Ottavia Piccolo, Donna non rieducabile

Anna Politkovskaja viene ritrovata morta il 7 ottobre 2006: è il  giorno del compleanno del presidente russo Vladimir Putin. La giornalista viene uccisa nell’ascensore del suo palazzo, a Mosca, con ancora in mano le buste della spesa. Paga con la vita la pratica schietta del suo mestiere e per i suoi articoli, in cui denuncia le nefandezze (da ambo le parti) della guerra in Cecenia.

Donna non rieducabile”, testo scritto da Stefano Massini, regia di Silvano Piccardi, è ispirato alla figura della giornalista uccisa quasi un decennio fa.

Per questo incontriamo Ottavia Piccolo, la voce  di Anna Politkovskaja:  “questo nostro lavoro (il riferimento è all’autore del testo, Stefano Massini)  è nato un po’ per caso e non pensavo di proseguirlo a lungo. Poi, pian piano, ci siamo accorti che la sua eredità era molto sentita, soprattutto fuori dalla Russia, dove era considerata una rompiscatole. Sono passati nove anni dalla sua morte e otto da quando portiamo in scena questo testo”.

          C’è qualcosa che accomuna la giornalista russa all’artista che la impersona?

“Lei era una donna molto coraggiosa, io solo un’attrice. La  Politkovskaja era una donna che usava il suo mestiere per dar voce a chi non ne aveva. Io cerco di essere nel suo solco facendo bene quel che so fare”.

Una scenografia scarna, una rappresentazione essenziale. “All’inizio questo lavoro era nato solo come lettura scenica – ci conferma infatti la Piccolo – e questo è rimasto nella sostanza, con poche variazioni”. Un lavoro asciutto, in cui i protagonisti non sono né l’attrice, né la scenografia e neppure il testo, la regia o la musica. Tutti, invece,  sono al servizio della parola tagliente, lucida, martellante, inorridita di Anna Politkovskaja che, con i suoi articoli, ci fa entrare dentro la ferocia della guerra, dentro la sua stupidità delirante, che solo per una coincidenza  geografica racconta l’orrore della Cecenia, ma che potrebbe essere un qualunque scenario di guerra. Nessuno in “Donna non rieducabile” tradisce la giornalista: rimangono suoi i racconti increduli ma precisi, la capacità di descrivere con minuzia i dettagli vissuti in prima persona. Un dovere e un rigore etico, il suo, che il testo di Massini riproduce fedelmente, così com’è: la realtà degli accadimenti non sono mai un’interpretazione, la verità ci viene semplicemente  messa davanti, nuda e cruda. E Crudele. Come le guerre. Come i corpi dei figli disfatti, come il colore del sangue rimasto a gocciolare per le strade: scuro, quasi nero, a lutto anch’esso. Crudele come lo stupro, che in tutte le guerre è l’arma più abusata e che trasforma le donne in cadaveri che camminano. Ed è una colpa esser rimaste ancora in vita. Estranee a se stesse ormai, ai padri, ai mariti perfino ai figli. La vita ridotta a puro respiro, autonomo dall’essere. Tutto viene sottolineato e avvolto dalle musiche di Floraleda Sacchi. L’arpa smette di espandere suoni rassicuranti e si fa rumore stridulo e ferroso, come quello delle bombe, dei colpi di fucile: ogni nota ha la precisione dei cecchini; l’inquietudine si fa narrazione musicale, trasformandosi in presenza scenica imprescindibile dalla parola pronunciata.

“Con il teatro si riesce ad approfondire cose che su un giornale o attraverso un libro difficilmente avrebbero la stessa eco – dice ancora la Piccolo –  “Il teatro utilizza un altro linguaggio, che è quello del corpo, delle emozioni. Attraverso di esse riusciamo a far passare messaggi in maniera più forte, in modo più diretto”.  

          Quale giornalista oggi potrebbe essere paragonato ad Anna Politkovskaja?

“Mah, sono tanti e per fortuna non tutti morti. Penso a Giancarlo Siani o a Peppino Impastato.  Ma penso anche a Rosaria Capacchione, giornalista del Mattino di Napoli che vive scortata, o a Saviano. Credo che ci sia anche tanta gente che fa con coscienza il proprio mestiere, non solo i giornalisti, e che per questo paga un prezzo molto alto”.

Si direbbe che, più che un ruolo interpretato, si tratti  di una voce data in prestito, la sua. Una voce  generosamente offerta da Ottavia Piccolo, che infatti afferma: “Io non interpreto  Anna Politkovskaja, la racconto. Non mi sentirei mai di appropriarmi della sua professione, non sono così presuntuosa. Mi piace raccontare storie e non è detto che tutte mi rappresentino”.

Si replica fino al 31 maggio alla sala Strehler del teatro Biondo di Palermo ed è assolutamente da vedere:  per l’argomento, che ancora ci impegna, e per le forti emozioni che riesce a restituirci la bravura incontestabile di Ottavia Piccolo!