Quando la Storia fa paura

Il giornalista che non conosce la trama,  forte di una pluriennale esperienza e della diffusione che gli consente il quotidiano per cui scrive, incomincia a confondere informazione e comunicazione.

Allora è bene rammentare che l’informazione è opera dei giornalisti, mentre la comunicazione è opera di chi ha necessità di valorizzare la propria attività. Queste sono le riflessioni che mi sono venute dopo la lettura di un noto quotidiano cittadino e dell’articolo a firma di un’altrettanto famoso giornalista locale che riportava la non “notizia” delle venuta di Barbara Balzerani a Messina. La stessa riflessione ho dovuto fare davanti a tutta una serie di altri articoli pieni di livore che sono più attacchi personali che giornalismo e informazione.

Solo l’esigenza di valorizzare la propria attività, unità alla paura della Storia, possono spiegare   quel freddo elenco di dati processuali, giudizi morali e considerazioni personali che sono stati dati in pasto ad ignari lettori. Se Lipman (professore di logica alla Columbia University) ha ragione e cioè la qualità dell’informazione nella società moderna è indice della sua organizzazione sociale, l’aver preso una posizione di parte ammantandola di moralità, giustizia e danze varie tra bene e  male all’interno dei massimi sistemi filosofici, significa solo sfruttare la disorganizzazione sociale, che oggi non può essere messa in dubbio da nessuno, per propri fini particolari… appunto comunicare e non informare.

Ma vediamo cosa ha detto di cosi terribile questo mostro della Balzerani durante la presentazione della sua Bibbia di Satana (la ristampa di Compagna Luna, il libro scritto durante i 26 anni di carcere a cui è stata condannata).

Del periodo storico che l’ha vista protagonista, solo poche riflessioni in risposta al dotto ed esaustivo intervento del Prof. Federico Martino. Sicuramente nessun inno alla lotta armata, nessuna giustificazione e glorificazione delle politiche delle Brigate Rosse o delle teorie della Sinistra estrema di quei tempi. E’ vero, nessun ripensamento personale sul passato e la contestuale ammissione che qualche erroruccio è stato commesso. Ma è come se ci domandassero di cambiare il nostro passato ed ancora non ho visto nessuno che abbia mai detto che avendo la possibilità di rivivere non avrebbe rifatto le stesse cose e le stesse scelte. Ed è anche ovvio, se consideriamo che non possiamo rivivere e non possiamo ripetere il nostro passato, ci possiamo solo convivere… o morire. E la Balzerani, nonostante tutto, ha deciso di continuare a vivere.

A precise domande “amiche” ha raccontato delle sua personale esperienza con un bambino figlio della Luna (Autistico), la paura di premere il grilletto per uccidere un altro uomo piuttosto che pensare al pericolo che correva. (Il mio terrore più grosso non era quello di essere uccisa, ma era quello di premere quel diavolo di grilletto)-

Altre domande “amiche” l’hanno costretta ad abbandonare il libro, a cui possono ricollegarsi le risposte sino ad ora riportate, e a collegarsi alla realtà quotidiana. Si è cosi passati dall’allora femminismo alle attuali quote rosa, che ieri come oggi più che equiparare gli esseri viventi differenziano i generi di sesso.

Ma si vedeva che le parole che il giornalista che non conosce la trama le aveva dedicato l’avevano ferita e già prima d’iniziare l’incontro, ad una precisa richiesta del reporter del quotidiano locale  opponeva un netto rifiuto ad essere ripresa dall’esterrefatto ed interdetto fotografo, che non riusciva a capire come mai non volesse per il lancio del suo libro la pubblicità gratis che avrebbe ricavato dal più letto quotidiano delle due borboniche Sicilie. Eppure, bastava essere preparati e fare bene il proprio mestiere (Fotografo, Giornalista, assistente alla custodia o altro) per sapere che quel libro e la sua presenza a Messina non era per chi la giudicava e condannava oltre quanto avevano già fatto lo Stato Italiano e le sue leggi… ma per tutti gli altri. Che poi la foto sia stata lo stesso carpita senza consenso è un’altra storia.

E dopo tutto questo dramma interiore, più reale che immaginario, un’altra domanda “amica” la costringeva a guardare l’abisso e a rapportarsi al sangue versato… la domanda sedimenta nell’interiore, in un primo momento viene ammantata da giustificazioni politiche e da contingenze storiche del momento che dopo 40 anni non hanno più nessun senso ed è solo nel finale che si comprende cosa vogliono dire 26 anni di carcere. E anche questo lo aveva già scritto nel libro,  detto sia prima che in occasione dell’incontro, che uscita dal carcere si è trovata davanti un mondo nuovo e da sola ha dovuto affrontare l’impatto, questo si rivoluzionario, che si può avere dal passare dal bianco e nero dei suoi tempi al colore di Canale 5 o da Andreotti a Berlusconi. E con lo stesso stupore manifestato degli Incas che davanti agli Spagnoli si sono rivolti al Sole lei, sopravvissuta e allo stesso tempo sconfitta dallo Stato Italiano, si è rivolta alla Luna (appunto il titolo del libro presentato: Compagna Luna). Evito di sottolineare che questo dato non è stato colto dai… dotti e sapienti (Bennato)

Ma la domanda continua a sedimentare… allora vedi la bambina che si spaventava davanti alle immagini dei morti trasformarsi davanti ai tuoi occhi nell’attempata Signora nata nel 1949, minuta e mingherlina, rigorosamente in nero e – nella mia fervida immaginazione pronta ritrasformarsi nella combattente capace d’usare il mitra alla pur minima provocazione – chiedere ad una platea anonima: “io sono questa e voi chi siete… ? A Che Guevara, che oggi appare persino nelle magliette, nessuno dice: “hai sparato”.

Due colpi di pistola che rimbombano nella sala e su una platea attonita e frastornata. Ed è in queste due frasi che si concentrano tutte le contraddizioni di una Storia non ancora compiuta, di qualcosa che ancora non si ha il coraggio di guardare con occhi obiettivi e acritici.

Io non ho risposte ma una immotivata empatia mi poterebbe a dirle, come se parlassi a una ipotetica “nonnina” partigiana o garibaldina, il Che per diventare un mito è dovuto morire ammazzato e a prescindere dalle valutazione che si possono fare su un capitalismo cosi rapace da riuscire a monetizzare  anche i miti… tu hai scelto di sopravvivere. 

Continua a vivere, Barbara, perché che ci piaccia o meno, al di là del bene e del male e al di là di qualsiasi giudizio e condanna, tu sei la Storia. 

Pietro Giunta