ONG, navigare sul fango

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Fulvio Vassallo Paleologo

Continua con cadenza quotidiana la campagna diffamatoria contro le ONG indipendenti che, sotto il coordinamento della Guardia Costiera italiana, fanno ancora attività di ricerca e soccorso in mare al largo delle coste libiche. Le ONG vengono addirittura paragonati ai pirati, e si alimenta il sospetto che le loro missioni siano finanziate dai trafficanti. Una totale inversione di senso, tra falsità e verità, che dà la misura del livello di disinformazione che si diffonde nella società italiana. Una disinformazione sulla quale si crea consenso elettorale per i partiti di estrema destra e si condizionano le scelte dei partiti di governo, come si è visto con gli ultimi decreti legge proposti da Minniti.

Si cancella la realta’, l’assenza di mezzi di soccorso europei, il ritiro dalle acque libiche della maggior parte dei mezzi di Frontex, le condizioni para-schiavistiche nelle quali sono trattenuti i migranti in Libia. Si spaccia tra l’opinione pubblica la falsa rappresentazione che in Libia i migranti sarebbero liberi di imbarcarsi quando vogliono e che i trafficanti cercano un appuntamento con le navi umanitarie per farli partire. Si nasconde che per i trafficanti, dopo che i migranti sono stati fatti partire, è del tutto indifferente che raggiungano le acque internazionali oppure che facciano naufragio prima. Se verranno ripresi dalla Guardia Costiera libica, prima o poi sarà un guadagno ulteriore, sulla pelle dei più deboli e dei più sfortunati.

Si cancella anche il fallimento degli accordi tra le tribu’ libiche ed il governo italiano, che avrebbero dovuto bloccare i migranti prima del loro arrivo sulle coste del Mediterraneo. Per non parlare della cronica assenza politica dell’Unione Europea dallo scenario libico.

In molte città del Fezzan torture ed abusi sessuali sono la quotidianita’ che si riserva a chi non riesce a corrompere le guardie e le milizie per proseguire il suo viaggio verso la salvezza.

Sabha in particolare, crocevia dei traffici dei migranti, sui quali in Italia nessuno sembra indagare davvero, si conferma la presenza di un vero e proprio mercato di schiavi, nell’indifferenza generale, soprattutto tra chi sostiene che i migranti che cercano di arrivare in Europe devono essere trattenuti o rispediti in Libia.

Si nasconde persino un importante riconoscimento internazionale proveniente dall’UNESCO, che oltre a premiare meritatamente il sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini, hanno conferito lo stesso premio all’organizzazione non governativa SOS Mediterraneé.

Si vuole nascondere che la nave di Sos Mediterraneè Aquarius è rimasta per i mesi invernali l’unica realmente operativa al largo delle coste libiche ed ha continuato, tra rischi crescenti, a salvare persone, uomini, donne e bambini condannati a morte dai decisori politici europei e dalle scelte operative di dissuasione delle partenze, che solo quest’anno hanno comportato oltre 700 morti soltanto nel mar libico.

SOS MEDITERRANEE dedica il Premio UNESCO per la Pace

a coloro che hanno perso la vita in mare in cerca di una esistenza dignitosa

SOS MEDITERRANEE, organizzazione della società civile europea italo-franco-tedesca per il salvataggio della vita in mare, è profondamente onorata di ricevere il premio per la pace Félix Houphouët-Boigny dell’UNESCO al fianco di Giuseppina Nicolini sindaco di Lampedusa (Italia).

SOS MEDITERRANEE dedica questo riconoscimento a coloro che hanno perso le loro vite in mare in cerca di rifugio e a coloro che sono stati salvati nel Mar Mediterraneo negli ultimi 20 anni.

«Siamo molto felici che questo riconoscimento ci venga assegnato insieme al Sindaco Giusi Nicolini », ha detto Valeria Calandra, presidente di SOS MEDITERRANEE Italia. «Siamo andati a trovarla a Lampedusa nel marzo 2015, quando abbiamo fondato la nostra associazione, per illustrare il nostro progetto di avviare attività di ricerca e soccorso con una nave noleggiata dai cittadini europei. Lei disse a Klaus Vogel, capitano di marina mercantile tedesco, co- fondatore della nostra SOS MEDITERRANEE: “siete pazzi ma sono con voi, perché questo è ciò di cui abbiamo bisogno dopo gli insuccessi della UE “.

Lampedusa è un posto speciale nella giovane storia di SOS MEDITERRANEE. Colpiti dai ripetuti appelli del sindaco di Lampedusa che invocava una reazione europea su larga scala di fronte alla tragedia nel Mediterraneo, nel 2015 alcuni membri della nostra organizzazione hanno avuto la possibilità di essere testimoni in prima persona della dedizione del popolo di Lampedusa. Lampedusa fu scelta per lanciare la nostra prima campagna in mare, quando la nave Aquarius lasciò il suo porto il 26 febbraio 2016. Il porto di Lampedusa è stato anche il primo porto sicuro indicato dalle autorità italiane dopo la prima operazione di salvataggio della nave Aquarius nel marzo 2016.

La gioia e l’onore di essere insigniti di questa onorificenza da parte della Agenzia delle Nazioni Unite sono tuttavia oscurati dagli eventi drammatici nel Mar Mediterraneo durante il fine settimana di Pasqua appena passato, nel corso del quale più di 8.000 esseri umani sono stati salvati e almeno dodici persone sono morte nel tentativo di attraversare il mare.

Durante un’audizione al Senato italiano ieri mercoledì 19 aprile 2017, SOS MEDITERRANEE ha respinto le recenti accuse che tacciano le organizzazioni umanitarie di collusione con gruppi criminali. L’organizzazione ha invece sottolineato la necessità per i cittadini attivi di mettere in pratica i valori europei della solidarietà e della umanità.

SOS MEDITERRANEE chiede urgentemente una risposta istituzionale adeguata di fronte alle morti in mare, attraverso l’immediato dispiegamento nel Mediterraneo centrale di mezzi di ricerca e soccorso sufficienti per evitare ulteriori perdite di vite umane.

SOS MEDITERRANEE è un’organizzazione europea per il salvataggio di persone in difficoltà in mare. È stata fondata nel 2015 e ha lanciato le sue operazioni di salvataggio nel febbraio 2016. Insieme al suo partner medico “Medici Senza Frontiere” (MSF), l’organizzazione ha assistito più di 16.000 persone nel suo primo anno di attività di soccorso.

Malgrado le opinioni dei vertici della Guardia di Finanza e persino dell’Operazione militare EUNAVFOR MED, il governo italiano sembra coinvolto nella macchina del fango innescata contro le ONG che fanno soccorso in mare, e questo nonostante le dichiarazioni del sottosegretario Giro che alcune settimane fa difendeva l’impegno contro Frontex degli operatori umanitari che salvavano vite in acque internazionali al largo delle coste libiche.

Dopo le denunce di Frontex e di alcuni esponenti politici di destra, che hanno spacciato sospetti come notizie di reato, la magistratura ha avviato attività di indagine alla ricerca di prove di collusione tra i trafficanti ed alcune ONG, scelte non a caso tra quelle piu’ piccole.

Sono state infatti proprio le ONG più piccole le prime a denunciare il fallimento degli accordi con la Libia e l’allontanamento dei mezzi di Frontex,che sino allo scorso anno operavano in prossimità delle acque libiche.

La stessa magistratura ha alimentato un corposo flusso di informazioni che hanno raggiunto tutti i principali media, senza però indicare fatti precisi da cui si potessero ricavare responsabilità penali, dunque di carattere individuale. Le stesse smentite di altri organismi istituzionali non sembrano scalfire le granitiche certezze degli inquirenti che hanno raccolto le accuse di Frontex.

Il clima di intimidazione che si e’ creato attorno all’operato delle ONG che salvano vite umane al largo delle coste libiche si è appesantito ancora dopo il numero record di soccorsi operato nei giorni di Pasqua. Una attivita’ di soccorso condotta in maniera ineccepibile dalle navi umanitarie e dalla Guardia costiera italiana, in condizioni meteo difficilissime che nella giornata di domenica 16 aprile hanno messo a rischio anche le vite dei soccorritori.

Solo che i porti di sbarco individuati dal ministero dell’interno sono stati sempre più lontani e contribuiscono a rallentare il lavoro di ricerca e salvataggio dei pochi mezzi rimasti operativi. La Siem Pilot di Frontex è stata fatta arrivare fino a Cagliari, distante due giorni di navigazione dai luoghi di soccorso. Inimmaginabili le condizioni dei migranti trattenuti a bordo come se si trattasse di un carcere.

Anche in questi ultimi giorni, soccorsi e trasbordi sono arrivati in ritardo mentre Frontex raccoglieva una minima parte dei migranti con trasbordi successivi, tenendosi ben lontana dalla zona di primo intervento. Sembra finalmente ricomparsa in funzioni Search and rescue (SAR) coordinate dalla guardia Costiera italiana anche la missione Eunavfor MED

I ritardi nei soccorsi, l’assenza di operatori sanitari a bordo delle navi militari che intervengono, l’ammassamento di oltre mille persone in un solo mezzo, magari un rimorchiatore di servizio ad una piattaforma petrolifera, espongono anche chi viene salvato dal mare al rischio di una morte tanto più ingiusta quanto evitabile, se i soccorsi fossero stati più tempestivi. Ma su qyesto nessuno indaga e la notizia viene tenuta ai margini della cronaca.

Ormai sembra davvero evidente che piuttosto che dare la caccia ai trafficanti si preferisce isolare le navi delle ONG per costringerle al ritiro, lasciandole sole a mare, come è successo ancora fino a pochi giorni fa, e costruendo un muro di menzogne attorno al loro operato, quando si diffondono dati informativi falsi o mere supposizioni che assumono le caratteristiche di notizia di reato, quando ci si trova a terra.

Se gli attacchi alle Organizzazioni umanitari continueranno, e se queste saranno costrette, anche in parte, a ritirarsi, le conseguenze in termini di perdite di vite umane in mare saranno gravi ed evidenti. Una evidenza che alcuni porteranno come merito, magari con la diminuzione degli arrivi in Italia, obiettivo comune dell’Unione Europea e del nostro governo, che altri saluteranno senza pietà per le tante vite umane in mare, ma anche un’evidenza che segnerà la condanna morale e politica di chi sta usando l’arma della dissuasione e della criminalizzazione per perseguire quelle finalità di respingimento che non si riuscirebbero a perseguire se si restasse nell’ambito dei principi del diritto internazionale e dello stato di diritto.

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