Nunziante Rosania risponde alle accuse di Padre Insana

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Non si è fatta attendere la risposta di Nunziante Rosania, direttore dell’ex Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Barcellona P.G. oggi rimodulato in Casa Circondariale, alle accuse di padre Pippo Insana [LEGGI]. Solo ieri l’ex cappellano dell’OPG lamentava la non attuazione del protocollo di intesa stipulato mesi fa e quindi la conseguente situazione di vita, definita disumana, in cui vivono i detenuti dell’VIII reparto (quelli che, per intenderci, hanno disagi psichiatrici).

Raggiunto telefonicamente, il dott. Rosania ha risposto alle domande del nostro giornale.

Direttore Rosania, come risponde alle accuse di padre Pippo Insana della Casa di Solidarietà ed Accoglienza di Barcellona?

Ho letto a piccoli tratti, non ho ancora il quadro completo della situazione. A padre Pippo sfugge un fatto, e spesso gli sfuggono i fatti, che questo è un carcere ormai. Purtroppo conviviamo con una carenza di personale di polizia giudiziaria che stiamo provando a vicariare attraverso un sistema di videosorveglianza che andrà in onda in via ufficiale tra circa 20 di giorni con una sala regia per poter fare controlli interni più puntuali. Per altro verso quel particolare settore, al quale padre Pippo fa riferimento, è un settore dove ci sono dei detenuti, quindi non più internati dell’ex OPG, quindi detenuti a tutti gli effetti che spesso presentano gravi problemi di strutturazione di personalità. Non abbiamo i soliti schizofrenici, depressi, sono giovani adulti spesso molto aggressivi, quindi con problematiche rilevanti sotto il profilo dei comportamenti.

Chi si occupa di attenzione i bisogni di questi detenuti?

Oggi è compito dell’ASP di Messina organizzarsi. Ad essa, infatti, ormai competono tutti gli aspetti sanitari, perché in Sicilia c’è stato il transito dalla medicina penitenziaria alla medicina regionale e quindi tutti i servizi interni, inclusi quelli psichiatrici, appartengono all’ASL. Per il settore di cui parliamo, abbiamo fatto un piano di affidamento interno al Dipartimento di Salute Mentale; tanto che si sta costruendo, in intesa con l’assessorato regionale che ha annunciato dei fondi importanti (circa 3 milioni e mezzo di euro), una realtà come una comunità terapeutica assistita, solamente che si sviluppa all’interno dell’Istituto. Questo naturalmente richiede determinati tempi, che purtroppo sono andati un po’ al di là di quelli che io potevo immaginare. In tutto questo, però, abbiamo bisogno che il volontariato invece di fare le pulci e quant’altro alle istituzioni si coinvolga all’interno pur con delle piccole difficoltà legate ovviamente al fatto che mi può mancare la gente in un determinato momento e quindi quell’attività la facciamo domani invece che oggi. Voglio dire che invece di mettersi sul trespolo a giudicare una realtà ormai complessa e difficile qual è una Casa Circondariale con tutta una serie di posizioni giuridiche spesso complesse e con soggetti con un certo tasso di pericolosità, sarebbe meglio fare altro, perché mettersi sul trespolo è facile. Il problema è stare dentro. Se la società civile si impegnasse in maniera più adeguata e massiccia, eccetera, e quindi attraverso una progettualità che abbia una sua continuità sarebbe naturalmente tutto più semplice.

Meno critiche e più proposte?

Esatto. Questo è il ragionamento. La criticità è tutta lì. Anni fa c’erano numerosi volontari che entravano. Spesso erano molto giovani e molti di essi speravano in stabilizzazioni lavorative. Comprensibilissimo! Quella stagione, però, è passata. Oggi siamo in un’altra realtà e in un altro momento. Molta responsabilità attiene all’Istituzione, ma tanta altra – se vogliamo che il carcere cambi – è in capo alla comunità esterna che se ne deve fare carico. Questa è la questione. Ovviamente, è indubbio che la Casa di Solidarietà ed Accoglienza nel corso degli anni dell’OPG ci abbia dato una grossa mano, è stato un punto di riferimento.

Sta affermando che adesso la comunità di volontariato è scomparsa?

Esattamente. Questo è il problema. Oltre tutto padre Pippo da molto tempo non è più il cappellano dell’Istituto, quindi una serie di cose le vive in maniera ancora più periferica. Gli vogliamo tutti bene, però oggettivamente…

Anche le notizie che lui diffonde gli arrivano di seconda mano?

E sì. Il discorso, ripeto, è che con me non c’è stata nessuna chiusura e di nessun genere. Al contrario abbiamo bisogno di un impegno forte, massiccio, speriamo che l’ASP riesca – perché si tratta di fare percorsi concorsuali – a inserire figure professionali quali medici, psichiatri a tempo pieno, infermieri, tecnici della riabilitazione psichiatrica, operatori sociali sanitari, ecc.

Detto così sembrerebbe che in questo momento sia tutto lasciato in un grande limbo…

Non è così. C’è uno psichiatra dedicato a tempo pieno. Ci sono gli infermieri e quindi un presidio è coperto h24. C’è un medico generale che è responsabile del reparto. Ci sono le attività che vengono fatte dalle psicologhe, o quelle di ordine formativo e scolastico. E’ chiaro che dobbiamo fare molto di più, nel senso che la proiezione deve essere soprattutto verso l’esterno, quindi art. 21, possibilità di uscire… Su questo versante ci dobbiamo soprattutto impegnare. Qui abbiamo bisogno del volontariato, come facevamo ai tempi dell’OPG quando ogni giorno uscivano un sacco di gente per attività esterne: dobbiamo ricostruire questa rete di collaborazioni. Questo da parte di tutti, non solo da parte della CaSA. In più, noi all’interno siamo penalizzati dalla carenza drammatica di personale di polizia giudiziaria. Un problema che non riguarda solo noi, ma a livello regionale e nazionale.

Padre Pippo sente il desiderio di esternare su facebook la sua amarezza. Vuol dire che le sue parole seguono un dialogo che voi avevate iniziato? Oppure per lei è stata una sorpresa?

L’ultima volta che ci siamo sentiti è stato qualche giorno fa, quando padre Pippo è passato a salutarmi. Sappiamo qual è la situazione, ne abbiamo parlato anche in passato. Ma mi ha sorpreso questa modalità, magari perché sono io che vivo nel passato. Mi ha sorpreso questa presenza su facebook senza che ci sia stato un ragionamento prima, per fare il punto della situazione e capire. Poi le critiche, per carità, sono legittimissime… Questa modalità però la trovo piuttosto… Forse sono io che ho un altro modo di impostare le questioni e i problemi, e uso poco i social.

 

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