Polizia e detenuti: ad ognuno la sua gabbia

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Cronache dal carcere:
carenze, aggressioni e suicidi. Intervista a Domenico Nicotra

Augusta, 15 febbraio 2019: detenuto aggredisce un poliziotto perché non gli è concesso partecipare alle attività sportive.

Siracusa, Carcere Cavadonna, 21 aprile 2019: poliziotti
“sequestrati” da alcuni detenuti per farsi aprire le celle.

Campobasso, 11 maggio 2019: detenuto lancia un pezzo di
lavandino su un poliziotto, causando ferite guaribili in 10 giorni.

Trapani, 18 maggio 2019: detenuto con apparenti problemi
psichiatrici rompe la mano ad un poliziotto.

Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), 1 giugno 2019: detenuti
danno fuoco a celle e materassi scatenando il caos e rendendo necessario
l’intervento di rinforzi.

Nisida (Napoli), 4 giugno 2019, due minorenni evadono dal
carcere minorile dell’isola.

34 aggressioni in 8 giorni.

Queste solo alcuni degli episodi di violenza verificatisi
nelle carceri italiane dall’inizio dell’anno. E la lista potrebbe continuare.

LE CAUSE

Le cause delle aggressioni si conoscono bene. Ciò che è
drammaticamente sottovalutato è la condizione che permette il proliferare di
questi episodi: una pericolosa mancanza di personale della Polizia
penitenziaria.

Tagli e licenziamenti effetto della legge Madia, che ha
portato la Polizia Penitenziaria Italiana da 41335 unità nel 2013 a 37181 nel
2017.

“Si tratta di una regolamentazione che, oltre a mettere
in serio pericolo persone che svolgono il proprio dovere, mette in serio
imbarazzo l’intero corpo della Polizia di Stato”. E’ quanto afferma
Domenico Nicotra, Segretario generale aggiunto dell’OSAPP (Organizzazione
Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria), che aggiunge: “permettere a un
detenuto che aggredisce un poliziotto di uscire dalla cella in vigilanza
dinamica, a un giorno dall’aggressione, non è un messaggio educativo. I
detenuti continuano così a fare ciò che vogliono. Sono assolutamente necessari
dei deterrenti.

“Non c’è più sicurezza dal punto di vista dell’organico
– continua Nicotra – Quando si parla di carcere e di sicurezza non si può
tagliare e basta. Non si sono prese nelle dovute considerazioni le possibili
conseguenze, ma ora che sono evidenti è necessario porre rimedio”.

A RISCHIO POLIZIOTTI E DETENUTI

“L’assenza di sicurezza – tiene a precisare Nicotra –
non riguarda direttamente i cittadini. E’ una mancanza che riguarda le carceri,
sotto ogni punto di vista. La carenza di organico sta facendo pagare un caro
prezzo oltre che alla Polizia Penitenziaria, ai diritti personali degli stessi
detenuti, perchè non riusciamo a garantirli correttamente”.

SUICIDI  

“Negli scorsi anni abbiamo avuto un numero di suicidi
all’interno del Corpo della Polizia Penitenziaria che ha superato quello dei
detenuti” specifica Nicotra.

 Uomini che arrivano a
togliersi la vita per il lavoro, si potrebbe chiudere qui.

“Le iniziative messe in atto dal dipartimento per far fronte
all’incredibile numero dei suicidi tra i membri della Polizia penitenziaria
hanno portato a una maggiore osservazione – continua Nicotra – I poliziotti
hanno a disposizione psicologi e professionisti che possono permettere loro di
superare momenti dalla drammaticità allarmante. I poliziotti vivono una
situazione di perenne attacco. Non si parla di cosa debbano subire
quotidianamente, ma se un detenuto muore per una rissa, o per un suicidio, o
perchè non si è riusciti ad intervenire in tempo per la carenza di personale,
allora su tutti i giornali inizia la chiamata al patibolo”. Parole
amareggiate, dettate sicuramente da un senso di solitudine immeritata.

La cronaca recente, e anche quella passata, ha portato
inevitabilmente ad identificare le forze dell’ordine con la parte
“cattiva”, in un assurdo paradosso in cui chi difende la legge
diviene il soggetto da condannare. Episodi di cronaca che non devono essere
dimenticati hanno però scatenato il classico effetto “di tutta l’erba un
fascio”, lasciando la parte sana e professionale della Polizia
penitenziaria da sola. Vittima del triste collegamento Polizia uguale abuso di
potere. Lasciare che la parte malata di un gruppo avveleni la restante sana,
significa condannare a solitudine, depressione, violenza e morte tanti padri,
tanti figli che ogni giorno vestono una divisa che, pur se troppo spesso
derisa, ha un significato. Un significato grande.

“Ci sono tante vite che ruotano attorno ad un carcere –
continua Nicotra – ma nessuno ne parla. La gente non pensa a cosa vivano
quotidianamente gli agenti di polizia, ma se qualcuno muore, si è subito pronti
a gridare allo scandalo. C’è una situazione tale che nessuno si può ammalare,
perché se manca anche solo una unità, qualcun altro dovrà fare due turni.”

LA SENTENZA TORREGGIANI

Inevitabile, quanto doveroso, il riferimento alla celebre
sentenza Torreggiani del 08.01.2013, con la quale la II Sezione della Corte
Europea dei Diritti dell’uomo ha decretato il malfunzionamento strutturale
delle carceri italiane. La sentenza, che ha condannato l’Italia per violazione
dell’art. 3 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo (rubricato come
“proibizione della tortura”), oltre a garantire ai detenuti una carcerazione in
linea con gli standard minimi europei, ha però innescato il tristemente noto
effetto “svuota carceri”. A questo, si è aggiunto il mai effettuato ampliamento
delle unità della polizia penitenziaria, al contrario drasticamente ridotte
dalla legge Madia.

La vigilanza dinamica

“La vigilanza dinamica introdotta a seguito della sentenza della Corte – specifica Nicotra – si è concretamente trasformata in una situazione in cui è come lasciare un uomo solo in mezzo ad un branco, vista la carenza drammatica di personale. Una volta il trattamento poteva realizzarsi, ma dopo la legge Madia è diventato impossibile. Una volta c’era l’osservazione, il rapporto con i detenuti era diverso, ora si è molto più distaccati perché il lavoro è veramente troppo e qualcosa può sfuggire. Ma noi non possiamo sbagliare. Il trattamento in Italia è praticamente scomparso. Ormai si ripara con l’apertura della cella. Ci vorrebbero degli educatori, ma ce ne sono pochissimi.”

Come troppo spesso accade, quindi, proposte e leggi emanate
sotto la spinta del rinnovamento si scontrano con una realtà troppo complessa. Le
conseguenze dei tagli e delle decisioni prese dal precedente Governo si
cominciano a vedere oggi e si vedranno ancora di più tra 5 – 10 anni. Decisioni
prese in passato, con sicuramente tanto, troppo, ottimismo, hanno portato a
conseguenze che non si aspettavano. Ma sono sotto gli occhi di tutti.

LA CHIUSURA DEGLI OPG

Strascico ancora troppo pesante da sostenere è la chiusura
degli OPG – Ospedali Psichiatrici Giudiziari. Fatti chiudere nel 2015, gli
ospedali definiti “luoghi di tortura” avrebbero dovuto segnare, con la loro
scomparsa, l’inizio di una nuova organizzazione sanitaria che prevedesse una
sistemazione alternativa per i tanti detenuti affetti da gravi patologie
mentali. “La chiusura degli OPG è stata deleteria per la mancanza di strutture
alternative – precisa però Nicotra – Ad oggi la maggior parte dei disordini e
degli incidenti sono causati da questi soggetti che, non adeguatamente
osservati e seguiti, scatenano episodi gravissimi”.

L’ultima notizia è di qualche giorno fa: del 01.06.19 l’articolo della nostra testata che raccontava la sommossa che si stava verificando proprio in quelle ore all’interno della struttura penitenziaria di Barcellona P.G. (Messina) – uno dei primi comuni su cui intervenne la chiusura degli OPG voluta dalla commissione Marino – ndr. “E’ un cane che si morde la coda – continua Nicotra – in cui per mancanza di strutture e personale subiscono pesanti conseguenze gli stessi detenuti, non assistiti come dovrebbero”. Inutile dire cosa rischiano quotidianamente gli agenti della polizia penitenziaria, privi di strumenti sia fisici che in termini di competenze cliniche.   

IL LAVORO DELL’OSAPP

Inutile quindi specificare il perché l’Organizzazione
Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria stia lavorando per un superamento
della Madia. C’è da chiedersi il come. Spiega Nicotra: “a livello nazionale chiediamo
l’aumento del 10 % dell’organico attuale. In questo momento siamo a 39.000
unità, chiediamo di arrivare a 44.000. Vogliamo riportare la sicurezza dentro
le carceri ad un livello accettabile. Ci stiamo concentrando sulla risoluzione
delle problematiche legate ai soggetti con problemi psichiatrici e per questo
chiediamo la creazione dell’alternativa che non si è mai creata, o delle
sezioni ad hoc o la riapertura degli OPG. 

Per la Sicilia, stiamo cercando di risolvere situazioni
gravissime come quelle di Siracusa o di Caltagirone, le cui strutture
penitenziarie hanno carenze enormi di personale, tant’è che Caltagirone
dovrebbe avere il doppio delle unità attualmente in organico”.

UN FUTURO MENO TRAGICO

Il futuro, però, sembrerebbe promettere bene, come precisa
Nicotra: “l’attuale Governo sembra starsi muovendo nella direzione giusta.
Recentemente le scuole di polizia hanno prodotto 600 nuove unità e le cose
sembrano stare cambiando. In 28 anni di attività sindacale ho visto susseguirsi
diverse personalità, ma devo dire francamente che l’attuale ministro Bonafede sembra
che stia tendendo a sbloccare una situazione ferma da troppo tempo. Si sta
vivendo un certo risollevamento. Rispetto al precedente ministro Orlando, che
ha concentrato l’attenzione sui detenuti, in termini di maggiori libertà in
conseguenza alla condanna europea, ora sembra che la situazione stia un po’
cambiando. Abbiamo vissuto un periodo nero, con un tasso di suicidi altissimo,
si spera che sia passato, io sono fiducioso”.

Una speranza condivisa, ma viene in mente l’ironica
affermazione di una guardia incontrata fuori dal Tribunale: “dobbiamo far fede
alla buona condotta dei detenuti”… c’è da aggiungere altro?

G.S. Trischitta

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