Riina, Berlusconi, Mondadori, Panorama. E il bianconiglio

Il padre, intercettato: “Io sono sempre stato un potentoso deciso, non ho mai perso tempo… e se fossi libero, saprei cosa fare, non perderei un minuto, a questi cornuti gli macinerei le ossa”.

La figlia, intervistata: “Da papà, sicuramente, [ho ereditato] la gioia di vivere. Il fatto di andare sempre avanti senza arrendersi. Con lui c’è sempre stato un feeling speciale, complice anche il fatto di essere la più piccola in famiglia. Nelle lettere che mi spedisce mi chiama ancora «Lucietta di papà» nonostante i miei 33 anni suonati. Anche dal carcere, in questi anni, ha cercato spesso di ammorbidire la mamma per le classiche richieste che una figlia adolescente fa ai propri genitori. Mi riferisco all’orario di rientro il sabato sera o al permesso per andare al mare. Quando conobbi Vincenzo, mio fratello Salvo inizialmente era un po’ geloso, così ne parlai durante un colloquio a papà, che rispose: «Se la mia Lucietta è contenta, fatele fare le sue scelte»”.

C’è qualcosa che non va. Il padre intercettato è Salvatore Riina, l’uomo che vanta uno dei curricula più sanguinari della storia criminale moderna e contemporanea. La figlia intervista è Lucia Riina, che vanta un padre amorevole, tenero, sorridente. C’è qualcosa che non va.

Insomma: la figlia non può riferirsi a quell’uomo. Non è concepibile che quel tizio pluriarrestato, pluriricercato, pluriomicida, plurimostro, del tutto recidivo (quell’intercettazione risale a tre mesi fa, mentre in carcere dialoga sottovoce con un altro capomafia) sia anche amorevole. L’amore nel cuore di un mostro reale (non una bestia disneyana) nel caso esistesse sarebbe comunque sporco, incrostato di sangue, ricoperto di catrame. Non sarebbe certo lo stesso amore che presenta ‘Panorama’ nell’intervista alla figlia di Totò U Curtu.

Sul giornale diretto da Giorgio Mulé c’è una ricca intervista, corredata da belle foto, ad una donna felice, simbolo di una famiglia felice. Per tutta risposta la rivista ‘Antimafia Duemila’, che ha presentato immediatamente tutto il suo sdegno per quel che è stato pubblicato, ha parlato di un assurdo “ritratto della normalità e dei buoni sentimenti”, e credo che non sbagli.Ora ci si chiede: perché Giorgio Mulé ha concesso questa operazione mediatica? A leggere tutto questo, a volerci sbattere la testa, uno quasi quasi fa due più due, quasi quasi attiva un sillogismo facile facile… Pensa: ‘Panorama’ è edito da ‘Mondadori’, che è la casa editrice della famiglia Berlusconi, famiglia della quale l’elemento di spicco viene citato dallo stesso Riina nell’intercettazione di cui sopra con toni poco amichevoli a abbastanza accusatori: “A quello carcere non gliene fanno fare… Ci vuole solo che gli concedano la grazia”. Cioè: non sarà che questa frase ha attivato la catena Riina-Berlusconi-Mulé, che ha trovato il terminale in Lucia Riina? Beh, si potrebbe citare la frase di un noto statista, “a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”, però poi ci si ricorda che pure il noto statista  era in odore di mafia, anzi, era proprio immerso nel letame mafioso (stando alle pronunciazione della Corte, che però parlò di reati troppo vecchi per farlo ingabbiare) e allora capisci che ti rigiri nello stesso pentolone ed è meglio uscire prima di bruciarti.

Insomma: Mulé da un lato qualche giorno fa attaccava in diretta televisiva il figlio di un boss, cioè Massimo Ciancimino (figlio del vecchio anello palermitano fra mafia e politica), lasciando intendere che a suo modo di vedere quell’azione antimafia che porta avanti sarebbe una bufala; dall’altro versa una colata di miele su Lucia Riina (figlia del diamante che brilla su quello stesso vecchio anello palermitano), lasciando intendere che vive in una famiglia felice, lontana da ogni sorta di male. Felice e che non se la passa neanche tanto male stando alle foto che ritraggono una donna plurimpegnata e che vive in un mondo colorato e divertente (ma ‘Antimafia Duemila’ fa presente: “nessuno si chiede dov’è il tesoro di Riina. O quello di Provenzano. Nessuno chiede ai figli di restituire quei soldi alla comunità”…). Ecco: può darsi che Mulé sia entrato nella tana del bianconiglio, che adesso si trovi a vivere in un mondo alla rovescia, un mondo dove fai tutte le domande che non dovresti fare e non fai tutte le domande che dovresti fare, un mondo dove quegli almeno venti nomi di spicco strappati alla società civile (Dalla Chiesa, Falcone, Borsellino, Chinnici, Grassi, Cassarà, La Torre, Mattarella, Giuliano etc), oltre a decine e decine e decine di altri nomi comuni (macellati come quei venti), non sono mai esistiti, un mondo dove i lettori delle riviste altro non sono che le belle addormentate. Le belle addormentate, ecco, coi vestiti turchese e le riviste patinate.

Perché io, francamente, mi sento preso in giro. E mi chiedo se sono giornalista tanto quanto chi ha firmato quel pezzo. Tanto quanto Mulé. Tanto quanto chi non si schiera contro quel pezzo.

No, dai. Quello non è il mio mondo. Io non ci posso credere. Io non ci voglio credere.

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Sebastiano Ambra