Di Francesco Polizzotti
La primavera egiziana si appresta a vivere le prime elezioni libere dalla caduta del regime di Hosni Mubarak. I prossimi mesi, infatti, saranno caratterizzati dalla campagna elettorale che porterà alla guida del paese il primo presidente eletto senza più l’esito scontate delle urne. Il vecchio rai, infatti, aveva escogitato un sistema elettorale, qualsiasi fosse l’orientamento degli egiziani, che assicurava ampissime maggioranza al partito del Presidente, il Partito Nazionale Democratico e l’assegnazione irrisoria di una manciata di seggi alle opposizioni democratiche e liberali, assicurandosi anche la rappresentanza limitata dalla componente filo-islamica dei Fratelli musulmani.
Alla vigilia delle elezioni, previste per il 2012, la candidatura di una donna rompe di netto con il passato assicurando al sistema politico egiziano il possibile cambiamento nella sua poliedrica opzione: candidata donna, libera giornalista e assai apprezzata nel mondo occidentale a cui inevitabilmente il nuovo Egitto dovrà guardare per le riforme legate allo sviluppo economico e sociale dopo un periodo lungo di stato d’emergenza corrispondente all’intera durata del mandato presidenziale di Mubarak, durato dal 14 ottobre 1981 all’11 febbraio 2011.
Dopo l’inizio delle sommosse di piazza Tahir al Cairo di quest’anno, luogo simbolo della rivolta, l’Egitto non è stato più lo stesso. Innescate dai sommovimenti capitati in Tunisia, le sommosse sono riuscite a rovescia il trentennale regime.
La data delle elezioni non è ancora stata stabilita ma da subito la candidatura di Bouthania Kamel, 49 anni, giornalista radiofonica e futuribile prima donna a capo dello stato egiziano si pone già in antitesi all’attuale sistema che in questa fase di transizione è guidato dall’esercito. Per un periodo annunciatrice della tv di Stato egiziana, nel 2006 si legge in una sua dichiarazione non è riuscita più “a leggere quelle notizie, delle vere e proprie prese in giro per il mio popolo, ho deciso quindi di sbattere la porta in faccia alla televisione di stato che era unicamente al servizio del regime”. Leader di un’associazione detta appunto “Associazione degli egiziani”, ha iniziato da poco un nuovo programma su questioni sociali su un’emittente saudita. In Egitto, ogni suo tentativo di affrontare problematiche politiche era oscurato, poiché ufficialmente infastidiva il proprietario della tv, in verità nei suoi programmi ne usciva male il regime egiziano.
Una donna, quindi, per il dopo Mubarak che sfida il suo Egitto per la democrazia, soprattutto sui temi della libertà d’espressione. Sulla situazione attuale – sono parole della stessa Kemal- “l’esercito lascia spazio ai nemici della rivoluzione, che riescono a creare caos. Agisce in modo incomprensibile e spesso comunica in ritardo le sue decisioni al popolo. Sembra quasi – continua Bouthania – che i militari vogliano realizzare le previsioni fatte da Mubarak: o lui o il coas”.
Si infervora quando parla della rivoluzione avvenuta nel suo paese. Il rischio che essa stessa venga sottratta ai giovani che l’hanno combattuta è stato motivo principale della sua candidatura.
La croce al collo con la mezzaluna islamica che abbraccia una croce copta dimostra la sua visione sulla questione religiosa in una zona del mondo incandescente in cui il dialogo intergenerazionale ha comunque visto periodi di apparente tranquillità anche per le minoranze, salvo la deriva violenta del Natale scorso contro la comunità cristiana. In più, il processo a Mubarak ha dimostrato comunque un percorso irreversibile che depone a favore di chi la rivoluzione l’ha vissuta davvero, poiché è chiaro che non si può tornare più indietro.
Bouthania Kemal non ha nascosto le proprie ambizioni. Da subito ha iniziato un tour di comizi nei principali centri d’Egitto e nei villaggi, con l’obiettivo di raccogliere il malessere dei propri compatrioti, le necessità ed i bisogni, anche sfidando una società ancora fortemente patriarcale,dove certamente la donna è sottoposta all’acuto regime morale della cultura beduina.
Ritornando alla rivoluzione di febbraio, Bouthania sottolinea come il pericolo dell’instabilità sia comunque ancora vivo. Basta pensare alla crescente presenza dei salafiti nelle manifestazioni della scorsa settimana. Sembra evidente che queste espressioni a lungo assenti dalla politica nazionale siano ora spinte in strada da altre forze che hanno tutto l’interesse a destabilizzare il potere.
Un pensiero fisso è rivolto ai giovani. L’appello a non depositare le istanze del cambiamento e l’esigenza di dimostrare maturità e voglia di democrazia è alla base dell’unita del futuro Egitto e la candidatura della Kemal va appunto in questa direzione.
Adesso sta ai militari dare delle risposte alle richieste dei rivoluzionari e Bouthania comprende bene a quali rischi andrà incontro, anche se il suo coraggio è già di per sé una sfida per tutto l’Egitto.