Opportunità impari

Alla fine è uno scontro tra forze. Quella delle due che – passi l’ossimoro – appare più debole, beh, quella soccombe. Lei è quella più debole. Matematica, potrebbe ridursi a matematica. O a latino, ubi maior. Perché è difficile parlarne in termini reali. Difficile, fastidioso quasi.

Il problema della debolezza delle donne, della difficoltà di ritrovarsi pari di fronte agli uomini. Non in fatto di diritti, non in fatto di opportunità. In fatto di quotidianità. Perché se alla fine del 2011 si è parlato di “pandemia”, arrivando a contare in Italia 651 omicidi in 5 anni, con 97 morti violente registrate solo nello scorso anno (un dato fagocitato da quello che racconta che sei donne su dieci, nell’intero globo, hanno subito violenza fisica e sessuale nel corso della loro vita quasi sempre a opera di mariti e familiari), allora ci sono giorni che, nell’ambito di una coppia, assumono l’aspetto di incubi bui, neri come la morte per quella che Vasco Rossi ha appena celebrato come l’altra metà del cielo, in un arrangiamento che ricorda un postumo Faber, unico forse nella considerazione umana delle debolezze.

Certo, dividere il mondo in categorie è pretenzioso, quasi razzista in questo senso. Gli uomini forti, le donne deboli: no. Non in assoluto, almeno. Sesso debole, sesso forte, un’idea ferma agli anni Settanta. Ottanta, magari.

Qualche mese fa si discuteva, con un sindaco siciliano perduto nel mare delle polemiche di un’amministrazione quasi annegata nella malapolitica (specchio del modus vivendi di quello che si definiva il miglior premier degli ultimi centocinquanta anni, oltre che formidabile sex machine) della scarsa delicatezza di quell’idea tutta partitica delle pari opportunità: “È una stupidaggine – tuonava il sindaco (sebbene ammiccando ad una terminologia diversa). Come è possibile giudicare le donne inferiori agli uomini a priori, obbligandoci ad averle in giunta perché donne più che per le capacità politiche?!”. Non aveva torto, il primo cittadino, sebbene l’ira contro quest’idea sessista nascesse più che altro dal fatto che la sua giunta di donne non ne aveva nessuna, dopo averne silurate due “per scelte politiche calate dall’alto”. In ogni caso l’aneddoto chiarisce che le pari opportunità più che altro spareggiano, allargano il divario, scavano il solco. Partendo da un’idea dispari raggiungere il pareggio è difficile. E allora ecco che l’immagine scarna della debolezza, immagine senza orpelli, senza l’ombra pesante di racconti contemporanei di matrice nordeuropea, senza il retaggio di un passato impaludato nelle risaie del Nordest o impastato fra le mani farinose di Voghera, quell’immagine lieve trova consistenza. Purtroppo. Anche scrivere di donne morte ammazzate, strangolate, bastonate, schiaffeggiate, spinte sotto cieli senza stelle, sotto una falce brillante di luna rossa. Anche scrivere di tutto questo appare concreto, reale. Ubi maior diventa un obbligo, tant’è.

“La violenza contro le donne sparirà quando le strade si riempiranno di uomini che manifestano contro questo problema”, dice il magistrato spagnolo Immaculada Montalban che presiede l’Osservatorio nazionale contro la violenza di genere in Spagna. Ecco che a farla finita, dunque, dovrebbero essere gli uomini. Probabilmente, però, bisogna armarsi di un coraggio doppio rispetto al coraggio di amare, così raro in tempi in cui promettersi per sempre passa dalle banche, dai mutui, dai finanziamenti. È un mondo difficile, canta Capossela. All’altra metà del cielo questa difficoltà appare quasi impossibile. Impossibile trascendere dalle violenze gratuite, da società che non riescono a farsi scrupoli perché degli scrupoli sempre più spesso si perde memoria.

Era il 1969 quando Fabrizio De André metteva Maria al centro di un dialogo sotto la croce fra le madri di Tito e Dimaco, inchiodati alla sinistra e alla destra di Gesù, facendole dire, rivolta al figlio e quasi urlando, “non fossi stato figlio di Dio t’avrei ancora per figlio mio”. Quel testo, quello sì, fu come riempire una strada. Lo stesso coraggio, la stessa forza di “Tre madri” oggi sembrano quasi sbiaditi. Non fosse così queste parole non verrebbero scritte, non ci sarebbe alcun commento alla “pandemia” di cui sopra perché i numeri elencati in alto non esisterebbero. Della divisione del cielo, in fin dei conti, non avremmo modo di parlare. Coraggio, bisognerebbe farsi coraggio.