Petralia Sottana, pittoresco comune in provincia di Palermo, nell’incantevole scenario del Parco delle Madonie, a 1100 m dal livello del mare. Un presepe vivente incastonato tra pendii e scorci da cartolina. A Petralia Sottana, però, non si può nascere.
Il 31 dicembre 2015, il punto nascita dell’ospedale Madonna dell’Alto di Petralia Sottana è stato soppresso. Causa: ‘inadeguatezza in termini di sicurezza’. La questione dura da anni e coinvolge non solo il comune petralese, ma il comprensorio madonita nel suo insieme. Un comprensorio che si è unito per dire NO alla chiusura e per rivendicare il diritto alla salute. I cittadini delle Madonie, i 9 sindaci dei comuni di Petralia Sottana, Alimena, Blufi, Bompietro, Castellana Sicula, Gangi, Geraci Siculo, Petralia Soprana, Polizzi Generosa, da inizio gennaio si sono mobilitati per ottenere una deroga del provvedimento, come d’altronde concesso agli ospedali di Licata e Bronte. Il prefetto di Palermo, Antonella De Miro, si è dimostrata sensibile alla richiesta dei cittadini madoniti e ha garantito il proprio impegno nell’organizzazione di un tavolo tecnico con il ministero per la Salute, la Regione Sicilia e l’Asp di Palermo. Nel frattempo, il comitato ‘Pro-Ospedale’ non ferma la propria marcia:mediante la Dott. Mari Albanese, scrive una lettera al ministro della Salute Beatrice Lorenzin, organizza incontri, manifestazioni e fiaccolate per sensibilizzare e far sentire una voce unica, in rappresentanza di tutte le madonite che vogliono far nascere i propri figli nella propria terra, in sicurezza.
E’ di sicurezza che si parla, infatti. Una sicurezza che secondo il ministero della salute non c’è. Viene spontaneo chiedersi allora se sia più sicuro partorire in un ospedale senza guardia attiva 24h (è questo il caso petralese), oppure percorrere 95 km in pieno travaglio, su strade non esattamente emblema della sicurezza, per raggiungere il primo ospedale utile, a Termini Imerese. Se a questo si aggiunge il dover percorrere le suddette strade in inverno, con l’asfalto ghiacciato, la neve e fitti banchi di nebbia, sembra che di tutto si possa parlare, fuorché di sicurezza.
E’ su questo punto che il comitato Pro-Ospedale concentra la richiesta di una deroga e di un potenziamento della struttura, questioni sempre più urgenti, considerando le condizioni atmosferiche del periodo. “E’ impensabile che le donne delle Madonie vadano a partorire a 90 km da casa” afferma Mari Albanese, assessore alla Cultura e alle Pari Opportunità del comune di Alimena (Pa), che continua: “Il ministro Lorenzin mi spiegasse come è possibile percorrere le nostre strade, che sono già fatiscenti, per raggiungere il primo ospedale utile per partorire. E’ un disagio enorme. E’ un disagio in condizioni atmosferiche normali. E’ impossibile adesso”.
Risulta necessario spostare l’attenzione sulle conseguenze della chiusura del centro neonatale di Petralia Sottana. Se da una parte la soppressione è giustificata da motivi di sicurezza, dall’altra l’alternativa per le donne in gravidanza non è di certo da considerarsi ‘sicura’: “siamo completamente isolati nei periodi di forti nevicate – continua l’assessore – in molti casi l’elisoccorso non può neanche alzarsi in volo. Come si può pensare che una donna in gravidanza possa percorrere quasi 100 km in condizioni così estreme?”.
Oltre a essere isolati, i madoniti si sentono anche abbandonati. Abbandonati da una Regione che non si batte per i diritti dei suoi abitanti, da uno Stato che li fa sentire cittadini di serie B. Prosegue la Albanese: “ad oggi i governi nazionale e regionale non si sono evidentemente messi d’accordo e la linea è stata questa: tagliare i fondi a una struttura importante come quella di Petralia, che tra l’altro funziona benissimo, togliendo la speranza a tantissime donne, non solo di Petralia. Tutti i cittadini del comprensorio delle Madonie, che conta circa 27000 abitanti con un flusso migratorio giovanile in crescendo, contano sulla struttura di Petralia Sottana”. E ancora: “Non si parla solo di negazione del diritto alla Salute e alla nascita, la questione coinvolge anche il diritto della donna all’aborto, alla scelta. Nel nosocomio di Petralia si registrano numerosi interventi di aborto, oltre alle 500 nascite dell’ultimo anno. Ma forse questi dati al ministro Lorenzin non sembrano sufficienti”.
La battaglia del comitato, però, non si arresta: “è una battaglia forte – continua Mari Albanese – che nasce in primis dai 9 sindaci del comprensorio. Ma soprattutto è una battaglia che nasce dalla società civile. Per quanto riguarda me, io ho pensato da donna e da assessore, ma soprattutto da donna, di scrivere al ministro Lorenzin, chiedendole di incontrare una delegazione di donne e di ascoltare le loro storie, così come abbiamo fatto noi in queste settimane. Che cosa significa percorrere quelle strade, che cosa significa vivere l’ansia e la paura per il non sapere se tutto andrà bene.”
A questo è da aggiungersi la chiusura di tutti gli ambulatori e i servizi connessi con il punto nascita: visite ginecologiche, controlli di routine, analisi specifiche potranno svolgersi sempre dopo aver percorso i famosi 95 km. “La problematica colpisce i cittadini anche da un punto di vista economico – continua l’assessore – è dunque necessario ascoltare e prendere in considerazione il disagio delle famiglie. Una cosa è essere a 15 minuti da casa, altra è dover pagare una stanza in un B&B o in un albergo per poter assistere la figlia o la moglie”.
E’ una battaglia che si estende a tutti, che si impegna per i diritti di ogni cittadino, senza distinzione di genere. E’ un percorso che coinvolge ogni madonita. Ogni Siciliano.
“E’ negare la speranza a un territorio che già agonizza, è rendere chiara la misura della distanza che c’è tra la politica e la società civile. Mi viene da pensare – conclude la Albanese – che a Petralia non si possa più nascere, ma si possa solo morire”.
Petralia Sottana: Un territorio vivo e fecondo. Un luogo vitale, in cui si nega l’ingresso alla vita.
Viene quasi da dire: “Ptsssssss…. Non uscire da lì dentro… qui fuori è un brutto mondo”.
In allegato la lettera del comitato al ministro Beatrice Lorenzin e la risposta del ministro
G S Trischitta