Una tuta arancione, un cappello in testa per ripararsi dal sole cocente, un martello pneumatico in una mano e una mazza nell’altra, in attesa sul ciglio della strada che giunga il materiale come sempre in ritardo. Un cantiere come tanti altri? Sì certo, ma stavolta più della metà degli 81 operai sono donne. Donne di tutte le età: giovani, adulte, e persino alcune nonne, donne che lavorano ogni giorno dal lunedì al venerdì dal 23 Maggio nei cantieri per il rifacimento dei marciapiedi del centro urbano tra Via Tommaso Cannizzaro e Via Maddalena realizzati dal Comune di Messina con i Fondi Europei del Fas (fondo aree sottoutilizzate).
Non è uno di quei classici lavori in cui ci si aspetta di trovare il gentil sesso all’opera, anzi, spesso e volentieri, purtroppo, il pensiero comune attribuisce alla donna il ruolo di casalinga devota al focolare domestico. Ma i tempi sono cambiati e con essi dovrebbe cambiare anche la mentalità dell’uomo.
Dovrebbe.
Dico dovrebbe perché ancora siamo ben lontani dal compiere un passo del genere e purtroppo le donne di questo cantiere oggi ne sono l’esempio.
“Abbiamo ricevuto colpi di borsa, insulti di ogni tipo, ci prendono in giro, passano appositamente vicino a noi, anche se hanno spazio dall’altra parte della strada, per umiliarci” racconta una delle operaie del cantiere.
Volti corrucciati dalla rabbia, emozioni forti di donne che reagiscono alla mancanza di rispetto e alle violenze verbali ogni giorno “Un ragazzo di vent’anni, proprio l’altro giorno, mi ha detto «che bel c**o che hai, te la metterei in c**o». Io sono una madre e una nonna, ho un figlio di trentadue anni e otto nipoti, non posso accettare di venire umiliata da un ragazzino di 20 anni che potrebbe venirmi figlio” continuano a raccontare con rabbia. “Mi hanno detto che era meglio che restavo a casa a fare le faccende, qualcun altro mi ha sputato addosso, altri ancora mi hanno dato della prostituta per la posizione che sono costretta ad assumere per lavorare”.
“A me invece hanno detto «vieni qua bella bionda che ti faccio sudare con il piacere». Io ho tre figli e mio marito è disoccupato ho bisogno di questo lavoro. Vengo qui ogni giorno per riuscire a portare il pane a casa, non per prostituirmi”.
Che realtà è questa? Sembra di essere tornati indietro nel tempo, in uno di quei paesini di provincia degli anni ’50 in cui le donne pur facendo gli stessi lavori manuali degli uomini dovevano lottare per vedere i loro diritti rispettati. E invece no. Siamo nel 2011 nella terza città più grande della Sicilia, viviamo in una nazione che è definita tra le più belle e sviluppate al mondo, ci troviamo nel XXI secolo, un’ epoca in cui comunicare con l’altra parte del pianeta è possibile in tempo reale, un’ epoca in cui si può percorrere qualsiasi distanza con un semplice click del mouse.
Eppure ancora non siamo in grado di convivere civilmente, non siamo in grado di considerare il lavoro altrui importante e dignitoso tanto quanto il nostro, non siamo in grado di rispettare le condizioni di difficoltà sociale, non siamo in grado di provare ammirazione per coloro che pur di guadagnare onestamente accettano di fare qualsiasi lavoro legale. Non un più piccolo granello di sensibilità negli animi di coloro che passano accanto alle operaie, non un po’ di comprensione, di stima. E ci troviamo in pieno centro città. Forse, se i cantieri fossero stati in periferia, le cose sarebbero state diverse, forse ci sarebbe stata maggiore empatia nei confronti di chi lavora tutto il giorno con fatica.
Ci troviamo dinanzi a una vera dicotomia sociale: da un lato il progresso della scienza e della tecnologia e dall’altro il regresso culturale e l’incapacità di rispettare l’altro.
Ma le umiliazioni non sono tutto quello contro cui devono lottare i lavoratori del suddetto cantiere. Da quando hanno firmato il contratto giorno 23 Maggio, in cui c’era scritto che sarebbero stati pagati a giornata con una retribuzione di 31,78 euro, infatti, nessuno di loro ha mai ricevuto alcuno stipendio. Gli 81 operai del cantiere sono stati scelti sulla base delle loro condizioni sociali difficili, condizioni che hanno costretto loro ad accettare situazioni lavorative molto precarie e, come è facilmente immaginabile, un ritardo di pagamento dello stipendio è causa di difficoltà enormi.
“Non solo veniamo umiliate e maltrattate giornalmente, ma non ci viene neanche dato quello stipendio che ci spetta per contratto” denunciano le operaie. Una situazione a dir poco inverosimile si prospetta proprio nel cuore della nostra città.
I tempi corrono, la scienza fa passi da gigante, ogni giorno viene fatta una scoperta nuova, un’originale tecnologia viene brevettata, niente sembra più impossibile. Eppure ciò che non avviene è lo sviluppo della mente e la crescita della civilizzazione: una grande corsa verso il futuro bloccata dall’incapacità di rispettarsi e rispettare l’altro.