Puntualissimi. Tutti. Nuvole, televisioni, acqua, giornali, politici, antipolitici, telecamere, fulmini, web, briganti, cornuti e lacché.
Il circo non si fa mancare nessuno. E così Giampilieri si alza di nuovo dal suo straccio di Sicilia antica per portarsi sui titoli dei giornali, sulle bocche dei giornalisti, sulle pagine web di chi s’era scordato. Senza esagerare, però. Perché c’è troppo altro di cui parlare, troppo altro di cui non morire. Se i quotidiani nazionali si sporgono, non lo fanno al di là dei parapetti delle edizioni locali. Non c’è da biasimarli, in fondo sono giorni delicati per il paese, in Parlamento stanno facendo l’Italia, di nuovo. Se la passano a turno. Il capo, stanco, dorme mentre gli altri fanno. E’ un mondo difficile.
Nel frattempo, però, l’1 ottobre è tornato. Quella data che significa paura dalle parti di Giampilieri, Altolia, Molino, Scaletta, Itala e via dicendo si è rifatta viva, per usare un ossimoro. E ha trovato quello che aveva lasciato la notte di un anno fa: macerie, pareti crollate, strade cancellate o allargate tanto da farle esplodere, vite spezzate. Quel paese fantasma che in tanti si sono affrettati a rinnegare i giorni dopo il disastro, ad allontanare dai pensieri più minacciosi. Perché lì sarebbero arrivate le case, lì sarebbe tornata la normalità, lì sarebbe arrivato “il governo”. Del “governo”, però, s’è visto poco. Di quello nazionale, almeno. Dalle Regione hanno mandato dei fondi, sì, ma niente che possa essere considerato ragionevole alla luce di un anno di distanza. Il governo nazionale, invece, ha saputo esprimere nulla più che un Bertolaso talmente incredibile da apparire la caricatura di un pagliaccio tristissimo. “Se piagno io s’allegherebbe tutta Roma”, canta quel funambolo di Alessandro Mannarino nel suo singolare ritratto del pagliaccio dall’anima nera: ecco, Bertolaso in questo caso se la prenderebbe col pagliaccio?