Difendere il proprio posto di lavoro e scioperare per rivendicarne il diritto con a testa il Vescovo della propria diocesi. Siamo in Molise, alla testa del corteo dei lavoratori della Fondazione di ricerca e cura “Giovanni Paolo II” di Campobasso -uno dei più grandi presidi sanitari della regione, collegato all’Università cattolica del Sacro Cuore – c’era anche Mons. Giancarlo Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Bojano, non un semplice Pastore ma anche il presidente della Commissione per il lavoro, la giustizia e la pace della Conferenza episcopale italiana sceso in piazza al fianco dei lavoratori in lotta, con la speranza che la vicenda possa ancora avere un esito positivo.
La vicenda va avanti da alcuni mesi e la formula suggerita dei contratti di solidarietà non sembra aver convito la dirigenza della Fondazione: i lavoratori avrebbero rinunciato ad una parte del salario e tutti i posti di lavoro sarebbe stati conservati. La Fondazione ha respinto l’accordo e la Regione Molise non è stata capace di imporlo. Saranno 45, infatti, gli infermieri che dal prossimo 1° novembre, a meno di sorprese dell’ultimo momento, si ritroveranno a casa, senza più occupazione.
L’arcivescovo di Campobasso –Bojano unitamente alla Commissione della pastorale diocesana della salute, di fronte agli annunciati licenziamenti aveva espresso “tutto il suo rammarico, il suo dolore e la sua costernazione, per la durezza con cui si è proceduto all’attuazione di questo provvedimento estremo”.
Bregantini, un trascorso in una delle realtà pastorali più difficili del Sud. Vescovo nella diocesi di Locri-Gerace dal 1994 al 2007, quando su nomina di papa Benedetto XVI fu chiamato ad arcivescovo metropolita di Campobasso-Bojano. Una nomina che suscitò inquietudine per la tempistica e l’opportunità, tanto da far pensare ad un allontanamento del Vescovo con conseguente vittoria della ‘ndrangheta sulla chiesa. Promoveatur ut amoveatur. “Promuovere per rimuovere ed allontanare” è questa l’accusa che in genere si attribuisce al gioco delle nomine nella gerarchia per sollevare alcune voci scomode o in questo caso coraggiose. Bregantini, però, smentì questo disegno con una sua lettera alla diocesi calabrese.
Chi è Mons. Giancarlo Bregantini? Acquista notorietà nel contrasto a viso aperto della ‘ndrangheta calabrese e nell’inserimento nei cammini pastorale di un forte richiamo etico all’impegno civile. Il giorno in cui s’insediò nella diocesi di Locri-Gerace fu accolto con una bomba sotto il palco ma non ha mai ceduto all’ipotesi di una scorta, nonostante l’intimazione delle forze dell’ordine perché ne accettasse una. Un Vescovo fra la gente, in prima fila nel combattere la mafia e le sue derive. Un giudizio unanime che fa di Bregantini figura di riferimento della Chiesa cattolica nel Mezzogiorno.
Forte delle sue origini trentine, non disdegna di entrare nelle case delle ’ndrine per consolare una madre che piange il figlio ucciso o per tentare una pacificazione. Dopo la strage di Duisburg, si reca con un gruppo di preti e laici in Germania a sostenere la comunità calabrese. All’indomani dell’uccisione del politico Francesco Fortugno, il vicepresidente della Regione Calabria nella giunta Loiero, si fa promotore insieme a tanti giovani del movimento “AMMAZZATECI TUTTI”.
Nel molisano, si sta battendo con altri vescovi del territorio per l’acqua pubblica. Bregantini è un uomo del Nord, che ha scelto di essere prete operaio, poi cappellano delle carceri e infine vescovo al Sud. “La mafia – afferma Bregantini – ha orrore della bellezza. Una delle migliori forme di antimafia è il gusto del bello, del buono e del vero. Il destino non è ineluttabile, il Sud può vincere”.
Nel corso del suo ministero episcopale nella Locride è arrivato a comminare la scomunica a “coloro che fanno abortire la vita dei nostri giovani, uccidendo e sparando, e delle nostre terre, avvelenando i nostri campi”, in riferimento alla distruzione da parte delle cosche di alcune serre del Progetto Policoro, promosso dalla CEI. Parroci e comunità ecclesiale si sono ritrovate attorno a questo Pastore distintosi anche per la vicinanza alle questioni di emergenza sociale e occupazionale. E’ proprio nella veste di presidente della Commissione lavoro, giustizia e pace della CEI che senza mezzi termini criticava il recente progetto di riforma del mercato del lavoro. “Bisogna chiedersi davanti alla questione dei licenziamenti, chiamati elegantemente, con un eufemismo, ‘flessibilità in uscita’, se il lavoratore è persona o merce. È la grande istanza dell’enciclica sociale Rerum Novarum”. Non è di tutto i giorni apprezzare questo tipo di azione pastorale, anche se la Chiesa non ha mai dimenticato il tratto solidaristico e la vicinanza ai lavoratori.
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