Correva l’anno 1982. Il professor Paolo Giaccone, titolare della seconda cattedra di medicina legale, come ogni mattina si recò al posto di lavoro.
Quel giorno però avrebbe dovuto eseguire un’autopsia a due mafiosi assassinati qualche giorno prima. Una giornata lavorativa che si è trasformata in tragedia. Il medico è stato freddato con tre colpi di pistola, lì al policlinico universitario, tra occhi ciechi e testimonianze assenti. È stata la mafia a stroncare la sua vita. Lui, colpevole di non essersi piegato alle intimidazioni e alle angherie dei prepotenti. È la storia questa di un uomo che si districava tra autopsie e perizie balistiche. Un lavoro ingrato a Palermo, soprattutto in quel periodo caldo in cui le cronache registravano bagni di sangue. In questi giorni ricorre l’anniversario della scomparsa dello stimato professionista. Il suo è un nome però, che rifugge dai grandi riconoscimenti e dalle grandi celebrazioni, così noi de
Il carrettino delle idee abbiamo intervistato
Milly Giaccone, figlia di
Paolo, per offrire al lettore un ritratto più autentico e scevro da retorica.
Potresti descriverci Paolo Giaccone. Il lato professionale e umano?
Papà era empatico. Le persone lo ricordano con affetto. Non era un professore che puntava il dito. Era bello parlare con lui. Parlare di qualsiasi cosa. I campi interdisciplinari in cui spaziava erano diversi e ogni volta la sua lezione pullulava di studenti tanto che qualche collega era geloso. Considera che la lezione di medicina era mista alla rievocazione di scrittrici come Agatha Christie. Quando poi gli allievi facevano una domanda e lui non conosceva la risposta, aveva l’umiltà di dire che sconosceva l’argomento. Non si ergeva a tuttologo. Il suo poi era un parere che pesava. I magistrati lo rincorrevano per conoscere i dettagli delle perizie e purtroppo proprio per questo è stato ucciso.
Cosa ricorda di quella tragica giornata?
Quella mattina dovevo accompagnarlo. Dovevo essere con lui. Per puro caso, per la forza del destino direi che sono qui oggi viva. Forse, proprio per ricordarlo. Fu una giornata di disperazione. L’incredulità regnava sovrana. Da quel giorno in poi non sapevo come andare avanti. Io ero una ragazzina di ventitré anni. Frequentavo ancora l’università, per diventare medico come lui. Ma la cosa straordinaria è che lui era il mio confidente, un grande dispensatore di consigli di vita quotidiana. Io credo che scomparso lui sono crollata sia come figlia sia come professionista. Avevamo tanti sogni e progetti nel campo della medicina. Purtroppo per molto tempo mi ha accompagnato un grande senso di colpa. Sono le classiche farneticazioni psicologiche che ti assalgono. Mi sono detta spesso: “Se fossi stata lì forse avrei potuto fare qualcosa”. Poi, dopo gli altri omicidi che hanno insanguinato Palermo, come l’omicidio del generale Dalla Chiesa, ho realizzato che fosse qualcosa più grande di me.
Cosa le ha riservato lo Stato in quanto “familiare di vittima di mafia”?
Lo Stato è assente. È presente solo quando deve fare ostruzionismo. Mio padre è classificato come vittima di terrorismo. Io per legge potevo andare in pensione però mi hanno bocciato la pratica dicendo che il giudizio finale spetta al consiglio di Stato. Oggi sono stata riassunta con una mansione subalterna. Sono un medico legale che si occupa di accettazione sanitaria. Il tutto ovviamente è molto alienante e demotivante. All’ospedale intitolato a Paolo Giaccone ci sono entrata solo per la commemorazione. Non vi ho mai prestato servizio, nonostante ne avessi diritto. Vige il nepotismo, è una situazione che si accetta amaramente..
Oggi ricorre l’anniversario della scomparsa di suo padre. Cosa rimane nella memoria collettiva?
Dopo tutte le peripezie ero abbastanza sfiduciata, però sono felice che la memoria è viva. È viva nell’animo della gente normale. Mi è vicino nei problemi personali. Sento un grande calore umano. Credo che tutto questo derivi proprio da Paolo, dalla stima che la gente nutriva nei suoi confronti. Paolo era un grande.
L’appuntamento con i simboli della lotta alla mafia è oggi, con il ricordo del professor Giaccone, nell’anniversario della sua scomparsa, ma anche domani nelle scuole, nelle piazze, come la fondazione al professore intitolata si prefigge di fare, per non lasciare che la memoria sia offuscata dall’oblio.