I tempi in cui la famiglia rispettava canoni ben precisi, rappresentando un’istituzione solida e indissolubile sono finiti. E da tempo. Divorzi, separazioni, violenze familiari, disabilità, problemi economici. Famiglie allargate, famiglie monogenitoriali, famiglie omogenitoriali. Dire che la famiglia non è più quella di una volta è ormai come dire di aver scoperto l’acqua calda. Sempre che per ‘famiglia di una volta’ si intenda l’istituzione degli anni ’50, figlia del boom economico e salda nella sua formazione di padre/marito lavoratore e moglie/madre casalinga. Sarebbe di certo anacronistico sostenere il contrario, e sicuramente ingenuo non ammettere che sia necessario un adeguamento del sistema educativo. Una formazione mirata per gli educatori, che permetta di acquisire le competenze utili a gestire il rapporto con soggetti provenienti da famiglie non convenzionali. Ad oggi, la bibliografia sull’argomento è piuttosto ricca: testi guida per la gestione di classi multietniche, di alunni disabili o con difficoltà di apprendimento. Ma non si è mai pensato di realizzare un progetto di formazione che, in concreto e in maniera attiva, punti alla formazione di educatori capaci di affrontare correttamente il rapporto con bambini provenienti da famiglie non convenzionali. Fino ad oggi.
Scuola Oltre è proprio questo: un progetto formativo per educatori a sostegno dei bambini appartenenti a famiglie disagiate o non convenzionali. Un lavoro che mira alla preparazione di operatori capaci di affrontare situazioni in cui il pregiudizio inficia il giudizio. Fornire ad educatori e insegnanti i mezzi necessari per aiutare le vittime del pregiudizio sociale a vivere serenamente e, soprattutto, normalmente la propria esistenza. Il progetto, presentato lo scorso 26 novembre al Teatro Garibaldi di Piazza Armerina, nasce da un’idea dell’associazione Diversity, in collaborazione con l’associazione L’Italia Migliore, con il patrocinio dell’Assemblea regionale siciliana. Alla presentazione, oltre al presidente di Diversity Francesca Vecchioni e al vice presidente vicario dell’ARS Antonio Venturino, anche la psicologa e psicoterapeuta Ilenia Adamo, la presidente dell’associazione Donne Insieme Maria Grasso, il presidente dell’associazione L’Italia Migliore Giulio Mastrogiuseppe e il sindaco di Piazza Armerina Filippo Miroddi. Un incontro che ha visto la grande partecipazione di insegnanti, psicologi, studenti e non solo, per discutere sull’importanza di fornire alle famiglie disagiate o non convenzionali un’assistenza mirata e, soprattutto, preparata.
“E’ necessaria una formazione specifica per ogni problematica. Ad oggi, le madri e i figli maltrattati ospitati nei centri di accoglienza non hanno a disposizione un personale qualificato e preparato a gestire situazioni tanto delicate. Non è sufficiente un diploma o una laurea. C’è l’impellente necessità di operatori specializzati” ha spiegato Maria Grasso, da decenni impegnata nella tutela delle donne e dei bambini maltrattati in famiglia. “Lo scopo è fornire ai docenti e agli educatori una preparazione tale da affrontare situazioni in cui il pregiudizio agisce a più livelli. E’ una realtà uguale per tutti. I bambini provenienti da famiglie non convenzionali necessitano di un’attenzione particolare. I nostri insegnanti sono delegati da parte dei genitori a fare le loro veci e ciò che si deve controllare non è chi è discriminato, ma chi discrimina. Non ci si deve preoccupare di essere la madre del figlio omosessuale, ma del bullo che lo picchia o dell’osservatore che non agisce. E’ quindi opportuno creare un insieme di educatori preparati ad affrontare situazioni delicate, fornendo loro tutti i mezzi necessari”, continua Francesca Vecchioni, che della sua esperienza in Sicilia dichiara: “la Sicilia è un territorio dal substrato culturale eccezionale. E’ una realtà capace di aprirsi alle diversità in modo straordinario. Una terra molto più accogliente di qualsiasi altra. La risposta delle diverse platee durante i vari convegni sulla omogenitorialità è stata stupefacente, e il coinvolgimento non è stato solo da parte del mondo omosessuale. E’ per questo che abbiamo pensato di far partire il progetto da qui, Piazza Armerina, cuore della Sicilia. La speranza per l’immediato futuro è quella di allargare il progetto a livello regionale”.
Una piccola grande soddisfazione per una terra da troppo tempo considerata retrograda e soffocata dal pregiudizio (ecco che ritorna la fatidica parola). Con questo progetto si spera anche in una rivalutazione della Sicilia da parte di un’Italia che troppo spesso guarda a quest’isola come a una realtà (di nuovo la parolina magica) diversa. Forse torneranno i tempi cantati in una splendida canzone della ‘cantantessa’ Carmen Consoli, in cui si celebra una Sicilia in cui “si pinsava cà la diversità è ricchezza”.
Gaia Stella Trischitta