Oggi e’ una mattina che molti non conosceranno

Ricordo il mio scetticismo quando al termine della lezione rimuginavo senza sosta le frasi del professore rispetto al sonno; “E come morire per rinascere ogni giorno”. E con ogni giorno, le speranze seguono l’alzar del sole, gli occhi si riaprono piano al mondo, il corpo si desta, e finalmente, la scelta di piangere, o di sorridere, spetta a me.

Oggi è una mattina che molti non conosceranno. Un giorno di speranza normale finito negli abissi del mare, una mattina in cui anime innocenti non avranno più scelta, un giorno di morte permanente per chi cercava la vita oltre al sistema, per chi voleva cibo, anziché bombe. Leggo dello stupore dello stato italiano, della vergogna di cui dicono dovremo essere tutti afflitti, sento parlare di tragedia oltre alla politica, e penso che l’ipocrisia non ha limiti. La strumentalizzazione è assassina in sé, la vita è regale e merita un trono speciale, ma quando il colore di pelle è sbagliato, quando la fame nasce dalla povertà e non dalla siccità, c’è una rotta frutto della speranza, ma il suo finale è incerto come la storia scritta dall’Uomo, per l’Uomo. Voglio parlarvi di loro. Alcuni si chiamavano Abdoul, altri Joseph, certi ancora avevano nomi dei loro lontani paesi irreperibili, erano tutti fratelli o sorelle, padri o madri, amici e compagni, erano. Oggi non sono più nella sofferenza generale, domani le notizie cambieranno, ma il figlio di qualcuno, il fratello di una, il cugino di un bambino, un bambino stesso, non potranno mai leggerli, e ciò che brucia, è che il tutto continuerà, come é sempre stato. Milioni di migranti in fuga dai loro paesi si ammassano senza sosta sulle coste che affacciano sull’Europa, pronti ad attraversare quel braccio di mare che li separa dalla salvezza; Li, si mangia, li, le bombe non cadono, li, c’è civiltà. Sono anime semplice, spinte dal vento della vita, desiderosi della normalità di un pasto, magari due al giorno, di una casa, magari da condividere con altre persone, di un sorriso, di un abbraccio. Chi erano quelle persone, ma la vera domanda è di chi stiamo parlando. I migranti, gli extra-comunitari, gli stranieri, i profughi.

Ovvero, quelli che non hanno niente e desiderano avere un minimo. Loro. Loro che non hanno niente, a volte, nulla. Ma il nulla si fermerebbe dinnanzi al niente e chi ha un cuore raggiunge altre anime in cerca di salvezza. Perché salvarsi? Lo chiedo io a voi. Perché partire? Lo domando io a voi. Ci hanno insegnato a preservare ciò che è nostro, ci hanno obbligati al potere del possesso, e nello stesso tempo, alla sua dannazione, ci costringono a lavorare per non pensare, ad essere pezzi infimi di una macchina mostruosa che mangia le vite, distrugge non le esistenze, ma gli equilibri delle nostre anime. Ci hanno rivolto verso il cielo dove hanno scoperto altri pianeti anziché Dio, ci hanno allontanati dagli altri per potere, hanno dimenticato l’umanità, e non bastano più i raggiri. Un Uomo non ha bandiere, un Uomo ha un cuore, un anima, una vita, una possibilità immensa di felicità sprecata in un sistema che costringe alla fuga ed alla morte. Nessuno sceglie dove nascere, e quando. Chi sono loro? Noi, nati altrove. Che colpa avevano, non importa, noi, malgrado le nostre colpe, viviamo ancora. Morti senza un senso. L’unica bandiera per loro a mezz’asta, per un giorno, loro che hanno perso l’esistenza stessa. Vergogna ha detto il papa Francesco. Lui che potrebbe cambiare il destino del mondo rinunciando alle illimitate ricchezze che possiede. Monitoraggio ha chiesto Napolitano, e parlava delle coste.

Triste e deplorevole hanno detto Alfano e Berlusconi. Corridoio umanitario ha detto la Kyenge. Umanità dico io. Semplicemente la realizzazione dell’unicità della vita e l’abbandono della paura che ci lega ad un sistema che paghiamo o con le nostre vite o con la loro inutilità. Il dispiacere che ci affligge è una altro assassinio nei confronti dell’Uomo. Valori e culture, fedi e convinzioni non valgono dinnanzi alla barbaria a cui costringe la falsità delle nostre vite. Chi non sa che l’Africa è il continente più ricco ed autonomo eppure più povero? Il perché si nasconde nelle righe di una storia scritta per contare e non raccontare, la verità non si cela più, è inesistente davanti agli interessi. Ci hanno insegnato a valere, dimenticando che senza gli altri, non siamo nemmeno. Chiediti chi erano, chiediti cosa avresti potuto fare, chiediti cosa succederà domani, chiediti quanto sia giusto tutto questo. Poteva essere tuo figlio, o tua sorella, o tuo padre, anche tuo amico. Si muore come si nasce? Non lo so, la risposta sta nel come si nasce, in cosa si crede, ma la vita che scorre in ogni corpo, è uguale. Siamo responsabili diretti ed indiretti, ma ciò che c’è da sapere, è il perché. E poi, faremo. Perché? Hanno detto che è un lutto cittadino. Io so che tutti i giorni sono lutti, forse non cittadini, ma sicuramente per famiglie intere. Non si tratta di un incidente, si tratta di un ecatombe, ed i responsabili sono sepolti sotto le dense spoglie dei nostri silenzi.

 Ogni voce conta, tutti tacciono. E tempo di silenzio. E tempo di riflessione. Forse, è anche arrivato il tempo di nuotare. Per ripescare dei corpi vuoti, per dare una sepoltura a chi cercava una casa.