscono nella minor percentuale dei casi in seguito all’insorgere di un raptus, otto su dieci sono frutto di una premeditazione su base passionale o patologica.
In ambito territoriale più della metà dei delitti avvengono nelle regioni del Nord Italia.
Negli ultimi quattro anni è stata riscontrata una recrudescenza del fenomeno, a tal proposito il Senato approva nell’Ottobre appena trascorso la conversione in legge del decreto contro la violenza di genere.
A poco più di un mese è la sede della corte d’appello del Tribunale di Messina ad ospitare i relatori dell’incontro dibattito “la legge contro il femminicidio”, moderatrice l’Avvocato Currò, al fine di mettere in luce gli aspetti più importanti del nuovo decreto legge.
In breve:
Vengono inasprite le pene nei casi in cui il delitto si consumi in presenza di minori o ai danni di donne in stato di gravidanza. Il reato è riconosciuto come tale ai danni del coniuge, anche divorziato o separato e nel caso in cui gli individui siano legati anche da semplice relazione affettiva. Previsti l’allontanamento dai luoghi familiari e l’utilizzo del fantomatico braccialetto elettronico.
Esteso ai delitti di maltrattamenti contro famigliari e conviventi il ventaglio delle ipotesi di arresto in flagranza.
Introdotto il rilascio del permesso di soggiorno a tutela delle vittime straniere.
Stanziati 10 milioni di euro al fine di finaziare un piano antiviolenza che prevede interventi di tipo formativo e informativo. Patrocinio gratuito per le vittime di violenze e mutilazioni genitali.
Uno dei punti più controversi del decreto è rappresentato dalla revoca della querela: da ora in poi irrevocabile per le minacce più gravi, revocabile nei casi di stalking più leggeri.
Pregevoli gli interventi del Sostituto Procuratore Antonella Fradà, il vice Questore aggiunto Rosalba Stramandino e della presidente del Forum Donne Giuriste, Giovanna Fava che intavola dichiarando:
“La risoluzione di un problema come quello della violenza di genere, è legato all’aspetto giuridico quanto a quello culturale, la vittima, lesa in quanto donna, al pari dell’uomo deve essere in grado di riconoscere che la violenza non è una possibilità! non è l’eventuale costante della vita di una donna, non deve succedere per forza, non va messa in conto.”
Secondo le indagini Istat, infatti una donna su tre, tra i 16 e i 70 anni è stata colpita, nell’arco della propria vita, dall’aggressività di un uomo. Di queste solo il 9% denuncia la violenza. Sono tantissimi i casi in cui le vittime, in silenzio, subiscono le violenze dei loro aguzzini. Sono affettuosi, benevoli premurosi all’inizio della relazione, poi, il più delle vote alla prima lite, scatta il meccanismo degli abusi, dei maltrattamenti, prima verbali, poi fisici e psicologici.
La violenza di genere o femminicidio reprime così ogni tentativo, reale o immaginario di sottrarsi al dominio assoluto del proprio compagno.
Secondo i dati emanati dal rapporto della Casa delle Donne di Bologna nei casi di abusi fisici, psicologici ed economici più del 35% delle vittime subisce da cinque a vent’anni, nell’82% dei casi davanti ai figli.
Ma perché il più delle volte la vittima non denuncia? Ancora una volta la parola all’Avvocato Currò.
“Principalmente per paura e per il terrore di rimanere sola senza reddito, problema diffuso maggiormente nelle aree in cui le donne hanno meno accesso all’autonomia e al lavoro. E poi perché nel 55% dei casi i familiari non si accorgono o non la supportano. Mi sono occupata di tante situazioni e posso affermare con certezza che nei casi in cui la famiglia è stata accanto e ha sostenuto la battaglia con la donna, quest’ultima ne ha tratto forza come si trae forza da qualsiasi contesto solidale, vincendo la propria battaglia. Purtroppo o per fortuna, nella maggior parte dei casi, il nostro centro si è occupto proprio di situazioni in cui le donne si ritrovano sole e allora il loro contesto solidale siamo noi.”
Cito.
“I diritti delle donne sono una responsabilità di tutto il genere umano; lottare contro ogni forma di violenza nei confronti delle donne è un obbligo dell’umanità; il rafforzamento del potere di azione delle donne significa il progresso di tutta l’umanità.”
Kofi Annan
Giovanna Romano