Che piaccia o meno, il Governatore siciliano Raffaele Lombardo ha le caratteristiche per ergersi a capo popolo. Dopo 66 anni di proclamata autonomia, la Sicilia ritrova la dignità di dimostrarsi lontana dalle lobbies e dai poteri forti, dopo che per cinquantenni qualsiasi Presidente ha dovuto fare i conti con i comitati d’affare che hanno ipotecato le risorse regionali per decenni. Poteri forti che paradossalmente si muovono pur avendo avuto propri esponenti nella giunta regionale di Lombardo e in quella dei suoi predecessori. E’ il caso di Ivan Lo Bello, già presidente di Confindustria Sicilia che, parlando di rischio default siciliano, ha dato avvio all’operazione “romanocentrica” di commissariare l’Isola.
Il botta e risposta tra Lo Bello e Lombardo non è stato dei migliori e la stessa replica del Governatore siciliano dava sostanza ad un vizio che sia la politica che le categorie non riescono più a contenere. La prima, di denigrare le categorie che si rivoltano contro, dopo avergli dato il proprio sostegno elettorale, le seconde – un tempo amiche – di rinnegare le affiliazioni dirette e indirette, alleandosi di comodo con la carta stampata e l’opposizione. Nel mezzo il Governo tecnico nel tentativo di disarcionare le autonomie locali valutate come incompetenti, riproponendo l’emergenza nazionale su scala regionale e paventando non più un contagio tra Stati (nel nostro caso il pericolo verrebbe dalla Spagna) ma tra gli elementi costituti interni l’ordinamento nazionale. La crisi del Paese e il piano della spending review impone all’esecutivo di pianificare tagli alla spesa corrente e riorganizzare l’assetto delle autonomie locali e casi come quello siciliano non fanno altro che dare adito alle tesi portate avanti dal professore Mario Monti.
La mossa del commissario dello Stato Carmelo Aronica, poi, di non comunicare al Presidente Lombardo e al suo assessore al ramo, Gaetano Armao, il parere sui conti della Regione che invece con solerzia ha prodotto per la Presidenza del Consiglio dei Ministri – scatenando nei fatto un conflitto istituzionale tra Regione e governo centrale – si è concluso solo in queste ore con “un piano di rientro finanziario vincolante nei tempi e negli obiettivi” altrimenti detta “crisi pilotata di un governo interventista”, con un sospiro di sollievo per Raffaele Lombardo che ottiene così credito per la propria azione amministrativa avendo tempo di lanciare la candidatura del proprio vice e assessore alla Sanità, Massimo Russo, alla Presidenza della Regione, alle prossime elezioni previste tra ottobre e novembre. Ma intanto la Sicilia è descritta dalla stampa internazionale come la Grecia d’Italia! Un marchio per tutti i siciliani, sia filo autonomisti che sostenitori dei partiti nazionali.
Sicilia tra autonomia e assalto mediatico
Quanto accaduto a livello mediatico ha scoraggiato anche quanti hanno sempre sostenuto le origini del malgoverno in Sicilia: clientelismo e assistenzialismo. Dinnanzi agli attacchi gratuiti di “Libero” e il “Giornale”, a cui il Governatore Lombardo ha chiesto un congruo risarcimento per il danno procurato e la falsificazione dei dati – anche a seguito dei giudizi prodotti dalle agenzie di rating – i siciliani e i meridionali hanno rifiutato per una volta di avvallare la propaganda antimeridionalista e replicare con i dati oggettivi nelle sedi proprie. Si scopre così che anche la Regione Sardegna è a rischio fallimento ma si tratta, alla pari della nostra Regione, di un fallimento prodotto dalle inadempienze dello Stato e dal mancato trasferimento di fondi dovuti che rappresentato quella liquidità che ad oggi manca nelle casse regionali addebitate di rischio crac.
In Sicilia, l’idea di utilizzare il polverone sulla contabilità regionale da parte del partito di Pierferdinando Casini, poi, ha prodotto paradossalmente l’esatto contrario. Vengono fuori i numeri del dissesto prodotto dal predecessore di Lombardo alla guida della Regione ed ex vicesegretario Udc Salvatore Cuffaro che aveva incrementato i debiti fuori bilancio e allargato le maglie delle spese nei settori soprattutto della sanità. L’ “opa romana” di Casini e del suo proconsole Gianpiero D’Alia in Sicilia ha rappresentato anche una vicenda farsesca sul modo di concepire il Governo della Regione. Mentre nell’Isola tutti si scagliano contro l’amministrazione Lombardo, nelle stanze delle segreterie romane si è tentato di congelare il voto in Sicilia, facendo in modo che si tornasse alle urne a scadenza naturale con un periodo di commissariamento.
Verso il voto
A destra come a sinistra impazzano le candidature. E fuori dai partiti la società civile prova a battere un colpo e dopo la vicenda del procurato danno di immagine alla Sicilia, per giudizi parziali e contraddittori, anche il movimentismo siciliano guarda con interesse allo stesso Lombardo che, a differenza di altre realtà regionali, ha prodotto fratture nei partiti nazionali e scompaginato le strategie di chi ne dava certo il declino. Ad oggi, i cartelli politco-elettorali che si presentano divisi al giudizio degli elettori saranno almeno cinque. Il Popolo della Libertà, provando a far breccia nei “cuffariani” del Cantiere Popolare e del movimento di Gianfranco Miccichè, Grande Sud potrebbe lanciare l’ex ministro all’Ambiente Stefania Prestigiacomo o l’ex europarlamentare Nello Musumeci, forte proprio nel feudo elettorale di Lombardo. L’Udc e il Partito Democratico hanno già siglato un accordo che prevede la costruzione di una coalizione ci centrosinistra con Sel e Idv che sostenga alla Regione un uomo dei centristi magari in tandem con Rosario Crocetta (europarlamentare indipendente Pd, volto noto dell’antimafia siciliano e già sindaco di Gela). Il Movimento per le Autonomie del Governatore, insieme ai finiani e rutelliani ha deciso di candidare per Palazzo Orleans, l’attuale assessore alla Sanità, Russo.
Nell’elenco dei nomi di chi potrebbe ambire alla guida della Regione Siciliana, anche con un consenso che va oltre i partiti: il procuratore nazionale Antimafia Pietro Grasso e l’europarlamentare Sonia Alfano, entrambi però interessati alla candidatura del già citato Crocetta. Nella cornice dei nomi potrebbe inserirsi anche una proposta sponsorizzata dal sindaco di Palermo, Leoluca Orlando e sostenuta da un movimento di sindaci (che ha visto proprio la primogenitura nel capoluogo siciliano la settimana scorsa), provando a occupare in Sicilia, quel peso politico che ha (per il momento) il Movimento Cinque Stelle in Italia.
Nelle ultime settimane sta prendendo quota anche il progetto proposto dal movimento “ILF -Italiani Liberi e Forti” sulla scia degli insegnamenti di Luigi Sturzo in economia e sostenuto dai Movimenti Civici Siciliani, aggregazione di oltre 20 sigle e associazioni che stanno organizzandosi su base territoriale che hanno già fatto pervenire alle parrocchie di tutta la Sicilia il loro materiale di propaganda a sostegno della candidatura del pronipote dello stesso fondatore del Partito popolare italiano, il magistrato Gaspare Sturzo. Anche l’associazione – e ormai movimento politico – “Italia Futura” di Luca Cordero di Montezemolo sta contattando numerose categorie anche in Sicilia.
Dopo la campagna referendaria contro il Porcellum e quella precedente contro la privatizzazione dei servizi idrici e contro il ritorno al nucleare, i cittadini hanno assunto maggiore consapevolezza e sceglieranno possibilmente secondo coscienza. Ma in Sicilia, siamo convinti che la coscienza voti?