La vicenda del Gramsci ha dell’incredibile. In una città che in 54 anni non ho mai vista ridotta così; dopo una lunghissima monarchia orlandiana che in tutti questi anni non ha modificato il regolamento e con assessori che blaterano di mobilità sostenibile (vedi foto, siamo a due passi da piazza Politeama, il “salotto bene” di Palermo). Ebbene, questi signori stanno consegnando la città chiavi in mano alle peggiori destre.
E come dice il professore Nicosia, la soluzione immediata potrebbe arrivare proprio da lì.
Lo sfratto dell’Istituto Gramsci a Palermo, voluto dalla giunta di Leoluca Orlando nell’ultima parte della suo mandato, è la cartina di tornasole di una politica prigioniera dei burocrati e a evitarlo potrebbe essere, per paradosso, l’arrivo della destra alla guida del capoluogo siciliano. “Sarebbe uno smacco, un colpo doloroso, vedere una soluzione arrivare da quella parte politica, ma, vista la sordità del sindaco, forse una diversa situazione politica potrebbe pure cambiare a 360 gradi lo stile, l’atteggiamento tenuto fino a oggi dal Comune nei nostri confronti”, spiega all’AGI Salvatore Nicosia, presidente di una istituzione culturale il cui archivio è stato definito da diversi storici come il più importante del Mezzogiorno.
L’Istituto Gramsci offre da anni gratuitamente i propri servizi alla città, inclusa una ricca biblioteca e un archivio fondamentale per le ricerche sul movimento operaio e contadino: “L’Istituto – continua Nicosia – ha oltre 40 anni e possiede una biblioteca di 40.000 volumi, un archivio privato che comprende le carte personali di Pio La Torre, Pompeo Colajanni, Girolmo Li causi, Vittorio Nisticò e di molti altri protagonisti della vita politica, economica e culturale della Sicilia. Inoltre, non abbiamo mai negato ospitalità a gruppi politici e culturali nella la nostra sede. Le due persone che vi lavorano sono pagate regolarmente, grazie a un finanziamento regionale”.
Il Comune dovrebbe andarne fiero, dunque, poiché a costo zero vengono erogati servizi gratuiti perfino di sabato, quando molte delle strutture culturali direttamente dipendenti dagli enti locali sono chiusi. Non è così, però. Qualche tempo fa gli uffici dell’assessorato al Patrimonio, vantando un credito di 80.000 euro proveniente, a loro dire, da un affitto non pagato, inviarono a Nicosia una lettera con cui si chiedeva all’Istituto di indicare entro il prossimo 30 settembre scorso una data per lo sgombero della sede che ha presso i Cantieri culturali alla Zisa, gli stessi che a luglio scorso erano stati al centro di una operazione di polizia contro l’assenteismo di diversi dipendenti comunali incaricati di averne cura.
“L’amministrazione comunale – ha affermato di recente l’assessore al Patrimonio, Toni Sala – ha avanzato una proposta all’Istituto per trovare una soluzione che però non è stata accettata; la proposta prevedeva una dilazione del debito in un tempo molto lungo, tenendo peraltro nella giusta considerazione le attività culturali svolte per la città. Una facoltà non prevista dal precedente contratto e il debito creatosi nel tempo, norme alla mano, non può essere cancellato con un colpo di spugna perché si tratta di soldi pubblici.
Nessuno vuole fare a meno delle attività dell’Istituto, ma al tempo stesso nessuno può infrangere la legge o ignorarla”. “Noi non siamo inquilini morosi – lo smentisce Nicosia – non abbiamo mai firmato alcun contratto con il Comune, ma dal 2000 al 2009 abbiamo avuto questi locali in virtù di un protocollo che ce li assegnava in cambio di servizi alla città, regolarmente resi.
Non si tratta di rate non pagate, si tratta di locali avuti a titolo compensativo”. Nel 2009 comincia un braccio di ferro che rappresenta la cartina di tornasole delle condizioni di una politica prigioniera della burocrazia, e incapace di far in modo che le direttive impartite alla macchina comunale diventino operative o forse neanche in grado di impartirle, le direttive stesse. “Dopo nove anni, alla scadenza del protocollo, chiedemmo nuovo l’assegnazione dei locali alle stesse condizioni – continua Nicosia – e che ci applicassero un articolo del loro regolamento, che prevede la forma della compensazione per le istituzioni di alta cultura”- L’Istituto nacque nel 1978, ed ebbe un tetto naturale nella sede del Pci. “Poi – racconta Nicosia – ci spostammo ai Cantieri, e ciò ci mise nella possibilità di aprire ulteriormente l’Istituto alla città.
Durante la sindacatura Cammarata, solo noi restammo come presidio culturale in quel triste periodo. Alle nostre richieste il Comune rispondeva che secondo il regolamento nessuna struttura edilizia può essere assegnata gratuitamente. Noi non lo volevamo gratuitamente, ma nella forma della compensazione, di una collaborazione tra istituzioni”. Se la politica ha continuato a elogiare l’Istituto e la sua opera, la macchina comunale, al contrario, ha mostrato solo l’intenzione di applicare rigorosamente le loro disposizioni”. E di nasconderne altre, sembra. “Per tre anni hanno negato l’esistenza di una norma del regolamento che consentiva questa compensazione; stabilirono un prezzo agevolato di circa 700 euro al mese. Dopo una manfrina di tre anni, in cui fu ignorato un preciso articolo del loro regolamento sull’uso dei beni pubblici, ammisero l’errore ma gli uffici continuarono a chiederci soldi in nome di una falsità.
Le interlocuzioni successive sono state con assessori che ci davano ragione e la macchina comunale che andava per conto suo. Gli assessori mostravano buona volontà, affermando che non dovevamo pagare in quanto istituzione culturale, ma nel momento in cui la pratica arrivava negli uffici, questi ultimi ribadivano la richiesta di pagamento di un affitto. Dai politici arrivava la buona volontà, ma mai una determinazione: oggi il nostro avvocato negozia con il Comune, ma non prenderemo mai in considerazione atti che non siano firmati dai burocrati”. Il destino dell’Istituto è stato discusso nel corso di un’affollata assemblea cittadina, che si è svolta il 4 ottobre scorso.
Sono emerse due proposte: una sottoscrizione per pagare il debito oppure procedere sfidando il Comune ad avviare uno sgombero, quest’ultimo improbabile data la fama dell’Istituto: “Non abbiamo ancora deciso cosa fare, il nostro avvocato sta negoziando con il Comune, ma sappiamo che questa interlocuzione non avrà l’esito sperato”. La vicenda dell’Istituto Gramsci, in fin dei conti, è lo specchio in cui si riflettono l’assenza e l’ambiguità di un protagonista della politica siciliana: Leoluca Orlando. “Orlando è stato un sindaco straordinario – sottolinea Nicosia – nel dare un nuovo volto alla città. Trovo che l’ultima parte del suo mandato sia caratterizzata da una sordità ai bisogni dei cittadini.
La città non è governata da alcuno.
Non ci ha mai incontrati personalmente, è stato reticente. Il test della sua sordità è la vicenda del Gramsci: Orlando si è limitato a dire di voler risolvere il problema, affidare la pratica a qualcuno e poi dichiarare che tutto andava bene. Ecco perché, da persona di sinistra non mi auguro che arrivi la destra a Palermo, ma supponiamo che quella parte politica si mostri in grado di risolvere immediatamente il problema del Gramsci: sarebbe una soluzione, ma anche un colpo tremendo”.
(AGI) FAB