Radio centrale Mazzarino. Una radio, un paese

Nei miei ricordi Mazzarino è il paese ridente della mia adolescenza. Nell’entroterra siciliano, adagiato su una collina, di forti tradizioni contadine e con una generazione di giovani che sperimentava una libertà che le generazioni precedenti non avevano conosciuto. Avevamo una grande voglia di rinnovamento, eravamo pieni di sogni, speranze e tanta voglia di vivere e di comunicare. Erano gli anni ’70. Non avevo ancora vent’anni. Ogni scusa era buona per stare insieme agli amici, non in gruppetti ma in comitive delle quali si entrava a far parte tramite l’amico dell’amico. Non ci si dava appuntamento, bastava uscire nel pomeriggio e percorrere il corso centrale per incontrare prima un amico, poi due e infine la comitiva al completo. Ebbene, proprio durante una di quelle passeggiate, da Enzo, uno dei soci, venni a sapere che in paese si stava per aprire la prima radio libera in FM. La notizia mi incuriosì, volevo assolutamente fare parte di questa nuova realtà   e così, senza neanche pensarci, mi proposi come speaker. Inizialmente la mia richiesta fu accolta con titubanza, per via della mia “s” moscia, ma poi, visto il mio entusiasmo, mi concessero di fare una prova. Cominciai con entusiasmo. Ricordo che un collega della radio di un paese vicino, con più esperienza di me, mi disse: “Vai benissimo, solo non gridare, parla normalmente, ti si sente lo stesso”. Aveva ragione!

In quel periodo non c’erano ancora tante altre radio nel nostro territorio, anzi erano pochissime e tutte al maschile.  Qui invece c’eravamo anche noi ragazze e facevamo quello che facevano i ragazzi senza divisione di parti o programmi, tutti allo stesso modo.

Inizialmente si trasmetteva solo preparando una scaletta musicale e si interveniva un po’ a caso tra un brano e l’altro. In seguito, le persone cominciarono a telefonare per fare dediche musicali. Così, ad un socio venne l’idea di convogliare tutte quelle richieste in un “programma dediche” che conducevo insieme a Paolo Bognanni. Si scelse la sigla di apertura e chiusura dei programmi: la “Carmen” di Bizet. Che emozione quando partivano le prime note, ci sentivamo parte di qualcosa di bello! E il bello fu che la gente partecipava sempre più numerosa, era protagonista, si raccontava, raggiungeva chi era lontano, faceva sentire la sua voce, parlava di sé. Fu travolgente: ci fermavano per strada, ci davano suggerimenti e ci incoraggiavano con il loro affetto. Se per caso dicevamo al microfono di avere sete, ci arrivava di tutto, da bere, da mangiare e anche qualche dolce appena sfornato. Ci coccolavano e noi stavamo bene. Il palinsesto andava via via arricchendosi. Al mattino almanacco con oroscopi e consigli di bellezza, suggerimenti per star bene. Me ne occupavo insieme all’amica Tanina Cannizzo. Intorno all’ora di pranzo, le dediche e le richieste. Ci telefonavano bambini, ragazzi e adulti di tutte le fasce sociali. Al pomeriggio si trasmetteva il programma per bambini condotto dalla signora Colajanni, detta “zia Lalla”, che in compagnia della mia sorellina Eleonora, intratteneva con indovinelli e fiabe . Poi c’era il programma di musica rock per giovani condotto da Salvuccio Pecorella. Alla sera, il programma di quiz di cultura generale ideato e curato dai fratelli Salvatore e Piero Siciliano; lo presentavo con Paolo. Mio fratello Gianni conduceva un programma di musica e parole dall’atmosfera sofisticata, tra pianobar e night.

Un giorno, durante uno dei miei programmi, mi venne in mente di recitare una delle poesie di mio padre: “Sicilia”. Piacque molto, ne lessi altre e tutti ne volevano sentire ancora. Mio padre, poeta e musicista, incoraggiato da tanto gradimento, ne scrisse una in dialetto dedicata a “RADIO CENTRALE MAZZARINO”. Fu un grande successo. Ne scrisse altre in dialetto che ritraevano situazioni, luoghi e personaggi tipici del paese, ed ecco l’idea: un programma il giovedì sera di sue poesie, recitate da lui stesso: Giuseppe Bilardo, in arte Don Peppino Lattuca. Poi arrivarono le serate musicali con le orchestrine dal vivo, in studio. La radio divenne ben presto una festa per tutti, un appuntamento da non mancare. Durante il programma del sabato sera, molte persone conosciute in paese telefonando a “don Totò Tabacchera alias Diego Giujusa” e imitando popolari personaggi che interagivano tra di loro, davano vita a delle vere sit-com. Il fenomeno si propagò, il successo della nostra radio varcò i confini ed arrivò alle province vicine. È stato un periodo splendido, anche per noi ragazze della radio.

In realtà non abbiamo fatto niente di dirompente, non discorsi femministi né discorsi politici ma, con la nostra presenza e con il nostro impegno, veniva da sé che anche noi donne stavamo prendendo i nostri spazi, in modo naturale, e che non c’era niente di male a collaborare con i ragazzi, in un paese che cambiava pian piano. Da questa sinergia nacque anche un bel lavoro teatrale dialettale, applaudito dalla gente. Il vero eroe di tutto ciò è stato Paolo Bognanni, che continua a portare avanti   le attività ricreative e culturali del paese. Poi si sa, la vita a volte porta altrove ma, in fondo al cuore, un po’ di me  è rimasto là con quegli amici, in quella radio e in quel paese adagiato sulla collina.