L’artista e l’artigiano, questa è la differenza. L’artista crea, l’artigiano esegue. Dalla era un artista, uno che creava. E poi eseguiva, il che lo mette un gradino più su. Era uno degli ultimi capaci di toccare livelli altissimi in questo. Discutendo di Fabrizio De André con Mauro Pagani, una volta, ragionammo sul fatto che a ben vedere eredi del grande Faber non è che ce ne fossero tanti. Io citai Vinicio Capossela e Samuele Bersani, lui Daniele Silvestri. Il resto, pescato qualche altro nome, è rumore.
Rumore, sì, convenimmo così.
Mi manca Lucio Dalla. Non che lo conoscessi, ci avessi mai parlato. È una sorta di consapevolezza a levare. È come l’improvviso sparire del pavimento al buio, quando camminando trovi un gradino e temi, per un attimo, di sprofondare. Ho amici, coi quali ho suonato a lungo, che lo conoscevano, che avevano suonato con lui nella sua casa di Milo, ai piedi dell’Etna. Io non ci sono mai andato.
La musica, però, quel modo di fare la musica, di fare le canzoni, mi manca. Perché so che realmente non ci sarà mai più. E quella che provo è una strana insicurezza, difficilissima da descrivere. Qualcos’altro che non c’è.
Se ne va uno dei pochi esseri umani di questo tempo capaci di creare superando qualsiasi sovrastruttura mentale, nella più totale liberta espressiva. È un concetto difficile da spiegare, ma sono assolutamente certo che Lucio Dalla possedeva questa qualità. Come Charles Bukowski, ad esempio, nella prosa. Quel modo unico di cantare era un tutt’uno col modo unico di scrivere, di vedersi interpretare quei brani.
Nell’orgia di ricordi video andata in scena sul web è stato possibile rendersi conto che il mondo musicale creato da questo piccolo emiliano del quale qualcuno (vedi Travaglio) ha ricordato financo la peluria, è una distesa immensa di vette, una sorta di catena montuosa. Dalla era capace di rendere unico quasi ogni suo brano, differentemente da molti suoi colleghi, o presunti tali. Se mi metto di buon grado a pensare riesco a inserire, in una ipotetica bacheca di grandi contenente già i nomi, ad esempio, di De André, Graziani e Gaetano, personaggi – oltre a quelli citati prima – come De Gregori, Guccini, Battiato, Daniele, Gazzé, Servillo, Mannoia, Consoli. Credo ce ne siano altri, ma questi sono quelli venuti di getto. Come di getto tendo ad escludere, senza battere ciglio, D’Alessio, Pausini e tutta quella sfilza di meteore prodotte dalle riviste patinante o dalla tv. Artigiani questi, dalle voci in diversi casi meritevoli, ma non all’altezza d’esser definiti artisti. Perché, appunto, Lucio Dalla offriva (e lo farà per sempre) il parametro per misurare l’artista.
Questo articolo, però, è aperto. Mancano dei nomi per la bacheca citata? Ce ne sono altri da depennare sotto la voce “artista”? Oppure in parte non siete d’accordo? O del tutto? Vabé, il pezzo è aperto. Aperto ai commenti, che, magari, lo continueranno.
Sebastiano Ambra