Palermo, sapere per condividere

“I Saperi dell’Inclusione”, inedita e singolare iniziativa rivolta alle donne migranti. Fautrice del progetto, la Scuola di Lingua Italiana per Stranieri del Comune di Palermo. Tre moduli di Lettura ad Alta Voce indirizzati a coloro che desiderano migliorare la conoscenza della lingua italiana mediante attività a carattere laboratoriale, volte a favorire l’estro creativo e le abilità comunicative.

Le lezioni, promosse dal Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Palermo, hanno luogo presso il Centro Linguistico di Ateneo, nei pressi della Stazione Centrale. Ciò che più stimola attenzione e interesse è la scelta di indirizzare l’intero percorso d’apprendimento ad un pubblico composto da sole donne. Una decisione che può apparire controproducente, ma che in realtà è funzionale a garantire a tutte le partecipanti la possibilità di intraprendere questo cammino senza alcuna riserva, affrontando difficoltà e disagi con la certezza d’esser comprese e supportate, seppur soltanto con un sorriso. Le donne coinvolte, provenienti dalle più disparate regioni, hanno condiviso e condivideranno ancora parte del loro tempo, delle loro conoscenze ed esperienze, in un ambiente quanto più possibile confortevole e familiare, che dia loro la possibilità di confrontarsi con l’alterità, senza alcuna paura, ma con il desiderio di conoscere, migliorarsi, crescere. Le allieve, dopo pochi attimi di reticenza, hanno partecipato con impegno alle attività proposte dalle docenti Donatella Natoli e Silvia Messina, abbandonandosi ad entusiastici commenti e mostrando una grande curiosità verso una cultura, quella italiana, ancora sin troppo distante, se non addirittura sconosciuta. Non può dunque non stupire come molte di loro, a Palermo da oltre dieci anni, ignorino non soltanto le più elementari regole di grammatica bensì, cosa indubbiamente più grave, il modus vivendi di una società della quale dovrebbero ormai essere parte integrante. Tindara Ignazzitto, una delle coordinatrici del progetto, descrive in modo efficace la realtà entro cui si muove la maggior parte delle migranti: “Sebbene nel mondo occidentale sia ormai venuto meno, almeno formalmente, ogni genere di discriminazione, alcune fra le famiglie migranti, lungi dall’abbandonare gli aspetti pregnanti della propria cultura, tendono a riproporre in terra straniera un’ideologia basata sulla fissità dei ruoli e talvolta persino sulla marginalizzazione della donna, costretta fra le mura domestiche o destinata a mansioni che rendono difficile ogni forma di contatto”.

Molte fra le partecipanti al progetto, rinunciando alla possibilità di un impiego, si occupano unicamente dell’educazione dei figli, senza avere l’opportunità di contribuire attivamente al bilancio familiare; è il caso di Rajha, tunisina, che racconta: “Sono venuta in Italia diciannove anni fa, per raggiungere mio marito. Lui qui lavora molto, io invece rimango a casa, mi occupo della mia famiglia. Desiderava cambiare vita, cercare fortuna altrove, ed io l’ho seguito”. La donna, dopo essersi stabilita a Palermo, ha cresciuto quattro figli nella speranza di garantire a ciascuno di loro opportunità attualmente inesistenti.

Quella di Rajha però non è l’unica realtà possibile. Propria di molte donne è la coraggiosa scelta di abbandonare la propria terra d’origine in solitudine. Decisione obbligata dalla necessità di un’occupazione, dal diritto a una vita decorosa. È ciò che è accaduto a Saheda, nata e cresciuta nelle Isole Mauritius. “Ho lavorato per diciassette anni in una fabbrica di tessuti – racconta ricordando un passato non lontano –  un giorno, improvvisamente, l’impresa ha chiuso i battenti: il proprietario ha deciso di far ritorno in India e noi siamo rimaste senza un impiego. Da noi le opportunità di lavoro non sono molte. Non ho avuto scelta: dovevo andar via”. Ad oggi Saheda, cinquantaseienne, vive quotidianamente il dramma dell’isolamento, dello spaesamento di chi, sradicato dalla propria terra, deve confrontarsi con una realtà sconosciuta senza alcun sostegno, supportato unicamente dalla propria determinazione.

Gli incontri di Lettura ad Alta Voce non costituiscono allora soltanto un’occasione per approfondire la conoscenza di norme linguistiche o strutture grammaticali. Regalano la possibilità di venire a contatto con usi, costumi, tradizioni della nazione in cui risiedono, gettando le premesse per l’acquisizione di una cittadinanza se non formale, quantomeno morale. L’incontro fra culture differenti ricorda e sottolinea quanto la diversità possa essere fonte d’arricchimento e l’affluenza di un più che cospicuo numero di donne, desiderose di prendere parte alle lezioni, testimonia quanto l’universo femminile non si sia arreso all’emarginazione, ma rifiuti la ghettizzazione in nome di una sempre nuova brama di riscatto.