L’11 gennaio vi sarà la riapertura della scuola, ma lo studio dell’ISS dichiara la difficoltà del tracciamento dei casi di contagio in ambiente scolastico.
Sin dal 4 marzo del 2020, data i cui la Ministra Azzolina e il Premier Conte hanno annunciato la chiusura di scuole e università, la tematica della didattica è stata al centro del dibattito del Paese.
Oggigiorno, la data di riapertura delle scuole è programmata all’11 gennaio, dopo un tira e molla tra Governo e Regioni. Sebbene la decisione governativa, già molti Presidenti di Regione hanno annunciato la decisione di chiudere le scuole per tutto gennaio, poiché è prevista la nota terza ondata.
Nei diversi Paesi Europei e nel Regno Unito, la decisione di apertura delle strutture scolastiche è stata posticipata a data da destinarsi.
Da agosto a dicembre:
Durante il mese di settembre, il nostro giornale si è occupato di intervistare esponenti del mondo della scuola che all’unisono dichiaravano la necessità e l’urgenza di tornare alla didattica in presenza e denunciavano l’inadeguatezza del sistema dei trasporti pubblici e delle strutture scolastiche nella nostra Provincia.
Nell’arco di quattro mesi, l’Istituto Superiore di Sanità (I.S.S.) ha pubblicato un report dell’andamento epidemiologico all’interno delle strutture scolastiche nel periodo che intercorre tra il 24 agosto e il 27 dicembre.
Lo studio si basa sui dati disponibili dalle Regioni italiane e affronta un paragone conclusivo con altri studi internazionali e i dati disponibili in dall’ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control) Public Health Emergency Team.
Il report:
Nell’arco temporale preso in considerazione, in Italia si sono manifestati ben 1.783.418 casi di coronavirus, soltanto l’11% (circa 203.350 casi) riguarda soggetti in età scolare (3-18 anni). L’aumento della curva dei contagi tra i giovani in età scolare è da collocare all’interno del periodo di ottobre, per poi decrescere ai livelli di agosto.
Proprio nel periodo dell’aumento dei contagi tra i giovani, bisogna evidenziare il rientro, formale secondo il Ministero dell’Istruzione, a scuola e la ripresa di tutte quelle attività sociali.
Il 40% dei casi di covid-19 diagnosticati tra i giovani in età scolare si è presentato nella popolazione adolescenziale (14-18 anni), il 27% si è verificato tra i bambini della scuola primaria (6-10 anni), il 10% tra i bambini della scuola dell’infanzia (3-5 anni).
Lo studio evidenza, inoltre, la difficoltà del tracciamento completo dei casi di Covid-19 nella comunità scolastica poiché numerosi sono le possibilità di contagio. Difficili, difatti, sono da comprendere le modalità della trasmissione del virus nella popolazione presa in considerazione poiché, oltre all’ambiente scolastico, gli studenti utilizzano i mezzi pubblici per giungere a scuola, e, inoltre, nel periodo tra il 24 agosto e il 12 ottobre non vigevano ulteriori restrizioni per la movida serale e per le attività sociali e sportive.
“Un limite comune a queste indagini è rappresentato dall’impossibilità di distinguere tra trasmissioni che avvengono in classe e quelle legate ad attività e comportamenti al di fuori della scuola, come l’uso di trasporti pubblici o le attività del tempo libero e la sottostima dei casi asintomatici .“
I focolai:
Nell’ambito scolastico, dichiara ulteriormente il report, si sono verificati circa 3.200 focolai che rappresentano il 2% del totale dei focali segnalati a livello nazionale.
Le regioni che hanno denunciato la presenza maggiore di cluster all’interno delle scuole sono: l’Emilia-Romagna (1018); la Lombardia (442); il Friuli-Venezia Giulia (396). In Sicilia si sono manifestati 140 focolai all’interno dell’ambiente scolastico nel periodo preso in considerazione dal report.
Gli altri studi:
Il report menziona numerosi studi rispetto l’andamento epidemiologico nelle scuole. Tra questi lo studio “The temporal association of introducing and lifting non-pharmaceutical interventions with the time-varying reproduction number (R) of SARS-CoV-2: a modelling study across 131 countries” riporta che la chiusura delle scuole condurrebbe ad una diminuzione di R (tasso di riproduzione della malattia infettiva) del 15% in quattro settimane. Invece, l’apertura delle scuole farebbe aumentare il tasso R del 25% in quattro settimane.
Inoltre, secondo un altro studio, qualora la pandemia non sia completamente sotto controllo (meno di 50 casi, inclusi asintomatici, per milione di abitante nell’area circostante) o, inversamente, non fosse fuori controllo (oltre 5000 casi nell’aerea circostante), l’apertura delle scuole causerebbe un aumento cospicuo del numero dei casi tra gli studenti e il personale scolastico,
Le conclusioni del report sulla riapertura:
Secondo l’I.S.S., in Italia le scuole non rientrano tra i primi tre contesti di trasmissione del virus, che di seguito sono l’ambiente familiare/domiciliare, e il contesto sanitario/lavorativo. Difatti, il massimo d’incidenza in ambito scolastico si è riscontrato a metà ottobre con un tasso di incidenza del 3,7% sul totale dei focolai presenti sul territorio italiano.
L’I.S.S., rispetto la decisione della riapertura delle scuole da parte del Governo, dichiara che “le scuole devono far parte di un sistema efficace e tempestivo di test, tracciamento dei contatti, isolamento e supporto con misure di minimizzazione del rischio di trasmissione del virus, compresi i dispositivi di protezione individuale e un’adeguata ventilazione dei locali.”
Inoltre, il report enuncia anche che i fattori decisivi per la riapertura devono essere i seguenti:
- l’andamento epidemiologico nel territorio;
- l’impatto sulla chiusura delle scuole su istruzione, lavoro, benessere della famiglia;
- capacità delle scuole di lavorare in sicurezza;
- capacità di rilevare tempestivamente i casi di contagio da parte delle autorità sanitarie locali.